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Orgasmo clitorideo, orgasmo vaginale e punto g: quanto sappiamo realmente sul piacere femminile? Tra psicologia e neuropsicologia

Orgasmo femminile: c'è un motivo se è clitorideo o vaginale? Il punto G esiste? Molte sono le domande aperte tra anatomia, neurofisiologia e psicologia..

Di fluIDsex

Pubblicato il 27 Feb. 2019

La sessualità femminile ha sofferto per millenni un’oppressione senza pietà. Oggi, sessuologi e psicologi cominciano finalmente a liberarla dalle censure e dai vincoli che l’hanno per troppo tempo incatenata o, nella peggiore delle ipotesi, condannata.

Margherita Zenoni

 

Occupandosi di sessualità femminile, clinici e ricercatori hanno messo in luce sempre di più negli ultimi decenni la ricchezza e la complessità sorprendenti che la caratterizzano. Le numerose controversie in ambito scientifico riguardo all’eccitazione e all’orgasmo femminile sono un chiaro segno dell’interesse e del bisogno di risposte avvertito non solo da donne di ogni età e provenienza, ma spesso anche dai loro partner. Scrive Francesco Bianchi-Demicheli, caporedattore della Consultazione di ginecologia psicosomatica e sessuologia di Ginevra:

Abbiamo accettato il fatto che la donna esperisce un piacere sessuale paragonabile a quello dell’uomo solo recentemente. Tuttavia, se il piacere è comparabile, la sessualità femminile rimane molto più complessa.

Orgasmo femminile: il punto di vista della psicoanalisi

Che si tratti del leggendario punto G, dell’eccitazione clitoridea o vaginale, della molteplicità degli orgasmi o persino del raro ma interessante fenomeno dell’eiaculazione femminile, esistono delle differenze molto importanti non soltanto tra le donne, ma anche dipendenti dal momento, la situazione, il partner e l’età considerata. Per quanto riguarda l’atto sessuale, il sessuologo ginevrino si dichiara contro tutte le “ricette” e i “trucchi” venduti dalla stampa e dal web che promettono “orgasmi incomparabili” (F. Bianchi-Demicheli, 2006). Secondo Demicheli infatti non esiste una “gerarchia degli orgasmi”, uno non è superiore all’altro. Egli aggiunge inoltre che il fatto che l’orgasmo sia vaginale o clitorideo non ha nulla a che fare con la maturità della donna, diversamente da quanto la psicoanalisi ha lasciato intendere ai suoi esordi (Vincent Monnet & Anton Vos, 2006). Oggi la visione psicoanalitica a tal proposito non è identica a quella degli inizi del Novecento, tuttavia vi sono scuole di pensiero che sostengono l’ipotesi che, ad esempio, l’orgasmo vaginale sia associato ad un minor uso di meccanismi di difesa psicologici immaturi (S. Brody & R. M. Costa, 2008). Tale visione è stata accuratamente esposta e spiegata da Stuart Brody e Rui Miguel Costa nel loro articolo “Vaginal orgasm is associated with Less Use of Immature Psychological Defense Mechanisms”, dal quale emerge una problematizzazione dei meccanismi di difesa utilizzati in relazione alla modalità di raggiungere l’orgasmo; viene quindi trattato l’argomento da un punto di vista clinico.

I due autori infatti ritengono che le donne che non riescono ad avere orgasmi che siano esclusivamente vaginali (senza bisogno della simultanea stimolazione clitoridea) mettono in atto meccanismi di difesa psicologici comparabili a quelli utilizzati dai pazienti che soffrono di depressione, ansia sociale, disturbo di panico e disturbo ossessivo-compulsivo (S. Brody & R. M. Costa, 2008). Essi sostengono inoltre che queste donne godano di una salute psico-fisica globale inferiore rispetto alle donne che esperiscono regolarmente orgasmi vaginali (senza bisogno della simultanea stimolazione clitoridea) (S. Brody & R. M. Costa, 2008).

Orgasmo femminile: cosa cambia tra il clitorideo e il vaginale

Secondo tali autori quindi i due tipi di orgasmo non sarebbero da ritenersi sullo stesso piano per quanto riguarda gli effetti che comportano a livello psicologico, neuronale, emotivo e relazionale. D’altro canto, Demicheli – considerando l’ampiezza della gamma di comportamenti messi in atto in questo ambito – ritiene che sia piuttosto difficile definire una “normalità” a partire dalla quale si possano riconoscere delle patologie. Afferma infatti:

Ai miei occhi, finché non c’è sofferenza non c’è patologia.

Egli, diversamente da Brody e Costa, sembra non dar troppo peso a tutte le ragioni di carattere ontologico, individuale, ambientale e quindi psichico che portano una donna a non riuscire mai, ad esempio, a raggiungere un orgasmo vaginale. Tuttavia, Demicheli riconosce che se esistono donne “clitoridee” piuttosto che “vaginali” è possibile rintracciare le spiegazioni di questa diversità nello sviluppo – durante l’arco di vita – di reti neurali che si formano sotto l’azione di certi stimoli piuttosto che altri. Alcune di queste reti sono per altro già presenti alla nascita per ragioni diverse da quelle sessuali (Vincent Monnet & Anton Vos, 2006). Il sessuologo ginevrino rimane comunque discostato dalla visione psicoanalitica, le cui origini risalgono al pensiero freudiano secondo il quale una donna non sarebbe stata matura fino a quando non sarebbe riuscita a provare piacere vaginale; concezione ancora oggi rivendicata da alcune scuole di pensiero in ambito psicoanalitico. Secondo Demicheli è importante mettere in discussione tale visione tenendo conto delle conoscenze scientifiche attuali: queste indicherebbero infatti che la differenza tra l’orgasmo clitorideo e quello vaginale non ha nulla a che vedere con la maturità o un qualunque grado di femminilità raggiunto. Inoltre,

dal punto di vista della risposta del cervello, che è la sede del piacere e delle sensazioni, nulla distingue i due tipi di orgasmo: le aree cerebrali che si attivano in risposta all’orgasmo vaginale e a quello clitorideo sono le stesse (F. Bianchi-Demicheli, 2006).

Orgasmo femminile e difese

Tali considerazioni non implicano però necessariamente il fatto che quanto riportato da S. Brody e R. M. Costa nel loro articolo sui meccanismi di difesa non possa essere altrettanto corretto. Conducendo uno studio in cui un campione di 94 donne ha riportato la frequenza di differenti comportamenti sessuali avuti durante il mese precedente allo studio e la relativa frequenza di orgasmi, e a cui è stato somministrato il Defense Style Questionnaire (DSQ – 40), i due autori hanno osservato che l’orgasmo vaginale (senza simultanea stimolazione clitoridea) correlava inversamente col punteggio ottenuto al DSQ – 40, quindi con l’utilizzo di meccanismi di difesa immaturi (r = -0.37, P < 0.01). In particolare, i risultati hanno mostrato che le donne che avevano riportato almeno un orgasmo vaginale durante il mese precedente avevano meno meccanismi di difesa immaturi quali la somatizzazione, la dissociazione, lo spostamento, la fantasia autistica, la svalutazione e l’isolamento affettivo. L’orgasmo clitorideo e la masturbazione correlavano invece positivamente con un uso maggiore di meccanismi di difesa immaturi quali ad esempio il diniego, la fantasia autistica, la dissociazione e una modalità passivo-aggressiva. La dissociazione, l’isolamento dell’affetto e la fantasia autistica sono meccanismi di difesa accomunati da una disconnessione del Sé dall’emozione, dai dettagli della realtà e dal proprio corpo. Anche l’aspetto più semplice di questi processi difensivi (per esempio la distrazione dagli aspetti della situazione attuale) si è mostrato rilevante per la risposta sessuale. Gli autori che s’inseriscono in questa scuola di pensiero hanno pertanto ipotizzato che le donne che non riescono a raggiungere l’orgasmo tramite il rapporto peni-vaginale potrebbero avere

una disconnessione funzionale (o almeno un importante decremento nella consapevolezza) tra la propria coscienza e la propria vagina (S. Brody & R. M. Costa, 2008).

La scoperta che l’orgasmo vaginale (non la stimolazione clitoridea accompagnata dalla penetrazione) è associato ad un minor uso di difese immature è coerente con la teoria psicoanalitica; con i risultati della ricerca che mostra che le donne che soffrono di determinate psicopatologie subiscono un’alterazione dell’orgasmo vaginale ma non di quello clitorideo; con un ampio studio rappresentativo effettuato su donne svedesi in cui è stato riscontrato che l’orgasmo vaginale durante l’arco di vita è associato ad una maggiore soddisfazione per la vita sessuale, per la salute mentale e per i rapporti sia con i partner sia con gli amici, oltre che per la vita in generale; con le scoperte di un più piccolo studio portoghese che mostra che l’orgasmo vaginale è associato a migliori qualità specifiche delle relazioni e che la masturbazione è invece associata ad un “amore meno sentito” all’interno delle stesse; e con differenze neuro-fisiologiche e neuro-ormonali tra orgasmo vaginale ed orgasmo clitorideo (S. Brody & R. M. Costa, 2008).

Orgasmo femminile: il contributo neurofisiologico

Contraddicendo in parte quanto sostenuto da Demicheli sulla risposta del cervello ai differenti tipi di orgasmo, Brody e Costa mettono inoltre in luce un’interessante scoperta sperimentale: è stato dimostrato che, per entrambi i sessi, l’aumento post-orgasmico della prolattina, un indice oggettivo di sazietà sessuale, è maggiore del 400 % dopo un orgasmo vaginale piuttosto che dopo un orgasmo clitorideo provocato da masturbazione. L’aumento della prolattina post-orgasmica sembra svolgere un ruolo importante nella neuroregolazione dopaminergica centrale, che ha implicazioni per il funzionamento emotivo (S. Brody & R. M. Costa, 2008). La neurofisiologia dell’orgasmo vaginale differisce infatti da quella del climax clitorideo. I nervi sono localizzati in modo relativamente uniforme in tutta la sottomucosa vaginale e della cervice (il collo dell’utero), anche a livello perivascolare. Le informazioni sensoriali clitoridee sono condotte dal nervo pudendo al midollo spinale per la trasmissione al cervello. Le informazioni sensoriali provenienti dalla vagina e dalla cervice viaggiano invece non solo attraverso il nervo pudendo, ma anche attraverso i nervi pelvici, ipogastrici e vaghi. Il nervo vago non entra nel midollo spinale, ma è uno dei dodici nervi cranici.

Orgasmo femminile: il ruolo del clitoride

Di conseguenza, anche le donne con un midollo spinale completamente reciso possono avere orgasmi vaginali – verificabili mediante risonanza magnetica funzionale -, anche se non hanno alcuna connessione clitoridea con il cervello. Nonostante queste importanti scoperte relative all’orgasmo vaginale, vi sono diversi clinici e ricercatori che – alla luce di altri studi e considerazioni – ritengono il clitoride l’organo sessuale femminile del piacere e dell’orgasmo per eccellenza (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016). La stimolazione del clitoride mediante attrito vulvare, quella della guaina del clitoride e/o la stimolazione diretta del glande e delle labbra del clitoride è risultata essere la forma più comune di masturbazione da parte delle donne in molte culture diverse (Ford & Beach, 1951). In uno studio del 1953, Kinsey, Pomery, Martin e Gebhard riportarono tale osservazione anche in riferimento al loro campione nordamericano, aggiungendo inoltre che molte donne ammettevano che per loro la stimolazione segreta del clitoride durante il rapporto eterosessuale era l’unico modo in cui potevano effettivamente raggiungere l’orgasmo. Kinsey e colleghi nei loro scritti si riferiscono alla vagina come ad un “orifizio insensibile con relativa importanza per la riproduzione ma che non è importante per la gratificazione erotica” (Kinsey, Pomery, Martin e Gebhard, 1953). La vagina risulta essere anche poco neurologicamente innervata rispetto al clitoride, ulteriore motivo per ritenere quest’ultimo la principale fonte di piacere sessuale nelle donne. Per quanto riguarda gli orgasmi indotti dalla sola stimolazione vaginale da parte del pene, Kinsey et al. (1953) hanno osservato:

Alcune centinaia di donne nel nostro studio e molte migliaia di pazienti di altri clinici sono state molto disturbate in conseguenza al loro fallimento nel realizzare questa impossibilità biologica.

Del medesimo parere sono anche Puppo e Gruenwald, secondo cui gli orgasmi sarebbero generati dalla stimolazione del solo glande esterno del clitoride. Le donne quindi non dovrebbero soffrire la frustrazione provocata dal mancato raggiungimento dell’orgasmo tramite la stimolazione vaginale e non dovrebbero mettere in dubbio sé stesse o l’adeguatezza del proprio corpo quando, nonostante i tentativi, questi orgasmi non si verificano (Puppo & Gruenwald, 2012). Tra i sostenitori dell’orgasmo clitorideo troviamo anche Masters e Johnson, che in uno studio del 1966 riportarono che la maggior parte delle donne da loro seguite raggiungeva l’orgasmo soltanto tramite stimolazione clitoridea, mentre molte meno l’ottenevano dalla stimolazione vaginale.

Grazie ai loro studi, Masters e Johnson notarono inoltre che le strutture clitoridee (per esempio il corpo cavernoso e il bulbo del vestibolo) si estendono anche al di sotto delle labbra, andando oltre ciò che è possibile osservare dall’esterno. Alla luce di tale scoperta, i due autori osservarono che l’intromissione del pene nella giusta posizione, spostando queste strutture sublabiali verso l’alto, rende possibile un’indiretta stimolazione del clitoride (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016). Tale osservazione fu una delle prime che portò non solo clinici e ricercatori, ma anche il grande pubblico, a parlare del fantomatico punto G, di cui ancora oggi si discute ampiamente. Fin dalla seconda metà del Novecento, la possibile esistenza del punto G ha sempre occupato molto spazio nella stampa femminile e ha ricevuto un’accettazione diffusa tra le donne che differenziano l’orgasmo clitorideo da quello vaginale. Tuttavia, è stato anche accolto con un certo scetticismo da diversi medici (Hines, 2001) e dai ricercatori (Levin, 2003): il punto G rimane infatti controverso soprattutto a causa dei numerosi fallimenti nel determinare la sua esistenza come entità anatomica a se stante (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016). Più recentemente sono state utilizzate modalità di imaging come la risonanza magnetica durante l’eccitazione sessuale, ma queste non hanno mostrato nessuna struttura anatomica distinta che potesse essere attribuita alla presenza di un punto G. Usando la risonanza magnetica funzionale, tuttavia, Komisaruk e colleghi (2011) hanno osservato che sebbene siano leggermente sovrapposte, le regioni della corteccia sensoriale attivate dall’auto-stimolazione del clitoride, della vagina e della cervice sono separabili. Anche questa scoperta indica quindi che esiste una risposta sensoriale significativa e separata per la stimolazione di ciascuna di queste regioni genitali, “mantenendo così la possibilità della presenza di un discreto punto G” (Amichai Kilchevsky, Yoram Vardi, Lior Lowenstein e Ilan Gruenwald, 2012).

Orgasmo femminile: esiste il punto G?

Una serie di studi anatomici effettuati utilizzando istologia e risonanza magnetica ha rivelato che la posizione anatomica del supposto punto G è contigua alle gambe o radici interne del clitoride, al tessuto erettile dei bulbi e dei corpi clitoridei e all’uretra (O’Connell et al. 2008, 2005, 1998): O’Connell e colleghi sostengono che tali strutture formino un “intero” anatomico coerente e che condividano una vascolarizzazione comune, l’approvvigionamento nervoso e le risposte durante la stimolazione sessuale (O’Connell et al. 2008, 2005, 1998). Questo “intero” anatomico si trova all’altezza della parete anteriore della vagina, che rispetto alla parete posteriore è infatti caratterizzata da una quantità significativamente maggiore di terminazioni nervose (Hilleges, Falcone, Ekman-Ordeberg e Johansson, 1995; Song, Hwang, Kim e Han, 2009). Queste ultime si insinuano nel nervo dorsale del clitoride, connettendosi quindi con i nervi sensoriali provenienti dal glande esterno del clitoride ed entrando nel plesso nervoso pudentale. Verrebbe quindi esercitata una pressione meccanica sulla parete vaginale anteriore che potrebbe effettivamente stimolare indirettamente le strutture clitoridee – compreso appunto il nervo dorsale del clitoride -, aumentando così la sensazione di piacere. Foldes e Buisson (2009) giunsero alla stessa conclusione utilizzando l’ecografia 3-D del clitoride stimolato, dimostrando che, una volta gonfie per via dell’eccitamento, le parti interne del clitoride circondano la parete vaginale anteriore. I ricercatori definirono questo “intero” anatomico come “complesso clitorideo”, indicando con tale espressione parti sia esterne che interne. Il clitoride gonfio, quindi, aumenterebbe la probabilità che l’orgasmo possa essere sperimentato sia dalla stimolazione esterna del glande clitorideo sia dalla stimolazione interna della radice del clitoride (parti posteriori del complesso clitorideo) che si ripiega attorno alla parete vaginale anteriore (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016). La radice del clitoride e la parete anteriore della vagina sembrano pertanto essere collegate sia anatomicamente sia funzionalmente, fornendo una spiegazione del perché alcune donne riescano a raggiungere l’orgasmo anche solo tramite stimolazione vaginale (Hilleges, Falcone, Ekman-Ordeberg e Johansson, 1995; Song, Hwang, Kim e Han, 2009). Alla luce di quanto esaminato fin qui, è possibile ipotizzare con un certo grado di sicurezza che non esista una struttura anatomica a sé stante (ovvero indipendente dalle altre strutture vaginali e clitoridee) che possiamo definire punto G. Ciò che probabilmente esiste è quello che alcuni autori hanno chiamato “complesso clito-uretro-vaginale” (A. Carrozzo, 2017), concepito come un’entità funzionale particolarmente sensibile, che implica un rapporto di interdipendenza tra strutture interne ed esterne (clitoridee così come vaginali). Se si volesse necessariamente collocare il cosiddetto punto G da qualche parte, la parete anteriore della vagina sarebbe molto probabilmente il punto più realistico, tuttavia è importante tener conto del fatto che – per dirla con le parole di Demicheli – “non è un pulsante che viene premuto e si attiva automaticamente” (F. Bianchi-Demicheli, 2006), bensì l’esito di un coordinamento anatomico-funzionale tra le diverse strutture contingenti a quella regione genitale.

Orgasmo femminile: un mondo da scoprire

Sebbene misure oggettive non siano riuscite a fornire prove solide e coerenti dell’esistenza di uno specifico sito anatomico identificabile come punto G, studi attendibili e testimonianze aneddotiche dell’esistenza di un’area altamente sensibile situata nel muro vaginale anteriore danno luogo alla necessità di verificare in ulteriori studi se siano state effettivamente implementate sufficienti modalità investigative nella ricerca del punto G (Hilleges, Falcone, Ekman-Ordeberg e Johansson, 1995; Song, Hwang, Kim e Han, 2009). Per quanto concerne la distinzione tra i differenti tipi di orgasmo, è bene considerare che le diverse sensazioni che ne derivano dipendono in buona parte dall’esperienza che ogni donna ha con la stimolazione diretta del clitoride esterno, del clitoride interno e/o delle altre strutture vaginali (ad esempio la cervice). Anche la conoscenza da parte della donna dei segnali per lei eccitanti ed eroticamente carichi, oltre che il livello di consapevolezza del proprio corpo, influenza l’esperienza dell’orgasmo. E’ inoltre importante in questo senso l’esperienza che la donna ha non solo con la stimolazione di molteplici siti genitali esterni ed interni, ma anche quella che ha relativamente a siti extra-genitali (ad esempio labbra, capezzoli, orecchie, collo, dita di mani e piedi) che possono essere associati all’orgasmo. L’esperienza dell’orgasmo si verifica spesso in modi molto differenti tra le diverse donne e può persino avvenire in modalità differenti nella stessa donna per ogni esperienza sessuale. E in ognuno di questi casi l’esperienza orgasmica è da considerarsi “integra” e/o “valida”, senza bisogno che per essere considerata tale sia provocata da un sito specifico piuttosto che da un altro (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016).

La mappa erotica del corpo che una donna possiede non è incisa nella pietra (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016)

ma è piuttosto un continuo processo di esperienza, scoperta e costruzione che dipende dalla capacità del cervello di creare il risultato ottimale dall’incontro tra ciò che la donna si aspetta (e a cui è abituata) e la sua apertura a nuove esperienze. Infine, è di particolare importanza ricordare che l’applicazione di un modello riproduttivo – limitato all’eiaculazione maschile – per la comprensione della causa e dell’effetto degli orgasmi femminili non fa altro che offuscare e nascondere la varietà davvero notevole di esperienze orgasmiche che una donna può vivere (James G. Pfaus, Gonzalo R. Quintana, Conall Mac Cionnaith & Mayte Parada, 2016). Ancora molto rimane infatti da indagare e scoprire su questo complesso e affascinante mondo che è la sessualità femminile.

 


L’ Orgasmo Femminile: ma le Donne come Funzionano?

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Monnet, V., & Vos, A. (2006). Le plaisir féminin. Dossier sexologie - Université de Genève.
  • Brody, S., & Costa, R. M. (2005). Vaginal orgasm is associated with less use of immature psychological defense mechanisms. The journal of sexual medicine.
  • Pfaus, J. G., Quintana, G. R., Mac Cionnaith, C., & Parada, M. (2016). The whole versus the sum of some of the parts: toward resolving the apparent controversy of clitoral versus vaginal orgasms. Socioaffective neuroscience & psychology.
  • Kilchevsky, A., Vardi, Y., Lowenstein, L., & Gruenwald, I. (2012). Is the female G‐spot truly a distinct anatomic entity?. The journal of sexual medicine.
  • Carrozzo, A. (2017). “Piacere nostro”. Tutto quello che non avete mai avuto il coraggio di chiedere sull’eiaculazione femminile.
  • Komisaruk, B. R., Wise, N., Frangos, E., Liu, W. C., Allen, K., & Brody, S. (2011). Women's clitoris, vagina, and cervix mapped on the sensory cortex: fMRI evidence. The journal of sexual medicine.
  • Foldes, P., & Buisson, O. (2009). Reviews: the clitoral complex: a dynamic sonographic study. The journal of sexual medicine.
  • Puppo, V., & Gruenwald, I. (2012). Does the G-spot exist? A review of the current literature. International urogynecology journal.
  • Ford, C. S., & Beach, F. A. (1951). Patterns of sexual behavior.
  • Kinsey, A. C., Pomeroy, W. B., & Martin, C. E. (1953). a Gebhard PH: Sexual behavior in the Human Female. Philadelphia a London.
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