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Quando il figlio desiderato non arriva: l’esperienza della sterilità

Una diagnosi di sterilità può generare reazioni differenziate tra uomo e donna che rimandano a diverse dinamiche interne proprie di ogni genere

Di Angela Lucia Pia Nicastro

Pubblicato il 28 Gen. 2019

Aggiornato il 25 Giu. 2019 13:00

Nel presente articolo si è voluto riflettere sulle conseguenze psicologiche che derivano dal ricevere una diagnosi di sterilità secondo una prospettiva psicoanalitica.

 

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’American Fertility Society (A.F.S.) possiamo parlare di sterilità quando uno o entrambi i coniugi sono affetti da una condizione fisica permanente che non rende possibile la procreazione; viceversa, l’infertilità si riferisce all’incapacità della coppia di concepire un bambino dopo più di un anno di rapporti sessuali non protetti. La sterilità è quindi una condizione molto più grave e in qualche modo assoluta rispetto all’infertilità. L’infertilità può essere ulteriormente distinta in primaria quando la coppia non ha mai concepito e secondaria se in passato c’è stato un periodo di fertilità che ha portato ad una o più gravidanza ma ora non si riesce più ad averne.

Secondo una stima dell’OMS, circa il 15-20% delle coppie dei paesi industrializzati, soffre di problemi di infertilità. In particolare, l’infertilità di coppia è legata nel 35% dei casi a problemi a carico delle donne, nel 30% dei casi a cause attribuibili all’uomo, nel 20% di casi ci sono problemi in entrambi i partner e nel 15% dei casi si parla di sterilità “idiopatica” o inspiegata.

L’infertilità maschile può essere dovuta a: ostruzioni nelle vie della produzione spermatica che provocano azoospermia, condizioni cromosomiche come la sindrome di Klinefelter, problemi eiaculatori come eiaculazione retrograda, prostatiti, anticorpi anti spermatozoi. L’età non è considerata un fattore di possibile infertilità nell’uomo ma ovviamente al suo aumentare il livello di desiderio e di capacità sessuale diminuisce.

Nella mancata gravidanza di una donna, invece, tra i fattori responsabili più comuni troviamo: mancanza di ovulazione, patologia tubarica e pelvica, endometriosi, fibromi o polipi e sterilità idiopatica (Chianese, De Simone, Del Duca, Vajro, in Lucariello, 2008). Per sterilità idiopatica si intende quello stato di sterilità involontaria nella quale tutte le indagini appropriate hanno dato risultati negativi. Sostanzialmente ci troviamo di fronte a problematiche inconsce di tipo psicologico che si traducono, a livello somatico, in un’impossibilità a concepire (Froggio, 2000).

Il significato psicologico della sterilità per la donna

Di fronte ad una diagnosi di sterilità possiamo assistere a reazioni differenziate tra uomo e donna che rimandano a diverse dinamiche interne proprie di ogni genere. La donna che fin dall’infanzia ha coltivato nelle sue fantasie più profonde un bambino, prima da condividere con la madre e poi da ricevere dal padre nel momento della fase edipica, di fronte all’ostacolo procreativo sente di essere deprivata di una parte essenziale di sé subendo una ferita nella propria identità.

Le fantasie tramandate di madre in figlia sulla gravidanza, il parto, l’allattamento vengono congelate o meglio spente nella loro possibilità biologica. La difficoltà a concepire un figlio finisce per inscriversi in un’area psico-emotiva e culturale come un marchio, un segno di imperfezione o di malformazione di cui ci si sente colpevoli. Dobbiamo sempre tenere presente che creare una nuova vita costituisce l’ultimo atto dello sviluppo psicosessuale femminile in quanto rassicura la donna di essersi appropriata dell’attività generativa materna come atto simbolico della temuta rivalità verso l’immagine genitoriale interiorizzata e come superamento definitivo della vicenda edipica.

Le emozioni comunemente riscontrate in donne sterili riguardano il lutto, la rabbia, la depressione, la colpa, lo shock e il rifiuto ad accettare questa situazione (Dunkel-Schetter, Lobel, 1991). Ciascuna di queste reazioni può essere considerata per certi versi “normale” a patto che sia limitata nel tempo e porti la coppia verso l’adattamento e la risoluzione, contrariamente se si cristallizza limitando sia la vita personale che quella relazione finisce per assumere una valenza “patologica”.

Un altro elemento importante da considerare è il contesto sociale; la donna infertile infatti riceve meno supporto anche perché spesso si accompagna ad una rete di amiche che con il tempo sperimentano la gravidanza e quindi diventando madri e riducendo gli spazi e i momenti di condivisone la lasciano senza il giusto supporto emotivo.

Il significato psicologico della sterilità per l’uomo

La sterilità nell’uomo viene percepita come un “verdetto” improvviso e inaspettato che può determinare una reazione depressiva, un appiattimento ideativo ed emotivo se non addirittura una regressione infantile con la moglie. Vengono seriamente minacciate la potenza sessuale, da sempre associata alla capacità fecondativa e l’identità personale e sociale. La perdita di virilità in qualche modo sperimentata con la sterilità finisce per ledere il senso di autostima dell’uomo danneggiando anche il rapporto con la compagna.

I sentimenti prevalenti al momento della scoperta di questa verità sono di vergogna, di grave imbarazzo rispetto all’esterno a volte con notevole restrizione dell’ambito delle relazioni sociali, senso di colpa molto forte verso la compagna e la propria famiglia d’origine accompagnati a un senso di perdita e di fallimento. Tipico dell’uomo infertile sembra essere negare ed evitare le preoccupazioni legate alla diagnosi ricevuta.

Da un punto di vista psicoanalitico la sterilità può rappresentare un momento di competizione con il proprio padre che potrebbe causare l’esordio di disturbi psicopatologici (Gerstel, 1963): se l’uomo non ha stabilito un rapporto positivo con il padre, configurandolo come un genitore “sufficientemente buono”, è probabile che il suo senso di virilità dipenda dalla capacità di procreare. Ne consegue che un uomo infertile possa facilmente confondere la virilità con la fertilità e quindi il fallimento riproduttivo, come perdita delle funzioni sessuali, finisce per corrispondere alla perdita totale della propria mascolinità.

Le conseguenze della sterilità sull’equilibrio di coppia

Un fattore importante che non va dimenticato è che la sterilità colpisce la coppia in una delle sue caratteristiche fondamentali ovvero l’apertura alla continuità della vita e alla perpetuazione della specie e anche se il contesto socioculturale del mondo occidentale è cambiato e la finalità elettiva di un rapporto risiede perlopiù nell’appagamento reciproco e nel dialogo amoroso, il figlio continua a rivestire un ruolo fondamentale, soprattutto nel momento in cui è avvertito come una mancanza. Non a caso, coloro che non hanno ancora avuto dei figli dopo qualche anno di matrimonio, sono spesso esposti a una mole di critiche e finiscono per essere additati come egoisti e incapaci di assumersi delle responsabilità.

L’esperienza clinica mette in luce come spesso la mancanza del figlio rinnovi antichi conflitti finendo per allontanare i due partner creando un’ostilità più o meno palese all’interno della quale emergono reciprocamente accuse sulle responsabilità del fallimento procreativo che minano la stabilità coniugale e familiare (Wyatt, 1979). La coppia si trova quindi ad affrontare una vera e propria “crisi di vita” che coinvolge tanto il singolo quanto la coppia dando origine a stress, frustrazione, inadeguatezza e senso di perdita (Menning, 1980).

La coppia deve infatti affrontare diversi livelli di confronto nel proprio vissuto. Un primo livello è quello rappresentato dal confronto con la collettività, ovvero quella dimensione culturale che definisce l’istinto genitoriale come il desiderio di avere dei figli per proseguire il proprio patrimonio genetico: la potenzialità riproduttiva rappresenta l’elemento principale per essere considerati delle “coppie normali”. Le coppie senza figli si trovano, di conseguenza, a dover affrontare il proprio fallimento per non essere stati in grado di creare la vita e soddisfare le aspettative dei propri genitori e della società. Un ulteriore livello è quello rappresentato dalla dimensione della sessualità, pesantemente contaminata dalla sterilità. In casi estremi, le relazioni sessuali finiscono per essere semplicemente un mezzo per il “concepimento ad ogni costo” in cui i ritmi del desiderio e del piacere sono sostituiti dai momenti di fertilità della donna.

L’infertilità quindi vissuta come trauma narcisistico può essere superata non solo attraverso possibilità concrete di risoluzione del problema ma anche attraverso la struttura caratteriale dell’individuo e dall’equilibrio che la coppia riesce a ristabilire. A livello intrapsichico la coppia deve riuscire ad accettare il problema, far fronte alle pressioni sociali, elaborare il lutto per la perdita dell’Io ideale e della propria immagine corporea valutando successivamente se sia il caso di affrontare l’iter terapeutico-diagnostico relativo all’infertilità.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Chianese, R., De Simone, V., Del Duca, E., Vajro, S. (2008). Dal desiderio di genitorialità alla scelta adottiva. In S. Lucariello (a cura di), Portato da una cometa. Il viaggio dell'adozione. Napoli: Guida Editori.
  • Dunkel-Schetter, C., Lobel, M. (1991). Psychological Reactions to Infertility. In A. L. Stanton, C. Dunkel-Schetter (Eds), Infertility: Perspectives from stress and coping research. New York: Plenum Press, 29-57.
  • Froggio, G. (2000). Bambino mio sognato. Psicologia e Psicoterapia della sterilità.
  • Gerstel, G.A. (1963). A Psychoanalytic view of Artificial Donor Insemination. American Journal of Psychoterapy, 17, 64-77.
  • Menning, B.E. (1980). The emotional Needs of Infertile Couples. Fertility and Sterility, 34(4), 313-319.
  • Wyatt, F. (1979). Note cliniche sui motivi della riproduzione. In L. Baruffi (a cura di), Il desiderio di maternità. Torino: Bollati Boringhieri, 1178-1199.
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