Gianluca Frazzoni è quel non frequente clinico che sa scrivere e sa raccontare la sofferenza emotiva. Nella sua ultima opera, pubblicata da Alpes, si occupa di un tipo particolare di dubbio ossessivo. È possibile scoprire all’improvviso di essere gay?
Perché una persona sviluppa il pensiero intrusivo di essere omosessuale?
Questo libro nasce dall’esperienza clinica con molti pazienti, donne e uomini, tormentati dal dubbio di non conoscere realmente il proprio orientamento, fino ad oggi percepito e vissuto come eterosessuale. A questa fantasia si accompagnano, anzi concorrono a crearla, numerose convinzioni irrazionali. L’idea che l’orientamento sessuale sia mutevole, la paura di aver ignorato segnali o indizi che indicavano un’attrazione per le persone del proprio sesso, la ricerca di prove che possano confutare o avvalorare l’ossessione: questi e altri elementi caratterizzano un fenomeno psicologico che, è bene ricordarlo, nasce da una base emotiva e solo in un secondo momento diventa un contenuto cognitivo.
Le origini del dubbio
I fattori che lo determinano riguardano un sentimento generalizzato di inadeguatezza, inferiorità, diversità; spesso nella storia personale vi è la sensazione di non essere accolti e apprezzati all’interno della propria famiglia, la sensazione di non essere al sicuro nelle relazioni con gli altri, l’impossibilità di tollerare una perdita di controllo sulle proprie emozioni e sui pensieri ad esse correlati.
La fantasia di essere gay è un contenuto mentale che la razionalità non prevede e non governa, sorge da stati emotivi che hanno radici molto più profonde e sfaccettate.
L’ossessione rappresenta una sorta di spostamento, di difesa razionale o pseudorazionale, che ha la funzione di concentrare in un pensiero, in una singola tematica, la sofferenza emotiva non elaborata e in parte sconosciuta.
Un aspetto fondamentale è la difficoltà di fidarsi delle proprie percezioni e di riconoscere le differenti emozioni: l’ansia viene scambiata per eccitazione sessuale e questo consolida il contenuto dei pensieri intrusivi, il corpo si attiva e sembra generare le reazioni tipiche dell’attrazione. Ciò che in passato era vissuto come desiderio fisico nei confronti dell’altro sesso viene improvvisamente messo in discussione, come se non fosse più possibile fidarsi di ciò che il corpo ha sempre manifestato.
La ricerca di prove è destinata unicamente a rinforzare le convinzioni irrazionali poiché viene innescata dall’ansia e si indirizza verso interpretazioni distorte, utili solo ad accrescere la paura.
È plausibile che alla base di queste ossessioni vi sia l’omofobia?
Ciò che emerge dall’esperienza clinica è che nella maggior parte dei casi il collegamento tra l’omosessualità e una condizione di infelice diversità appartenga alla sfera delle emozioni più intime del paziente, ma non ad una sostanziale omofobia.
Spesso vi è l’impossibilità, maturata all’interno delle relazioni familiari, di tollerare le proprie fragilità, le parti più vulnerabili, spesso si riscontra la non accettazione di sé ma non semplicemente dal punto di vista dell’identità sessuale – che non costituisce in realtà il vero nodo da sciogliere – bensì in una prospettiva molto più ampia che racchiude l’autostima, la sensazione di non poter essere amati, il dubbio pervasivo di essere sbagliati, difettosi in qualunque manifestazione della propria identità.
Potrei essere gay diventa la traduzione viscerale, illogica ma profondamente sofferta di una paura nel contatto col mondo, con gli altri esseri umani, diventa l’algoritmo inaspettato e spaventoso che definisce il sentimento di non valere nulla per se stessi e per coloro dai quali si sarebbe desiderato – o ancora si desidera – ricevere amore.