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I confini dell’amministratore di sostegno: limiti e vantaggi di chi è amministrato

Amministratore di sostegno: la legge del 2004 ne ha rinnovato funzioni e ambiti di applicazione. Per chi si avvale di questo aiuto, un passaggio delicato.

Di Maria Carlucci

Pubblicato il 09 Gen. 2019

Aggiornato il 03 Apr. 2019 12:21

Con l’entrata in vigore della legge del 9 gennaio 2004, n. 6 si è rinnovato il titolo XII del primo libro del codice civile introducendo la figura dell’ amministratore di sostegno, considerata come un nuovo strumento giuridico di protezione

Maria Carlucci – Open School, San Benedetto del Tronto

 

La figura dell’ amministratore di sostegno è finalizzata a “tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana” mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente (Art.1 c.c.).

In tal senso, la capacità di agire è intesa come la capacità di dirigere e controllare intenzionalmente il proprio agire nel mondo (agency) che presuppone l’esistenza e l’integrità di una vasta rete di funzioni cognitive modulari tra loro indipendenti, largamente distribuite ed interconnesse, soggette a molteplici sorgenti di vulnerabilità, sia di tipo propriamente biologico che psicologico e sociale (Bianchi e Bilotta, 2011). Una visione del tutto nuova rispetto alla precedente, più tradizionale, in cui la persona con il compimento della maggiore età acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa (Art. 2 c.c.).

Amministratore di sostegno: come si intende quest’innovazione

Tale innovazione è determinante dal punto di vista etico e morale del soggetto poiché pone maggiore attenzione all’autonomia decisionale che è considerata come il bene primario da proteggere e promuovere.

Ma chi sono i beneficiari di tale legge? Si possono ipotizzare tre grandi categorie di situazioni tipiche in cui la domanda di tutela giuridica può essere attivata:

  • Soggetti che si trovano in gravi condizioni da non poter esprimere alcuna preferenza riguardante il proprio statuto giuridico che devono necessariamente essere rappresentati da altri nella domanda di tutela. Si tratta perlopiù di soggetti con ritardo mentale profondo oppure che stanno in una fase avanzata di demenza o coloro che sono affetti da gravi patologie psichiatriche ad andamento cronico.
  • Soggetti che, indipendentemente dal tipo di infermità o menomazione da cui sono affetti, sono in grado di esprimere in prima persona (da soli o insieme ad altri) la propria preferenza per un regime di tutela giuridica che considerano come più sicuro anche soltanto per periodi limitati. Questa, possiamo dire, è una delle condizioni onde la legge ha l’opportunità di esprimere al meglio tutte le sue possibilità emancipative in cui non viene violata la proxy agency, ossia la realizzazione di se stessi attraverso l’aiuto degli altri (Bianchi e Bilotta, 2011). L’amministratore di sostegno può essere qui designato dallo stesso beneficiario come un ulteriore supporto su cui demandare i propri interessi e bisogni. Un ambito applicativo di grande rilievo è descritto dalla clausola prevista dall’art. 408: “L’AdS può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità”. In questo caso, la persona indica qualcuno che sia in grado di rappresentarlo e tutelarlo, anche meglio di se stesso, per realizzare i propri interessi. Ciò che, nella letteratura scientifica, è conosciuto come “contratti di Ulisse” (Ulisse contracts) o direttive anticipate per la cura dei disturbi comportamentali, che vengono utilizzate da molti anni nei paesi anglosassoni come valida alternativa al trattamento coattivo (Appelbaum 1991, 2006). Potrebbero validamente delegare ad altri le scelte da fare in caso di crisi, i tossicodipendenti, alcolisti e soggetti affetti da disturbo bipolare o da altre psicosi in fase di remissione.
  • Una situazione sicuramente più problematica rispetto alle altre è quella in cui la domanda di amministratore di sostegno è effettuata da un familiare, dagli organi istituzionali o dai servizi e non da chi dovrebbe essere il beneficiario. Nella stragrande maggioranza, la presunta persona che dovrebbe usufruire di tale tutela si oppone e non vede pertanto la necessità che questa “nuova” figura debba rappresentarla. Solitamente dietro a questa richiesta si cela una “sospetta” capacità cognitiva della persona da tutelare, ravvisata da indizi comportamentali che risultano inadeguati rispetto alle ordinarie e straordinarie attività quotidiane ma che il soggetto minimamente riconosce come patologici. Si tratta spesso di indicatori comportamentali che vacillano tra la fisiologica fragilità senile e le patologie dello spettro demenziale che è oggi denominata Mild Cognitive Impairment.

Amministratore di sostegno: come si applica questa tutela

Numerose sono le precauzioni da adottare, sia da parte del giudice che da parte dei consulenti che sono chiamati ad operare scrupolosamente per cucire una sorta di “vestito su misura” alla persona da tutelare. Ed è proprio qui che si pone l’interrogativo per chi è amministrato, ovvero: quali sono i suoi limiti e quali i suoi vantaggi? Come si può proteggere la vita concreta delle persone senza comprimere in modo inaccettabile la libertà?

Notiamo che i vantaggi di essere amministrati diventano dei limiti soprattutto per quei genitori anziani che, pur avendo le piene capacità cognitive rispetto all’età, si vedono trascinati davanti al giudice a causa di una conflittualità familiare o da una diffidenza regnante tra figli o addirittura da una coalizzazione tra loro per un interesse prettamente economico.

E’ di considerevole importanza tener presente ciò che emerge da alcune sentenze in cui i giudici non vedono il motivo per il quale alcuni soggetti, solo perché affetti da patologie, anche invalidanti, che inibiscano loro di provvedere autonomamente ai propri interessi, debbano necessariamente essere assistiti da un soggetto di nomina giudiziale, se sono concretamente in grado di esercitare con pienezza i loro diritti avvalendosi dell’aiuto da parte di terzi. In questi casi, sarebbe iniqua, e soprattutto superflua, la privazione, seppur parziale, della capacità di agire della persona.

Sulla scorta della giurisprudenza tutelare del tribunale di Milano (decreto del 3 novembre 2014), ad esempio, il decreto del giudice tutelare piemontese (sentenza del 16.10.2015), ribadisce che non ogni fragilità del soggetto conduce alla nomina di un amministratore di sostegno, ma occorre che tale vulnerabilità provochi un ostacolo nell’esercizio dei diritti o precluda vantaggi e utilità.

Amministratore di sostegno: ambito giuridico e peritale

Il decreto del tribunale pone l’accento su una lettura costituzionalmente corretta delle norme in tema di amministrazione di sostegno (art. 404 e seg. c.c.). E’ vero che lo Stato deve rimuovere gli ostacoli che, limitando l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana, ma è anche vero che lo stesso Stato deve costantemente richiedere l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale (art. 2 Cost.).

In ambito giuridico e peritale, l’entrata in vigore della legge del 9 gennaio 2004, n. 6 è stata un’innovazione poiché si è spostato il fuoco della valutazione dal piano della “patologia” a quello della “disfunzionalità”, da quello della “presunzione-approssimazione” a quello della “osservazione-misurazione” rivolto all’accertamento di concrete difficoltà ed impedimenti specifici che rendano la persona bisognosa di “sostegno” nel compimento di taluni atti e non di altri.

Il lavoro peritale è dunque teso non più – quanto meno non solo e necessariamente – alla formulazione di una diagnosi comprovante una condizione patologica nosograficamente ineccepibile, bensì al riconoscimento di quelle inadeguatezze e intralci oggettivamente apprezzabili che riducono l’autonomia della persona rispetto all’espletamento delle funzioni della vita quotidiana. Si tratta quindi di un lavoro peritale nuovo, perché improntato a nuovi criteri di valutazione; cambiano i presupposti su cui si fonda l’applicabilità della nuova misura di protezione e soprattutto si amplia la portata complessiva dell’elaborato peritale (Bandini e Zacheo, 2005).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Angelo Bianchi e Francesco Bilotta, (2011). L’amministratore di sostegno e gli altri istituti di tutela giuridica, 19-38.
  • Art.1 c.c., Legge 9 gennaio 2004, n.6.
  • Art. 2 c.c., Maggiore età. Capacità di agire.
  • Art. 404 e seg. c.c.
  • Art. 408 c.c., scelta dell’amministratore di sostegno.
  • Bandini T., Zacheo A., Amministratore di sostegno: un nuovo impegno per la medicina legale, in Riv It Med Leg, XXVII, 2005, pp. 3-7.
  • P. S. Appelbaum, Advance directives for psichiatrico treatment, in Hosp Comm Psychiatry, 1991, 42, pp. 983-984. S. I. Kim,
  • P. S. Appelbaum, The capacity to appoint a proxy and the possibility of concorrente proxy directives, in behav Sci la, 2006, 24, pp. 469-478.
  • Tribunale di Milano, decreto del 3 novembre 2014.
  • Tribunale di Vercelli, giudice tutelare, sentenza del 16 ottobre 2015.
                 
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