expand_lessAPRI WIDGET

La scienza che allunga la vita (2017) di Elissa Epel ed Elisabeth Blackburn – Recensione del libro

La rivoluzione dei telomeri identifica con rigore scientifico i fattori che impattano sul consumo dei telomeri e di conseguenza sulla longevità dell’organismo. Principale contributo del libro è l'identificazione degli aspetti psicologici che influenzano il processo di telomerasi

Di Massimo Agnoletti

Pubblicato il 13 Nov. 2018

Il libro La scienza che allunga la vita. La rivoluzione dei telomeri della psicologa esperta di stress Elissa Epel e della biologa molecolare premio Nobel Elisabeth Blackburn è un libro originale e pioneristico perché presenta in maniera divulgativa la recente scienza dei telomeri ovvero come fattori, tra i quali l’atteggiamento psicologico, lo stress cronico, l’alimentazione, il sonno e l’attività motoria, impattano direttamente su particolari strutture cromosomiche che determinano la nostra qualità ed aspettativa di vita.

 

Il libro, unico nel suo genere, è importante anche perché sancisce dal punto di vista letterario la nascita di un nuovo settore della psicologia: la Psicologia Epigenetica.

La scienza che allunga la vita. La rivoluzione dei telomeri è un libro scritto a quattro mani da due eminenti scienziate: il premio Nobel Elisabeth Blackburn, pioniera dello studio di particolari strutture biologiche considerate fondamentali per la longevità delle cellule (i telomeri), e la psicologa esperta di stress cronico Elissa Epel che ha avuto l’innovativa idea di esplorare l’impatto di alcuni aspetti psicologici sui telomeri.

Il libro è un testo ambizioso e complesso ma scritto con un linguaggio molto accessibile che descrive il clamoroso lavoro scientifico relativo ai telomeri accumulato soprattutto nell’arco degli ultimi due decenni.

Cosa sono i telomeri e perché sono tanto importanti?

Nel settore strettamente biologico i telomeri hanno rivoluzionato il concetto di invecchiamento cellulare perché le ricerche hanno identificato che queste strutture, che si trovano alle estremità dei cromosomi (i “contenitori” del DNA), rappresentano il nostro “orologio” biologico cellulare.

In altre parole, i telomeri sono l’indicatore di longevità e d’invecchiamento cellulare più affidabile attualmente conosciuto.

Queste strutture sono filamenti di DNA che non vengono mai espressi dalla cellula (quindi che non vengono mai “tradotti” in aminoacidi), che mano a mano si accorciano, per effetto del processo stesso di duplicazione, arrivando ad un numero massimo di duplicazioni (il cosiddetto limite di Hayflick). Quando questo numero massimo viene raggiunto, i telomeri sono talmente corti che non garantiscono più la capacità strutturale a tutto il resto del cromosoma determinandone il suo disfacimento.

Spesso, per far capire la funzione e la struttura dei telomeri, si utilizza la metafora dei terminali di plastica dei lacci delle scarpe che, se integri, garantiscono a tutto il laccio di essere usato propriamente ma, se si deteriorano, determinano lo sfilacciamento progressivo del tessuto che costituisce il laccio stesso.

In questa metafora il laccio rappresenta i nostri cromosomi ed il loro sfilacciamento raffigura il progressivo processo di senilità e di morte cellulare.

La cosa interessante è che se è vero che nasciamo con una determinata lunghezza di questi terminali, che si accorciano progressivamente durante il processo di sviluppo e manutenzione cellulare, è anche vero che la velocità relativa il “consumo” telomerico è estremamente variabile e dipendente da vari fattori.

Il libro La scienza che allunga la vita della Epel, che ho il piacere di conoscere personalmente, e della Blackburn identifica con rigore scientifico i fattori che impattano su questo “consumo” telomerico influenzando la longevità dell’organismo e la sua vulnerabilità nello sviluppare malattie croniche.

La grandezza della variabilità dell’accorciamento telomerico è molto elevata e dipende appunto da vari fattori che sono trattati ampliamente nel libro perché influenzano il funzionamento delle “macchinette” biologiche enzimatiche, la telomerasi, deputate a ricostruire i telomeri contrastandone almeno in parte il consumo.

Ritornando alla metafora dei lacci delle scarpe, gli enzimi della telomerasi potrebbero rappresentare dei piccoli sistemi che aggiungono minuscoli pezzettini di plastica ai terminali determinandone una maggiore vita (longevità) residua. A livello di processi biomolecolari questi speciali enzimi ricostruiscono frammenti di DNA aggiungendoli alle sequenze di basi che costituiscono i telomeri.

L’invecchiamento cellulare determinato dalla lunghezza dei telomeri ha quindi una proprietà “plastica” nel senso che può essere accelerato o rallentato in base alla tipologia di esperienza epigenetica che influenza la telomerasi e, in ultima analisi, i telomeri.

Il contributo originale del libro

Lo sforzo delle due autrici del libro La scienza che allunga la vita è quello di far capire quanto, ed in che modo, possiamo impattare sulla velocità di questo “consumo” telomerico. L’intento delle due scienziate è rendere maggiormente consapevoli le persone che dalle scelte quotidiane che facciamo deriva un determinato funzionamento che influenza la velocità di consumo dei nostri telomeri e, ad un livello più “macro”, la nostra longevità e qualità di vita.

Come espresso chiaramente nel testo il processo di senescenza rappresentato da telomeri molto corti dà l’avvio ad una dinamica che conduce a maggiori problemi infiammatori e relativi lo sviluppo di possibili cellule tumorali che sono espressi nella migliore delle ipotesi con una diminuzione della qualità di vita e nella peggiore con un’aspettativa di vita residua molto breve.

Il grande contributo di questo libro è aver stabilito come anche l’aspetto psicologico contribuisce a determinare ed influenzare la dinamica dei telomeri in misura molto significativa.

Naturalmente già si sapeva che un certo tipo di alimentazione, l’attività motoria o la qualità del sonno hanno un impatto (positivo o negativo) sulle nostre cellule e, nel lungo termine, sulla nostra salute e longevità, ma il libro contribuisce aggiungendo a questa conoscenza già assodata due elementi fondamentali ed inediti.

Il primo elemento è rappresentato dall’aggiungere il punto di vista epigenetico e quindi il dettaglio dei processi biomolecolari attraverso i quali avvengono queste dinamiche provenienti da percorsi causali almeno in parte indipendenti (alimentazione, sonno, movimento, aspetti psicologici, etc.).

Il secondo punto cardine è l’introduzione della connessione assolutamente inedita tra i fattori psicologici e la lunghezza dei telomeri: il personale modo di gestire lo stress, la frequenza nel praticare la meditazione, l’atteggiamento ottimistico/pessimistico, la percezione del supporto sociale, sono solo alcuni esempi delle modalità psicologiche che determinano in modo specifico e molto significativo l’accelerazione od il rallentamento dell’invecchiamento cellulare, definendone la longevità residua.

Quest’ultimo messaggio, relativo l’impatto psicologico sulle dinamiche epigenetiche cellulari telomeriche, è una delle caratteristiche forse più originali del libro perché oltre ad essere del tutto nuova è anche ricca di profonde implicazioni cliniche e legate al benessere personale.

Per questo motivo questo libro può essere considerato anche la pietra miliare di un nuovo settore della psicologia scientifica: la psicologia epigenetica ossia lo studio scientifico dell’influenza dei fattori psicologici (cognitivi, emotivi e motivazionali) sui processi epigenetici che consistono nella selettiva espressione del nostro patrimonio genetico.

Qual è dunque il messaggio fondamentale de La scienza che allunga la vita?

In estrema sintesi il messaggio principale del libro La scienza che allunga la vita è il maggiore controllo (e la conseguente maggiore responsabilità individuale e sociale) che possiamo esercitare dalla consapevolezza delle nostre scelte quotidiane sui fattori (psicologici, motori, nutrizionali, sociali, etc.) che ormai sappiamo influenzare direttamente l’invecchiamento del nostro organismo e la qualità della nostra vita.

La Dott.ssa Epel, durante una recente intervista mi ha risposto:

…penso che se le persone fossero più consapevoli che la nostra biologia sia plasmabile dalle esperienze che conduciamo allora di conseguenza avrebbero una maggiore percezione sulla capacità di controllo sulle loro vite, sulla loro salute mentale, sulle esperienze che scelgono di vivere e sulle loro scelte di vita.

Personalmente raccomando la lettura del libro La scienza che allunga la vita. La rivoluzione dei telomeri a tutti coloro (professionisti o meno) che sono interessati al benessere psicofisico e che apprezzano la preziosa, e a tratti rivoluzionaria, visione scientifica ricca di molteplici implicazioni legate al benessere personale.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Epel, E., Blackburn, E. (2017). La scienza allunga la vita. La rivoluzione dei telomeri. Mondadori
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
ARTICOLI CORRELATI
Terapia di esposizione e microbiota intestinale: verso una nuova psicologia clinica integrata e di precisione 

La comunità scientifica ha iniziato a chiedersi se si possa riscontrare qualche relazione tra il microbiota e i processi di estinzione della paura

Si può ereditare il trauma?

L'epigenetica del trauma si riferisce alle tracce genetiche del trauma dei nostri antenati nelle nostre vite e in quelle dei nostri figli

WordPress Ads
cancel