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Disturbo da Stress Post Traumatico: due tipologie a confronto

Disturbo da Stress Post Traumatico: nel DSM 5 ne viene descritta la sintomatologia. Un articolo del 2010 ha individuato due diverse tipologie di PTSD, che presentano una base neuroanatomica differente e per le quali sarebbe opportuno procedere in modo diverso dal punto di vista clinico.

Di Raffaele Avico

Pubblicato il 05 Ott. 2018

Aggiornato il 15 Ott. 2018 10:13

Nel DSM 5 il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) è definito dalla coesistenza di 4 cluster sintomatologici. Un importante articolo del 2010 ha individuato delle sotto-catagorie di PTSD e da allora si è aperto il dibattito.

 

Ecco i cluster sintomatologici che definiscono il PTSD secoondo il DSM 5

  • Riesperienza (pensieri intrusivi, flashbacks, incubi)
  • Evitamento (deficit di memoria, senso di distacco, tentativo di evitare il pensiero di luoghi o di persone associati al trauma, rinuncia alla socializzazione
  • Alterazioni negative (umore, memoria, cognizione)
  • Ipereccitabilità (tendenza a trasalire, ipervigilanza, irritabilità, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione)

Disturbo da Stress Post Traumatico: le sottocategorie individuate da Lanius e collaboratori nel 2010

Nell’articolo scritto da Lanius e altri collaboratori, del 2010 e pubblicato sull’American Journal of Psychiatry, viene profilata una sotto-categoria di Disturbo da Stress Post Traumatico a partire da uno studio di neuroimaging tramite fMRI effettuato su pazienti affetti da PTSD.

In questo studio si osservano differenti attivazioni di zone coinvolte nella gestione della memoria traumatica che sembravano rispondere a diversi “stili” di PTSD: con e senza sintomi dissociativi invalidanti. Questo ha permesso agli autori di ipotizzare l’esistenza di una sotto-categoria del PTSD (quella dissociativa), che in termini clinici rappresenterebbe un elemento importante per effettuare diagnosi differenziali.

Inoltre, gli attuali sviluppi relativi al Disturbo da Stress Post Traumatico che si rifanno alla teoria polivagale di Porges, sembrano corroborare la tesi che esistano diverse tipologie di risposte a delineare, come in questo articolo è sostenuto, due tipologie diverse di PTSD:

  • quella “classica”, con i sintomi da PTSD canonici (iper-arousal e pensieri intrusivi ricorrenti), osservata su soggetti meno “inibiti” dall’effetto modulatore della corteccia prefrontale (“emotional undermodulation”)
  • quella “dissociativa”, osservata nei pazienti con maggiore inibizione limbica: in questo caso si osservava un “collassare” delle competenze cognitive, insieme ad una generale impressione di “ipoarousal”. Gli autori parlano in questo caso della dissociazione come di una strategia estrema di coping: “gli autori suggeriscono che questi dati vadano a supportare la teoria che la dissociazione sia una strategia di regolazione invocata per far fronte a un arousal estremo nel PTSD, ottenuto attraverso l’iperinibizione delle regioni limbiche -e che questa strategia di fronteggiamento sia più attiva durante un vissuto cosciente di minaccia”

PTSD: le diverse tipologie dal punto di vista neuroanatomico

In senso neuroanatomico, si è osservato in queste due modalità distinte di gestione del Disturbo da Stress Post Traumatico, una differente attivazione delle aree cerebrali che avrebbero modulato l’attivazione limbica in caso di minaccia:

  • nel PTSD non dissociativo, vi sarebbe stata una sotto-inibizione della fisiologica risposta limbica al senso di minaccia (e da qui il riproporsi del ricordo traumatico altamente intrusivo);
  • nel caso invece del sottotipo dissociativo, vi sarebbe stata una iper-inibizione della risposta limbica (e la risposta dissociativa come diretta conseguenza, con tutti i crolli cognitivi associati -memoria, attenzione, etc.).

Gli autori propongono un modello che vede diversi livelli di gravità del Disturbo da Stress Post Traumatico: Lanius, autrice del volume La cura del sé traumatizzato, è d’accordo sul pensare che esista una sorta di meccanismo a “dente di sega” per cui uno stimolo traumatico viene elaborato fino a quando è possibile: il cervello se ne fa carico, ma oltre una certa soglia, vi sarebbe un collasso difensivo (come si osserva nei casi più gravi di PTSD), mediato dall’intervento “regolativo” della corteccia prefrontale:

The corticolimbic inhibition model postulates that once a threshold of anxiety is reached, the medial prefrontal cortex inhibits emotional processing in limbic structures (the amygdala), which in turn leads to a dampening of sympathetic output and reduced emotional experiencing

In questo articolo, inoltre, vengono citati moltissimi altri lavori in cui viene delineata la presenza di due tipologie distinte di Disturbo da Stress Post Traumatico, con un funzionamento simile a quello descritto, che andrebbero a supportare l’ipotesi iniziale.

PTSD: i trattamenti d’elezione delle diverse tipologie

Per quanto riguarda il tipo non-dissociativo di Disturbo da Stress Post Traumatico, in questo articolo viene raccomandato un utilizzo prudente della terapia espositiva (verso una desensibilizzazione al ricordo del trauma). Per quanto riguarda il tipo dissociativo di PTSD, la questione si fa più complessa perchè il quadro dissociativo inibisce, tra le altre cose, la possibilità di apprendere dall’esperienza secondo un modello classico di condizionamento classico (che è il cuore della terapia espositiva). Gli autori ritengono più utile in questo caso rifarsi al modello “tri-fasico” usato in ambito di psicotraumatologia.

 

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