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La mente bipartita – Ciottoli di Psicopatologia Generale Nr 27

In una concezione della mente come bipartita, il rapporto tra le due parti, quella razionale e qualle emotiva, è una continua lotta per prevalere nella gestione del comportamento. Secondo la teoria cognitivista tale dicotomia è inesistente e le emozioni sono il frutto proprio delle valutazioni più o meno coscienti.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 27 Giu. 2018

In molte scelte della vita la persona si tormenta se seguire ciò che gli sembra buono e giusto o ciò che gli piace. Ma cosa muove davvero la nostra mente? 

CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE – La mente bipartita (Nr. 27)

 

Ancorchè falsa, è molto diffusa una concezione bipartita della mente che ipotizza una parte razionale, misurata, saggia che, se al timone condurrebbe l’individuo verso ciò che più gli conviene per il suo reale bene (la chiameremo S che sta per “saputello”) ed un’altra parte dominata dalle emozioni, impulsiva e incontrollabile che conduce necessariamente alla catastrofe (la chiameremo B che sta per “bestiaccia”).

Grossolanamente si presume altresì che la prima sia cosciente, segua il principio di realtà e sia localizzata prevalentemente nelle nobili parti frontali della corteccia cerebrale, ultimo prodotto dell’evoluzione cerebrale. La seconda invece si ritiene prevalentemente inconscia, capace solo di scegliere in base al principio del piacere e domiciliata nelle parti più primitive del cervello che condividiamo anche con molti animali.

Il rapporto tra le due è immaginato come una continua lotta per prevalere nella gestione del comportamento.

A volere la psicoterapia è in genere Saputello, con la richiesta di addomesticare Bestia (il terapista domatore) o perlomeno di garantire un negoziato (il terapista arbitro o notaio).

Secondo la teoria cognitivista la dicotomia è inesistente e le emozioni sono il frutto proprio delle valutazioni più o meno coscienti. Forse sarebbe meglio superarla ancora di più non mettendo neppure in relazione di causa-effetto i due fenomeni, ma considerando le emozioni delle valutazioni incarnate e il pensiero un’emozione chiacchierata.

In molte scelte della vita la persona si tormenta se seguire ciò che gli sembra buono e giusto o ciò che gli piace. Se dunque si potesse dimostrare che le due cose non sono affatto diverse, molti tormenti potrebbero rottamarsi. Non c’è dubbio che molti comportamenti e piani di vita siano guidati da ciò che procura emozioni positive e piaceri piuttosto che da ciò che apparirebbe conveniente, ma possiamo ipotizzare che tale dicotomia sia solo apparente e di basso livello e che se si sale di livello ciò che piace coincida esattamente con ciò che alla lunga conviene (quantunque nell’immediato possa comportare qualche mal di pancia).

Personalmente ritengo che sia stata semplicemente l’evoluzione, ma può essere più esplicativo e pittoresco immaginarsi un creatore che sfiduciato nel buon senso dei viventi e preoccupato per le loro distrazioni che per garantirsi il successo della vita (e che dunque i singoli individui sopravvivano e si riproducano) abbia marcato l’itinerario che conduce alla vita, con una serie di piaceri attrattori come le briciole di Pollicino e ha disseminato il percorso verso la morte con dolorosi dissuasori, come il tunnel degli orrori al Luna Park. Mi piace pensarlo a rimuginare preoccupato “Ma questi sciagurati si ricorderanno sempre di mangiare e di bere? Meglio dargli la sgradevole sete e la sgradevole fame e fare in modo che mangiare e bere sia un godimento”. Avuta questa prima idea il format è stato poi esteso dandoci il fastidio per il troppo freddo, il troppo caldo e il piacere per un morbido tepore. Per stare attenti ai predatori ci ha dato la paura. Restava l’aspetto più decisivo della riproduzione, complicato dal fatto che necessitava della cooperazione contemporanea di due viventi: come convocarli e convincerli? Tormentato dalla preoccupazione che si dimenticassero di scopare (non ricordo esattamente il termine aramaico) si è superato, non si è regolato ed ha messo a punto il piacere perfetto, talmente grande che va necessariamente spartito con un altro. A dire il vero però ha scopiazzato dalle precedenti trovate e ha fatto un minestrone mischiando un pò tutti i piaceri con un risultato sorprendente: il mangiare, il bere, il tepore, la protezione, la morbidezza.

È chiaro che i singoli individui quando mangiano non perseguono lo scopo dell’omeostasi glicemica e lo fanno solo perché è buono; e solo raramente quando fanno l’amore sono interessati alla perpetuazione della propria popolazione esogamica, lo fanno perché è bellissimo, ma in realtà le due cose coincidono.

Gli esseri umani dunque quando seguono il piacere sono in realtà guidati da una saggezza profonda e antica, sovraindividuale e orientata alla promozione della vita di gran lunga più stabile delle valutazioni di Saputello, le quali sono molto influenzate dalle mode culturali che quantunque, nel momento in cui si vi è immersi, appaiano verità assolute ed eterne nella storia complessiva della vita nell’universo, non sono altro che fragili e transitori tentativi di adattamento, presto sostituiti da un nuovo paradigma.

Insomma la Bestiaccia disarciona quasi sempre Saputello ma scossa (così si dice di un cavallo del Palio che perde il fantino) arriva comunque alla meta perché la sa davvero lunga e l’universo intero, che ci sia o meno il Creatore in tribuna d’onore, fa il tifo per lei.

RUBRICA CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE

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