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Respira prima di rispondere!

Lo studio ha indagato il ruolo della respirazione prima di svolgere compiti impegnativi, mettendo in luce come inspirare possa migliorare le performances

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 18 Apr. 2019

Un recente studio del gruppo di lavoro di Noam Sobel del dipartimento di neurobiologia del Weizmann Institute of Science, pubblicato su Nature Human Behaviour, mostra come le persone, poco prima di cominciare compiti cognitivi matematici, lessicali e visuo-spaziali, spontaneamente abbiano la tendenza ad inspirare.

 

Questo studio inoltre ha messo in luce come il processamento neurale che consente l’esecuzione del compito sia differente sulla base dell’inspirazione o dell’esalazione d’aria: una differenza che va ad incrementare la prestazione.

Respirazione: molto più che olfatto

Nell’evoluzione del cervello dei mammiferi, l’olfatto sembrerebbe essere il senso più antico, il primordiale: infatti le regioni cerebrali che sottintendono questo senso quali il bulbo olfattivo e la corteccia piriforme sono state le prime a svilupparsi dal punto di vista evolutivo e sono quelle che hanno ricevuto il primo impulso e una maggiore estensione nel corso dell’encefalizzazione (Rowe, Macrini & Luo, 2011).

In linea con le evidenze raccolte da Rowe (2011), è stato ipotizzato che l’elaborazione olfattiva, a cui è stato attribuito il primato nell’evoluzione cerebrale, potrebbe aver modellato e dato impulso anche allo sviluppo di altre aree cerebrali tramite l’inalazione di aria, andando ben oltre l’esclusivo sviluppo della sensibilità olfattiva.

Secondo questa ipotesi evolutiva, le molecole contenute nell’aria, attraversando la cavità nasale e il suo epitelio colmo di recettori olfattivi, avrebbero determinato un incremento di informazioni sensoriali al cervello, sottoforma di segnali nervosi, favorendo così la crescita di nuovi neuroni e potenziando la crescita e la sincronizzazione di connessioni sinaptiche in altre aree cerebrali associate, che si stavano formando e che si stavano preparando per il processamento delle informazioni appena ricevute.

Le inalazioni nasali pertanto avrebbero funto non solo da input per la neurogenesi ma soprattutto avrebbero preparato le aree corticali all’elaborazione, non esclusivamente olfattiva, di nuove informazioni, generando di conseguenza dei link funzionali e delle connessioni tra sistema olfattivo e altre aree non inerenti all’ olfatto (Rowe, Macrini & Luo, 2011).

Respirazione prima di compiti impegnativi: lo studio

Partendo da queste considerazioni, Sobel e colleghi (2019) hanno voluto indagare l’ipotesi per la quale le inalazioni nasali, cioè l’inspirare aria, possa influenzare il processamento di informazioni non olfattive nelle aree corticali sottese alle più alte funzioni cognitive; come già sottolineato dallo studio di Herrero, Khuvis e colleghi (2017) nel quale il controllo volontario della respirazione nasale aveva modulato la coerenza delle oscillazioni neurali nel circuito frontotemporale incrementandola e determinando una maggiore consapevolezza enterocettiva nei soggetti sperimentali o dallo studio di Brown & Gerbard (2005) sulla respirazione nell’ambito della meditazione.

Per testare gli effetti dell’inalazione nasale in specifici compiti cognitivi e verificare la loro ipotesi, i ricercatori del Weizmann Institute of Science hanno sottoposto 31 partecipanti a diversi compiti cognitivi di natura matematica (i soggetti dovevano giudicare la correttezza delle soluzioni di diverse equazioni), lessicale (giudicare se le parole comparse nello schermo avessero un significato semantico) e visuo-spaziale (scegliere tra due forme geometriche tridimensionali quella che potrebbe effettivamente esistere nella realtà).

Durante tutta l’esecuzione del compito, a ciascun partecipante è stato misurato il flusso d’aria inspirato tramite una cannula nasale collegata ad uno spirometro, senza che essi fossero a conoscenza del fatto che le loro inspirazioni venissero registrate per una ragione specifica (Perl, Ravia, Sobel, 2019).

Durante l’esecuzione dei compiti da parte dei soggetti, i ricercatori si sono accorti che questi spontaneamente, un attimo prima di iniziare il compito schiacciando il bottone di avvio, in modo significativo e per tutti e tre i compiti sperimentali tendevano ad inspirare e che vi fosse un incremento del flusso d’aria coinciso tra l’altro con l’esatto momento in cui essi iniziavano i vari compiti.

Per tale ragione, i ricercatori hanno voluto indagare se vi fosse un’associazione tra l’inalazione spontanea e la prestazione cognitiva chiedendo specificatamente ai soggetti di inspirare ed espirare a comando e se la prima si riflettesse in qualche modo nell’attività cerebrale, misurata tramite elettroencefalogramma.

Respirazione, cervello e cognizione: molte prospettive ancora aperte

Lo studio qui descritto (Perl, Ravia, Sobel, 2019) ha evidenziato come nel gruppo di soggetti, ai quali era stato chiesto di espirare aria prima di iniziare il compito, vi fosse un’accuratezza significativamente peggiore per il compito visuo-spaziale rispetto al gruppo che al contrario era stato istruito a inspirare al momento di iniziare e che come le prestazioni dell’intero gruppo sperimentale fossero in linea con specifiche fasi respiratorie.

In particolare è stato osservato come la prestazione nel compito visuo spaziale fosse migliore durante l’inalazione, peggiore durante l’espirazione e migliore quando inalavano di nuovo, suggerendo ai ricercatori che questo andamento respiratorio riscontrato avesse in qualche modo un impatto sul comportamento dei soggetti.

In aggiunta a ciò, è stata ravvisata una differenza consistente nell’attività cerebrale soprattutto negli intervalli temporali tra un’inalazione ed un’espirazione a carico di regioni non limbiche e non direttamente implicate nel sistema olfattivo, come se l’inalazione, oltre a trasportare un maggiore apporto di ossigeno al cervello, lo preparasse in toto all’arrivo dell’informazione per permettere a questa di essere elaborata e, una volta acquisita, è stato osservato come l’inalazione ne ottimizzi il processamento neurale in specifici pattern cerebrali implicati nel compito cognitivo (Perl, Ravia, Sobel, 2019).

In conclusione, gli autori dello studio precisano che, nonostante le numerose limitazioni presenti nel disegno sperimentale e nello metodologie utilizzate, è stato possibile mettere in luce un ulteriore meccanismo che consente l’interazione tra fasi respiratorie, cervello e cognizione, indicando un promettente sviluppo di questa anche per l’apprendimento e non solo per la riduzione dello stress, del dolore cronico o dell’ansia.

I risultati ottenuti da Sobel e colleghi (2019) infatti suggeriscono un miglioramento prestazionale soprattutto durante le fasi di inalazione e ciò potrebbe apportare degli avanzamenti per l’uso di tecniche di respirazione e di controllo volontario della stessa per problematiche relative all’attenzione e all’apprendimento

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brown, R. P., & Gerbarg, P. L. (2005). Sudarshan Kriya yogic breathing in the treatment of stress, anxiety, and depression: part I—neurophysiologic model. Journal of Alternative & Complementary Medicine, 11(1), 189-201.
  • Herrero, J. L., Khuvis, S., Yeagle, E., Cerf, M., & Mehta, A. D. (2017). Breathing above the brainstem: Volitional control and attentional modulation in humans. Journal of neurophysiology. J Neurophysiol 119, 145–159. doi.org/10.1152/jn.00551.2017
  • Perl, O., Ravia, A., Rubinson, M., Eisen, A., Soroka, T., Mor, N. & Sobel, N. (2019). Human non-olfactory cognition phase-locked with inhalation. Nature Human Behaviour, 1.
  • Rowe, T. B., Macrini, T. E., & Luo, Z. X. (2011). Fossil evidence on origin of the mammalian brain. Science, 332(6032), 955-957.
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