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La terapia dei due cartellini – Ciottoli di Psicopatologia Generale Nr. 33

Chi soffre di disturbi d'ansia è alla costante ricerca di rassicurazioni che tuttavia non saranno mai abbastanza. La psicoterapia mira a rendere il paziente capace di padroneggiare le proprie paure e per farlo si possono usare strategie anche molto creative, meglio ancora se pensate insieme al paziente stesso.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 08 Ago. 2018

Affrontare i disturbi d’ansia significa mettere in atto la terapia dei due cartellini e imparare a muoversi all’interno di due momenti che potremmo definire uno in “levare” e l’altro in “mettere”. Con questi termini intendiamo rispettivamente la critica delle proprie credenze irrazionali e l’accettazione di ciò che potrebbe succedere e non è possibile cambiare.

CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE – La terapia dei due cartellini (Nr. 33)

 

La terapia dei due cartellini: non si tratta di nulla di innovativo ma della simpatica definizione data da un mio paziente per il proprio personale utilizzo alla terapia dei disturbi d’ansia che, gli avevo spiegato, prevede sostanzialmente due momenti: uno in “levare” e l’altro in “mettere”.

Quello in “levare” corrisponde alla rassicurazione, ovvero cerca di convincere l’interessato che l’evento temuto non è così probabile come da lui stimato. È quello che fanno tutti, amici e parenti, pur senza essere specializzati. Non è molto originale, spesso non risolutivo perché le rassicurazioni sono come le ciliegie, una tira l’altra e non bastano mai e non si giunge alla madre di tutte le rassicurazioni.

Una mia paziente ipocondriaca che ogni volta portava le proprie preoccupazioni di avere malattie mortali suffragate da ricerche su internet guidate dall’attenzione selettiva, un giorno giunse in terapia con aria trionfante dicendomi “dottore questa volta non mi tiri fuori scuse: ho un tumore al rene”. Chiedendole quali sintomi e che prove avesse mi rispose “ho visto su internet che il tumore renale può essere completamente asintomatico”.

Ho chiamato movimento del “levare” quello della rassicurazione perchè si tolgono prove a sostegno del verificarsi dell’evento temuto e dunque esso è molto meno probabile di quanto appaia al paziente.

Disturbi d’ansia e bias cognitivi: a cosa servono i cartellini?

Dicevo prima che questo lo fanno già amici e conoscenti e dunque per meritarci la nostra ricompensa dobbiamo farlo in modo più efficace e penso che tale efficacia non debba risiedere nella presunta nostra autorità o autorevolezza “è così perchè glielo dico io che sono esperto” ma fondato sulla ragionevolezza e deve dunque evidenziare tutti quei bias cognitivi che portano ad una sovrastima della probabilità:

  • better safe than sorry
  • euristica della rappresentabilità
  • attenzione selettiva
  • errato calcolo delle probabilità multiple
  • pensiero magico
  • ecc
  • ecc
  • ecc

Il paziente va abituato a riconoscerli e immunizzarli tornando ad un ragionamento corretto.

Il primo cartellino, giallo come quello dell’ammonizione nel gioco del calcio, è dunque quello dell’improbabilità che tuttavia non è mai impossibilità. Anche le cose più improbabili possono verificarsi.

Il secondo cartellino ideato dal mio paziente corrisponde alla più profonda pratica dell’accettazione, lo volle rosso come quello dell’espulsione e lo chiamò “e sti cazzi?” .

Mi piace chiamarlo il movimento del “mettere” perchè si tratta di popolare con previsione l’ignoto, l’area temuta proprio perchè ritenuta impensabile. L’ignoto, come il buio, si popola di mostri. Ellis molti anni prima aveva chiamato tale pratica, più elegantemente decatastrofizzazione, cercando di far vedere al paziente gli effetti reali dell’evento negativo non aggiungendovi ulteriori terribili e improbabili catastrofi.

Essere bocciati ad un esame comporta aver perso alcune settimane o mesi di studio, non il non valere niente, essere la feccia dell’umanità e finire abbandonato da tutti.

Nel mio sfrenato ottimismo ho pensato di arricchire questo secondo cartellino con le nuove possibilità che il temuto fallimento può aprire. Ad esempio, solo chi perde i genitori può andare alle gite per gli orfani, solo le vedove possono ritrovare nuovi sollazzi senza sentirsi in colpa, gli invalidi hanno la pensione e il parcheggio sotto casa.

Con il mio paziente abbiamo arricchito il cartellino giallo dell’ammonizione dell’ansia elencando sul retro tutti i bias con cui si finisce per sovrastimare le probabilità. Sul retro del cartellino rosso “e sti cazzi?”, il suo preferito, abbiamo messo una schedina per l’immaginazione guidata su come sarebbe esattamente la sua esistenza nella condizione temuta, che invita a guardare ad altri che la stanno vivendo con una particolare attenzione e ad elencarne anche opportunità e vantaggi.

Il mio paziente va fiero con i suoi cartellini nel taschino.

 

RUBRICA CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE

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