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Maternità e disturbi dell’umore: osservate differenze nel riconoscimento delle espressioni emotive infantili

I Disturbi dell'umore, depressione o disturbo bipolare, hanno una maggiore incidenza nella popolazione femminile. Tale dato, associato ad un'alterazione di questi soggetti nella valutazione degli stati emotivi altrui, potrebbe comportare una serie di difficoltà alle madri nell'interazione con il proprio bambino.

Di Martina Bandera

Pubblicato il 25 Ott. 2018

Una nuova ricerca presentata al Congresso European College of Neuropsychopharmacology ha rivelato che le donne che hanno sofferto di depressione o disturbo bipolare presentano un’alterazione nell’abilità di riconoscere le espressioni emotive dei bambini.

 

Quasi l’8% della popolazione europea ha sofferto in tempi recenti (negli ultimi 12 mesi) di depressione, con un tasso di prevalenza femminile intorno al 9,7% superiore di circa il 50% rispetto a quella maschile; la percentuale di presenza del disturbo bipolare invece è leggermente inferiore.

Ogni anno l’Europa assiste a oltre 5 milioni di nuove nascite.

Unendo questi dati si può notare come un numero significativo di donne in dolce attesa potrebbero soffrire o hanno sofferto in passato di depressione o disturbo bipolare.

Disturbi dell’umore: come influenzano l’esperienza materna?

Un recente studio presentato al Congresso di Barcellona ha mostrato che le donne incinte che hanno vissuto in passato periodi di depressione o disturbo bipolare riconoscono i volti dei bambini e le espressioni di pianto o riso in modo diverso rispetto alle donne sane. Quest’alterazione è presente anche se al momento dell’esperimento le donne non presentavano alcun sintomo psicopatologico.

Per lo studio i ricercatori hanno confrontato 57 donne in gravidanza: di queste, 22 presentavano nella storia passata episodi di depressione, 7 avevano sofferto di disturbo bipolare e la restante parte era rappresentata dal gruppo di controllo senza alcuna psicopatologia passata. Per ottenere ulteriore riprova dell’ipotesi sperimentale i ricercatori hanno previsto un gruppo di controllo composto da 18 donne non gravide e senza disturbi psicologici.

Tra il settimo e nono mese di gestazione, alle donne è stato chiesto di osservare una serie di facce felici o tristi ed espressioni di pianto o di riso sia di bambini che di adulti. In particolare il compito sperimentale prevedeva di valutare quanto i bambini fossero felici o angosciati in base all’espressione facciale e vocale delle emozioni; inoltre è stato chiesto di valutare l’intensità delle espressioni facciali di emozioni quali felicità, tristezza, paura e disgusto in soggetti adulti.

La ricercatrice principale Anne Bjertrup ha affermato:

Dai risultati degli esperimenti abbiamo scoperto che le donne incinte con storie di depressione o disturbo bipolare elaborano i segnali facciali e vocali delle emozioni in modo diverso, anche quando non stanno vivendo episodi depressivi o bipolari. Quest’alterazione potrebbe compromettere la capacità di queste donne di riconoscere, interpretare e rispondere appropriatamente ai segnali emotivi dei loro futuri bambini.

In particolare dallo studio è emerso che le donne che hanno esperito episodi bipolari nel passato hanno avuto difficoltà nel riconoscere tutte le espressioni facciali mostrando un “bias di elaborazione del volto positivo”, che significa un miglior riconoscimento e una valutazione più positiva dei volti felici sia degli adulti che dei neonati. Al contrario le donne con una precedente storia di depressione hanno mostrato un giudizio negativo nel riconoscimento delle espressioni facciali adulte e delle grida infantili che sono state valutate in modo maggiormente negativo.

La Bjertrup ha chiarito:

Questo è uno studio pilota per cui è necessario replicare i risultati in un campione più ampio. Sappiamo che la depressione e il disturbo bipolare sono altamente ereditabili a causa del ruolo dei fattori genetici, tuttavia appare estremamente importante anche la qualità dell’interazione precoce tra mamma e figlio. La diversa risposta cognitiva ai segnali emotivi dei bambini in queste donne può rendere più complesso il legame di attaccamento il che potrebbe rappresentare un precoce fattore di rischio per questi bambini.

In conclusione

I risultati trovati mostrano la presenza di un’alterazione nei giudizi emotivi delle persone con disturbi dell’umore anche se in remissione e, per la prima volta, pongono l’attenzione su una possibile difficoltà nell’interazione madre-bambino. Ciò non significa che queste donne non siano in grado di accudire i figli e non assume con certezza un possibile rischio per i loro bambini.

Appaiono necessari ulteriori studi per progettare programmi di screening e di intervento che possano aiutare le madri ad interpretare in modo più efficace i segnali emotivi dei loro figli. I lavori futuri potrebbero essere interessati a vedere se le evidenze emerse da questo studio mostrino veramente un effetto significativo sul rapporto mamma-bambino e se questo tipo di interazione possa avere un impatto negativo sullo sviluppo psicologico dei bambini.

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