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La diagnosi della psicopatologia tramite sistemi di machine learning e analisi dell’attività biologica cerebrale

Diagnosi della psicopatologia: secondo alcuni studi in futuro ci si avvarrà dei marker biologici dell'attività cerebrale oltre che dei sintomi

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 24 Gen. 2019

Nell’ambito della diagnosi psichiatrica-psicologica, sembrerebbe sempre più realizzabile il connubio tra costrutti psicologici e l’analisi dell’attività biologica cerebrale grazie all’utilizzo di nuovi algoritmi e sistemi di machine learning.

 

Questi sistemi permettono di raggruppare in cluster diversi sintomi psicopatologici tramite informazioni provenienti dai segnali elettroencefalografici di pazienti affetti da sindromi psicologiche di differente natura.

Un commento di Brianna Abbott, di recente apparso nel nuovo editoriale di Nature Medicine, apre un’interessante riflessione sul futuro della classica diagnosi psichiatrica-psicologica di tipo categoriale, basata cioè sulla classificazione dei sintomi osservabili e riportati dai pazienti tramite l’apporto di specifiche etichette che, a suo parere, presto si avvarrà anche delle informazioni provenienti dall’analisi dell’attività biologica cerebrale (Abbott, 2019).

Diagnosi con l’attività biologica cerebrale: lo studio

Uno studio di Grisanzio, Goldstein-Piekarski, Williams e colleghi (2018), del dipartimento di Psichiatria e Scienze comportamentali dell’università di Stanford e del Brain Resource International Database di Sydney, tramite la misurazione delle onde cerebrali di circa 450 pazienti affetti da disturbo da attacco di panico e disturbo da stress post-traumatico, aveva evidenziato come alcuni pattern di EEG raccolti da un gruppo di pazienti che condividevano la medesima diagnosi psichiatrica categoriale differivano del tutto tra di loro, mostrando inaspettatamente delle somiglianze con quelli dell’altro gruppo.

Con l’intento di fornire un’interpretazione sensata e più corretta possibile dei risultati ottenuti da tale ricerca, Leanne Williams, una delle autrici, decise di sottoporre i dati raccolti, sia registrazioni cerebrali che informazioni sui sintomi, ad un’ulteriore analisi servendosi di un sistema di intelligenza artificiale, chiamata machine learning, che, tramite algoritmi, fosse in grado di far emergere da essi dei patterns individuando differenze e similarità.

Nonostante il gruppo clinico fosse caratterizzato da tre diagnosi categoriali diverse, l’algoritmo ha isolato sei diversi gruppi, ciascuno distinto da uno specifico pattern sintomatologico (es. tensione, ansia generalizzata, iperarousal, tristezza, senso di impotenza, calma) che è risultato caratterizzante il gruppo indipendentemente dalla diagnosi categoriale dissimile.

Infatti analizzando i dati, gli elettroencefalogrammi raccolti, integrati dall’algoritmo con i sintomi psicopatologici osservati e riferiti dai pazienti, hanno ulteriormente rafforzato l’opinione dei ricercatori circa il fatto che i cluster fossero costituiti da “tratti” che andavano oltre la mera diagnosi psichiatrica e che rispetto ad essa si stavano mostrando maggiormente attendibili e affidabili nella definizione delle sindromi psicopatologiche (Grisanzio, Goldstein-Piekarski, Williams et al., 2018).

Diagnosi con i sistemi di machine learning

Partendo dallo studio sopracitato, la Abbott ritiene che sistemi di machine learning abbiano di fatto definito un nuovo genere di sottotipologia di disturbo psichiatrico tenendo in considerazione sia i sintomi riscontrati e che le attività biologiche cerebrali (Abbott, 2019).

Nella formulazione di una diagnosi, psichiatri e psicologi clinici infatti si servono principalmente della raccolta della sintomatologia riportata dal paziente sia tramite questionari self-report che tramite colloqui clinici; tuttavia l’avanzamento della tecnologia e la creazione di nuovi, più accurati e affidabili sistemi di analisi dei dati stanno determinando un’evoluzione della diagnosi stessa, ora caratterizzata anche da misure biologiche, come le EEG dello studio di Williams e colleghi (2018) e immagini di fMRI.

Per comprendere lo sviluppo di 14 diversi disturbi psicopatologici, Theodore Sattarthwaite, ricercatore e psichiatra all’università della Pennsylvania, ha utilizzato algoritmi e sistemi di machine learning per l’analisi delle immagini di risonanza magnetica funzionale di 663 adolescenti, ai quali erano state diagnosticate diverse sindromi psichiatriche, trovando che alcuni modelli di connettività cerebrale erano unici per gli adolescenti con una storia pregressa di depressione e disturbo ossessivo-compulsivo, mentre tutti i restanti potevano essere raggruppati in 4 cluster sulla base delle loro comuni caratteristiche che non correlavano con la diagnosi (es. emozioni forti, allucinazioni, paure, comportamenti esternalizzanti) (Xia, Sattarthwaite, Ma et al., 2018) similmente allo studi precedentemente descritto di Williams e colleghi (2018).

Diagnosi su marker biologici: le prospettive

In conclusione, questa nuova tipologia di diagnosi, più avanzata e integrata con informazioni tipo biologico, permetterà, a parere della Abbott, di creare dei profili più puntuali ed esatti che a loro volta contribuiranno alla selezione da parte del professionista di un trattamento sia farmacologico che psicologico maggiormente preciso e personalizzato sui bisogni e le esigenze del paziente (Abbott, 2019).

Una nuova diagnosi insomma che sarà basata su uno specifico set di sintomi che non necessariamente rispetterà i confini della diagnosi categoriale ma che sicuramente rispetterà quelli biologici.

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