Negli ultimi decenni le neuroscienze hanno fatto significativi progressi nella comprensione di come il cervello si rappresenti le informazioni numeriche e come sostenga le computazioni matematiche (Marangolo & Carlomagno, 2007).
Francesca Fumagalli, Open School Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Milano
Henschen (1919) parlò di “acalculia” definendola come un disturbo acquisito del processamento numerico e nel calcolo dovuto ad una lesione cerebrale. Prima di Henschen, erano presenti in letteratura altre analisi e ipotesi di definizione dei disturbi di calcolo, anche se molti di questi casi furono interpretati come conseguenze di deficit della facoltà di linguaggio (Graziano, 2009). L’ acalculia venne descritta come una sindrome non unitaria, che può assumere forme diverse; è funzionalmente indipendente da altre funzioni cognitive (ad esempio dall’afasia). Berger nel 1926 introdusse la distinzione tra acalculia primaria o “pura”, corrispondente alla perdita di concetti numerici ed alla incapacità di capire o eseguire operazioni aritmetiche, e acalculia secondaria, che corrispondeva a difficoltà del calcolo derivante da altri deficit cognitivi (Graziano, 2009).
Acalculia: numeri e calcoli diventano una difficoltà
Gerstmann (1940) ipotizzò che l’ acalculia primaria fosse sempre associata a disgrafia, disorientamento destra-sinistra ed agnosia: tale sindrome è da allora conosciuta come sindrome di Gerstmann; studi più moderni hanno mostrato una correlazione tra la sindrome e danni parietali posteriori di sinistra (Mazzoni el al., 1990). Hécaen e collaboratori (1961) propongono una classificazione dell’ acalculia individuandone una forma con difficoltà di lettura e scrittura di numeri (isolate o associate a disturbi del linguaggio); l’ acalculia spaziale, che risulterebbe associata a disordini spaziali generali; infine, proposero il termine “anaritmetia” per indicare un deficit selettivo delle abilità di calcolo frequentemente associata a lesioni parietali sinistre. Tale classificazione classica non è tuttavia in grado di spiegare la varietà dei deficit di calcolo ed elaborazione numerica (Girelli & Seron, 2001).
Grazie a studi neuropsicologici clinici e di neuroimaging strutturale e funzionale è stato possibile osservare pazienti con lesioni cerebrali acute, croniche o degenerative che presentano specifiche difficoltà di processamento numerico e di calcolo che prendono il nome di acalculia acquisita (Hécaen & Angelergues, 1961; Semenza, 2008). Difatti, i disturbi acquisiti di numeri e del calcolo non sono infrequenti a seguito di una patologia neurologica diffusa o focale (Marangolo & Carlomagno, 2007). La frequenza dei disturbi acquisiti nell’uso dei numeri e del calcolo nei pazienti neurologici varia dal 10% al 90% a seconda della patologia sottostante e della localizzazione della lesione (Cappa et al., EFSN, 2011; Cappelletti et al., 2012). Nello specifico, l’incidenza di acalculia in pazienti con lesioni emisferiche sinistre è del 16-28%, in pazienti con demenza di Alzheimer in fase iniziale del 90% (Carlomagno et al.,1999). Anche lesioni emisferiche destre, in particolare parietali e a livello del giro angolare di destra, possono determinare deficit numerici/aritmetici, ad esempio fallimento nel recupero dei fatti aritmetici, nell’applicare il riporto o il prestito, non necessariamente associati a disturbi visuo-spaziali o negligenza spaziale unilaterale (Benavides-Varela et al., 2014; 2016).
Tali disturbi possono presentarsi quindi associati ad afasia (prevalentemente per lesioni emisferiche sinistre), ma possono anche presentarsi in assenza di deficit linguistici; inoltre errori linguistici in persone afasiche (quali ad esempio le parafasie) possono mascherare in realtà abilità di calcolo pressoché integre (Marangolo & Carlomagno, 2007).
Per molto tempo trascurati, a partire dagli anni ’80 del Novecento l’analisi dei profili di soggetti cerebrolesi sinistri con deficit di calcolo ha permesso di sviluppare modelli che spiegassero la struttura e il funzionamento dei meccanismi e moduli cognitivi che sono alla base di tale abilità. Si alternarono differenti ipotesi e modelli di elaborazione, tutti caratterizzati dall’idea condivisa di un’indipendenza funzionale tra il sistema preposto a comprensione e produzione dei numeri e quello dedicato all’elaborazione del calcolo (Marangolo & Carlomagno, 2007).
Acalculia: modelli di funzionamento dei sistemi numerici e di calcolo
In particolare, secondo il modello del triplice codice di Dehaene (1992) la nostra mente rappresenta i numeri secondo tre diversi codici: uno visuo-arabico rappresenta i numeri come stringhe di cifre (125); uno uditivo-verbale li rappresenta come sequenze sintatticamente organizzate di parole (centoventicinque); infine il codice analogico di grandezza li rappresenta come porzioni di attivazione lungo un’ipotetica linea numerica e veicola informazioni semantiche. Ogni codice sarebbe deputato a compiti numerici specifici. Secondo questo modello l’uomo possiede una dotazione innata o senso numerico che gli permette di apprezzare gli aspetti quantitativi del nostro ambiente, che avrebbe sede neurale a livello del solco intraparietale (Girelli, 2013).
Da menzionare inoltre il modello di McCloskey (1992), il quale cercò di effettuare un’analisi funzionale presuppone l’esistenza di moduli di elaborazione indipendenti deputati a comprensione orale e scritta e produzione orale e scritta dei numeri in codice arabico (4), fonologico (quattro) e ortografico [QUATTRO], connessi tramite una componente centrale che conserverebbe la conoscenza semantica del numero ( ad esempio che 5 è maggiore di 4). Ogni sottocomponente poi prevede meccanismi lessicali e sintattici che determinano la produzione delle singole cifre che compongono il numero e i rapporti tra le cifre all’interno del numero. Lo studio degli errori commessi dai pazienti ha permesso di stabilire l’indipendenza tra meccanismi lessicali e sintattici: nel primo caso gli errori erano sostituzioni di una o più cifre dello stimolo il cui ordine di grandezza era sempre adeguato (ad esempio 357 al posto di 356); nel caso dei meccanismi sintattici lesi, errori tipici sono risposte di ordine di grandezza sbagliate ( ad esempio 356 > di 30056). Al modello si aggiunge un modulo indipendente preposto alle operazioni di calcolo, composto da sottocomponenti con funzioni differenti: la componente dedicata al riconoscimento dei segni aritmetici, passaggio importante perché è il segno che stabilisce le procedure a cui sottoporre i numeri coinvolti nell’operazione (Capasso & Miceli, 2001); i fatti aritmetici, ossia problemi elementari alla cui soluzione si accede automaticamente tramite l’attivazione di sistemi di memoria procedurale; infine le procedure di calcolo, che consistono nella conoscenza dei passaggi che applichiamo nel risolvere un operazione. Un deficit delle procedure di calcolo si evidenza con errori dovuti alla mancata applicazione di una più regole quali ad esempio l’incolonnamento, il riporto o il prestito.
Altri studi hanno permesso caratterizzare meglio le conoscenze del sistema numerico, in particolare è stato dimostrato che i numeri rappresentano una categoria lessicale-semantica distinta dalle parole (Piras & Marangolo, 2009) e da altre conoscenze semantiche, ad esempio per i colori (Eger et al., 2003)o le parti del corpo (Le Clec’ et al., 2000). I disturbi acquisiti nell’uso dei numeri e del calcolo rappresentano deficit in parte misconosciuti ma seriamente invalidanti (Marangolo & Carlomagno, 2007); inoltre , le abilità numeriche sono fortemente sensibili al danno cerebrale (Girelli & Seron, 2001). Molte delle nostre attività quotidiane richiedono di riconoscere, comprendere e produrre numeri o svolgere calcoli aritmetici. Difatti, usiamo i numeri per designare e così assumono la forma di numeri enciclopedici: etichette nominali, date familiari o storiche, informazioni numeriche autobiografiche; i numeri vengono utilizzati anche per ordinare, ossia mettere in una sequenza logica i vari elementi, in questo caso si parla di numeri ordinali. Infine, con i numeri cardinali contiamo e confrontiamo, ossia calcoliamo una quantità. I numeri servono quindi a comunicare e condividere informazioni generali (ad esempio in che anno siamo) o personali (ad esempio età, quantità di figli, numero di scarpe), per gestire il tempo e gli appuntamenti, per fare acquisti usando i soldi, per cucinare, e ancora per assumere una terapia o prendere decisioni (comprendendo frequenze e percentuali).
Acalculia: come fare diagnosi
Alla luce dell’impatto che un deficit acquisito del calcolo può avere nella vita di tutti i giorni, la valutazione clinica delle abilità numeriche deve permettere di stabilire la presenza di un deficit, identificandolo, e stabilire l’impatto nelle autonomie quotidiane. Questo per programmare (laddove possibile) un intervento riabilitativo, usando la strategia di apprendimento ottimale. La natura degli errori, così come il punteggio totale, è una importante informazione diagnostica: è bene quindi documentare sempre le varie tipologie di errori.
Per la valutazione neuropsicologica si possono usare vari strumenti tra cui:
- Test standardizzato per la diagnosi di acalculia (Basso e Capitani, 1979). Test clinico creato allo scopo di quantificare i disturbi di calcolo riscontrati nei soggetti cerebrolesi, non permette tuttavia una diagnosi funzionale. Il test presenta campione normativo.
- Batteria per la valutazione dei disturbi del sistema di elaborazione dei numeri e del calcolo (Miceli & Capasso, 1991). E’ basata sul modello di McCloskey e valuta il sistema di elaborazione dei numeri e del calcolo con svariate prove, in varie modalità di input e output, con un elevato numero di stimoli; non ha tuttavia un campione normativo di riferimento ma si rileva utile nella programmazione e nel follow-up di terapie mirate ad aspetti specifici del deficit discalculico.
- Batteria EC 301 per la valutazione dei pazienti adulti cerebrolesi (Dellatollas et al., 1993). Batteria che aggiunge alle prove sopra menzionate anche compiti di conta, numerazione, posizionamento di numeri su scala visuo-analogica e prove volte ad indagare conoscenza numeriche precise ( ad esempio, quante ruote ha una macchina). È disponibile anche una versione semplificata (EC 301 R) che richiede minor tempo di somministrazione, entrambe le versioni non sono però commercialmente disponibili in Italia. La versione breve inoltre si è rilevata utile nel definire gli aspetti dei deficit di calcolo ed elaborazione numeri in pazienti con demenza di Alzherimer in fase iniziale (Carlomagno et al., 1999).
- Number processing and calculation battery – NPC (Delazer et al., 2003). Consta di 35 prove tra le quali conteggio, comprensione dei numeri (giudizi pari/dispari, comprensione di quantità), transcodifica numerica tra vari formati, calcolo (fatti, regole, procedure, a mente, approssimativo), ragionamento aritmetico nella vita quotidiana e conoscenza concettuale (comprensione di principi aritmetici); ha un campione normativo di riferimento e permette dato il numero complessivo di item e subtest una deifinzione dettagliata del deficit del soggetto.
- Numerical activity of daily life – NADL (Semenza et al., 2014). Consente di valutare le abilità numeriche del paziente usando brevi prove di difficoltà crescente, valutando come le attività della vita quotidiana dipendono da specifiche abilità numeriche. Fornisce le basi per un successivo intervento basato su specifici pattern di deficit. Ha un campione normativo.
Acalculia: strategie di riabilitazione e recupero
Per quanto concerne la fase riabilitativa, tuttora la conoscenza su strategie di recupero più efficaci è limitata, in particolare perché gli studi di riabilitazione sono pochi e basati su casi singoli o piccoli gruppi; inoltre spesso non è stato valutato l’outcome funzionale e solo in un limitato numero di casi la generalizzazione. Per impostare un trattamento specifico è fondamentale non solo effettuare una diagnosi approfondita a livello funzionale, ma anche considerare motivazione e aspettative del paziente, che spesso sono strettamente connesse con le modalità di utilizzo premorbose del sistema numerico: per coloro il cui ex lavoro richiedeva una costante manipolazione di numeri, come ad esempio cassieri o insegnanti, l’impatto del deterioramento nel calcolo può essere particolarmente drammatico (Rizzi, 2014).
Fondamentalmente vengono usati due approcci: restitutivo e compensativo (Girelli & Seron, 2001).
- L’approccio restitutivo consiste nel ri-apprendimento tramite pratica intensa (reimparare i fatti aritmetici o rendere nuovamente automatico il processo di recupero), alla cui base vi è l’ipotesi che la pratica così strutturata possa favorire il recupero di funzionalità delle componenti lese (Girelli & Seron, 2001). Per esempio, pensiamo ad un deficit specifico nel recupero dei fatti aritmetici: si assume che un adulto con capacità nella norma sia in grado di eseguire l’operazione “4 x 5” recuperandola rapidamente dal magazzino di memoria a lungo termine. Un paziente con compromessa abilità di recupero dei fatti aritmetici potrebbe fallire in tale recupero e quindi, dopo un’elaborazione numerica, rispondere sbagliato. A questo punto si può lavorare affinché il paziente re-impari l’informazione o ri-automatizzi il processo di recupero del fatto aritmetico. può essere sottoposto a problemi matematici a cui non sa rispondere correttamente in una modalità di “drill”, ossia frequente e intensa, finché l’associazione tra problema e risposta corretta viene recuperata.
- La modalità compensativa prevede la promozione dell’uso di strategie di “back-up” sulla base delle strategie residue del paziente. Pensando allo stesso paziente citato poco sopra, la riabilitazione potrebbe fondarsi su procedure di conteggio: 6×4 diventerebbe 6+6+6+6 o di decomposizione: 7+8 scomposto in 7+3=10 10 +5= ) (Cappa et al., EFSN 2011; Girelli & Seron, 2001).
Questa è solo una breve descrizione del deficit del sistema numerico e del calcolo e delle possibilità per individuarlo e valutarlo; data la ricaduta che tali difficoltà hanno nella quotidianità, diventa di cruciale importanza non solo la fase valutativa, ma anche la possibilità di impostare trattamenti riabilitativi specifici, impostati sul profilo di deficitarietà e di residualità di ciascun paziente.