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Come le nostre aspettative influenzano percezione, attenzione e apprendimento

Uno studio dell'Università del Colorado prova a spiegare come le aspettative influenzano le nostre percezioni della realtà, l'attenzione e l'apprendimento

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 20 Nov. 2018

È ormai noto e conosciuto il principio per cui impariamo dall’esperienza e costruiamo aspettative circa il nostro futuro. Tuttavia esse sono in grado di influenzare il nostro apprendimento dando priorità a informazioni ambientali che le vanno a confermare in un circolo distorto che si autoalimenta.

 

Le aspettative inoltre influenzano il nostro giudizio sul dolore intensificandolo, come evidenzia il nuovo studio di Jepma e colleghi, del dipartimento di Psicologia dell’Università del Colorado, apparso recentemente su Nature Human Behaviour.

Aspettative: la nostra quotidianità ne è colma

Quante volte ci è capitato di sentire il suono tipico della ricezione di una notifica tanto attesa sul cellulare senza che questo suono ci sia però mai stato, oppure sentiamo dolore in un’area del nostro corpo senza che vi sia una visibile causa specifica sulla stessa? Quante volte cioè ci è capitato di avere delle aspettative o delle credenze che contrastano con l’evidenza?

Seguendo la classificazione nosografica della psicopatologia classica, potremmo etichettare questi fenomeni come anormali in quanto si tratterebbe dell’avvenuta percezione di stimoli (uditivi e sensoriali ad esempio) che nella realtà non si sono mai verificati, e in questo caso si legherebbe al concetto di allucinazioni per cui si rileva uno stimolo che non esiste; tuttavia un nuovo studio, recentemente pubblicato su Nature Human Behaviour, di Jepma, Koban, van Doorn e colleghi (2018) mostra come le nostre aspettative possano direttamente influenzare e modulare non solo i processi percettivi, come già evidenziato da Sterzer, Frith & Petrovic (2008), ma anche generare dei bias nell’apprendimento che le mantengono in modo persistente nel tempo e le sostengono, anche se ripetutamente disconfermate dall’esterno.

Aspettative: lo studio per capire se e come influenzano percezione e apprendimento

Gli autori dello studio preso in considerazione (Jepma, Koban et al., 2018) hanno infatti esplorato l’influenza della generazione delle aspettative sia nella percezione che nell’apprendimento in due esperimenti, associando modelli computazionali cosiddetti trial-by-trial circa le aspettative sul dolore, con i punteggi relativi alla sua intensità; i soggetti sperimentali, 28 volontari nel primo esperimento e 34 nel secondo, hanno seguito una prima fase di apprendimento in cui hanno imparato ad associare un primo indizio visivo ad una simbolica rappresentazione del dolore, l’immagine di un termometro, indicante una temperatura alta (l’aspettativa di un dolore ad intensità alta) o bassa (l’aspettativa di un dolore a bassa intensità).

Nella seconda fase, quella di test, per ogni trial, i soggetti, all’interno dello scanner della risonanza magnetica funzionale, hanno dovuto indicare quanto dolore si sarebbero aspettati a seguito della visione dell’indizio, precedentemente appreso, su una scala da 0 a 100, a cui seguiva però un’ulteriore fase in cui essi ricevevano effettivamente uno stimolo doloroso all’avambraccio o sulla gamba tramite una punta termoriscaldata da 32°C a 49°C.

I risultati ottenuti hanno sottolineato come l’avere alte aspettative circa il dolore aumentava i giudizi circa l’intensità del dolore come riportato dai punteggi self-report dei soggetti e attivava una robusta risposta nei network cerebrali coinvolti nel processamento del dolore, confermando così un effetto diretto delle aspettative su di esso sia a livello di dolore percepito che di attivazione neurale, generando un loop tra aspettative e dolore.

Aspettative: influenzano l’attenzione

Inoltre, e questo può essere considerato l’apporto maggiore proveniente dalla ricerca di Jepma e colleghi (2018), i partecipanti allo studio si sono mostrati altamente selettivi nel modo in cui trattavano le prove fornite dal trial che stavano svolgendo per predire gli outcome dei trial successivi: infatti se l’intensità del dolore percepita era maggiore rispetto alla previsione fatta dal soggetto, quest’ultimo tendeva ad aumentare le proprie aspettative circa la presenza di una maggiore intensità del dolore anche nel trial successivo soprattutto se gli veniva presentato quell’indizio a cui aveva imparato ad associare una “temperatura” alta e quindi un’alta intensità di dolore; tendeva altresì a disconfermare la propria credenza sull’intensità del dolore prevista se gli venivano poi presentati cue associati ad una “temperatura” bassa (Jepma, Koban et al., 2018).

I punteggi riportati dai soggetti sperimentali hanno così confermato la tendenza ad apprendere, utilizzare e a prestare attenzione in modo selettivo alle informazioni ambientali che sono in linea con le proprie credenze e aspettative e ad ignorare le prove, anche concrete, che possono disconfermarle.

Ogni discrepanza tra ciò che il soggetto si aspetta, sulla base del suo bagaglio conoscitivo e di apprendimento, e ciò che si verifica ed esperisce nella realtà, dovrebbe “costringerlo” a riformulare e rivedere le sue previsione e aspettative stesse; tuttavia le evidenze riportate da Jepma e colleghi (2018) mostrano come non tutte le informazioni concrete che ci vengono fornite a disconferma delle nostre aspettative vengono soppesate ed utilizzate allo stesso modo, per cui di conseguenza si tende a confermare i propri bias.

Gli individui attivamente, sebbene non ne siano pienamente consapevoli, creano un percetto, un’informazione che viene modulata sulla base delle proprie aspettative come in una profezia che si auto-avvera, dove una falsa interpretazione di una situazione di fatto attiva un comportamento che va a confermare l’originale falsa concezione.

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