Il gruppo di ricerca fluIDsex negli scorsi mesi ha lanciato una survey per indagare le abitudini sessuali e affettive di un gruppo di giovani studenti, frequentanti università del nord Italia; in questo articolo si farà riferimento all’argomento delle molestie sessuali.
Il gruppo di ricerca fluIDsex negli scorsi mesi ha lanciato una survey per indagare le abitudini sessuali e affettive di un gruppo di giovani studenti, frequentanti università del nord Italia.
I soggetti che hanno risposto alla survey sono stati 440, con età media di anni 22, di cui 274 persone di genere femminile e 166 di genere maschile; 125 persone omosessuali e 315 persone eterosessuali.
In questo articolo si farà riferimento unicamente all’argomento delle molestie sessuali. Gli altri risultati emersi sono stati pubblicati in precedenti articoli.
Molestie sessuali
Ogni comportamento di tipo fisico, verbale o non verbale, offensivo della dignità di una delle parti, fondato sull’appartenenza ad un genere o a carattere sessuale ed indesiderato da parte di qualcuno è considerabile molestia sessuale.
Le molestie sessuali, a differenza delle violenze sessuali, agiscono a livello psicologico. Alcuni di questi comportamenti possono essere apprezzamenti e sguardi insistenti, frasi equivoche-allusive ripetute, advance pesanti, mani appoggiate sul corpo altrui (come su una spalla o su un fianco) senza che vi sia un’intimità relazionale che ne giustifichi l’atto, inviti espliciti a rapporti sessuali in cambio di favori o ricatti di natura lavorativa o altra, e così via.
In questo studio la molestia sessuale è stata indagata basandosi sulla percezione che le eventuali vittime hanno avuto di una o più determinate situazioni capitate loro.
Il 67% delle persone eterosessuali di genere femminile che hanno partecipato allo studio ha dichiarato di sentirsi spesso vittima di molestie sessuali. La stessa dichiarazione è stata fatta dal 65% delle persone omosessuali di genere femminile e dal 53% delle persone omosessuali di genere maschile, contro solamente il 20% delle persone eterosessuali di genere maschile.
Da questi dati è emerso come vi siano delle persone più sensibili e/o più soggette a molestie sessuali in base al proprio genere ed in base al proprio orientamento sessuale: al primo posto troviamo il gruppo di genere femminile, eppure anche il gruppo maschile, nel caso in cui il proprio orientamento sessuale sia omosessuale anziché eterosessuale riporta un alto livello di vittimizzazione legato alle molestie sessuali.
Nonostante i soggetti del gruppo maschile eterosessuale si siano dichiarati meno soggetti ad essere vittime di molestie sessuali, anch’essi, sebbene più raramente, possono sperimentare situazioni di oggettivazione, in cui vengono privati della propria natura umana, per divenire oggetto nelle mani di qualcun altro.
Così, infatti, l’ex giocatore della NFL, Terry Crews, riporta la propria esperienza in cui è stato molestato da un agente nel passaggio alla sua nuova carriera di attore. In particolare, l’attore risponde ad una domanda in cui gli veniva chiesto come mai, grande e grosso com’è, innanzi alla molestia dell’agente non si è ribellato. Tale domanda sembra nascondere un pensiero preciso del pubblico: “se non gli hai tirato un pugno in faccia forse non eri così tanto contrario al suo tocco”.
La risposta di Crews si riferisce allo squilibrio di potere che, nel suo caso, da attore innanzi ad un agente importante, l’ha ostacolato nel rispondere aggressivamente: “Il tuo sogno è come il tuo bambino. I tuoi sogni, i tuoi obiettivi, le tue aspirazioni sono preziosi quanto i tuoi figli. E qualcuno lega il tuo sogno e gli punta una pistola alla testa e lo ucciderà se non lo farai, se non starai zitto. È una situazione di ostaggio, hai a che fare con un terrorista”.
Si ritiene importante citare questo caso, in quanto date le caratteristiche dei protagonisti è più facile comprendere quanto il fulcro del meccanismo delle molestie non sia guidato da una questione di forze e debolezze.
Spesso quando si viene molestati, nonostante il soggetto non venga necessariamente privato della possibilità di urlare, scappare o aggredire entrano in gioco non solo emozioni di rabbia, ma anche di vergogna e paura, capaci di bloccare l’agire in termini di opposizione.
Tuttavia, ad oggi, come emerso anche dalla survey lanciata, le vittime delle molestie sessuali sono principalmente di genere femminile.
A conferma di questi dati, si consiglia la visualizzazione del profilo di Rain Dove, una persona che sfrutta il proprio corpo per mettersi nei panni di diversi personaggi: si trucca, si veste e si atteggia secondo i canoni che la società detta, in modo da apparire oggi un uomo eterosessuale, domani una donna omosessuale e così via. La modella girando principalmente per l’America, ha potuto notare empiricamente quali siano le persone più soggette a molestie, quelle meno sicure e quelle che trovano vantaggio nel far parte della propria categoria di genere, orientamento e origine. In ordine dalla meno sicura alla più sicura e vantaggiosa: donne transessuali (di qualsiasi orientamento), donne eterosessuali, donne omosessuali/bisessuali, uomini omosessuali, uomini eterosessuali.
Come mai sono le persone di genere femminile ad essere primariamente vittime di molestie?
Uno studio condotto da Galdi e colleghi (2013) ha indagato come la programmazione televisiva che oggettivizza e degrada il corpo femminile può spronare gli uomini a impegnarsi in condotte sessualmente moleste.
Studi come questo (Aubrey, 2006) portano a ritenere il problema di carattere dunque prettamente pedagogico e sociale.
Eppure, la scienza ha evidenziato come anche una componente prettamente psicologica porti a sviluppare comportamenti sessualmente molesti. Attraverso il “Likelihood to Sexually Harass” (LHS) sono state trovate relazioni tra alte probabilità che gli uomini usufruiscano della possibilità di sfruttare sessualmente le donne (ad esempio assumerle in cambio di favori sessuali) e tratti di personalità. Inoltre, gli uomini con alti livelli di LHS oltre a presentare scarsi livelli di empatia, mantengono credenze contraddittorie sulla sessualità, sostengono rigidamente stereotipi dei ruoli sessuali e mostrano tendenze verso l’autoritarismo (Pryor et. Al, 1995). Si può dunque ritenere che il fenomeno sia abbastanza complesso e carico di componenti psicologiche, pedagogiche e sociali.
Ma quando una persona non presenta tratti psicologici, come una scarsa empatia, che possono predisporla maggiormente al compimento di molestie sessuali, come può succedere che non dia valore al consenso?
Con le parole di Hannah Arendt:
Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso.
La società, con le sue regole e le sue credenze, talvolta può sostituirsi alle singole persone nell’atto del pensare e questo fenomeno porta ad ampie conseguenze.
I peggiori malfattori sono coloro che non ricordano, semplicemente perché non hanno mai pensato e – senza ricordi – niente e nessuno può trattenerli dal fare ciò che fanno. Per gli esseri umani, pensare a cose passate significa muoversi nella dimensione della profondità, mettere radici e acquisire stabilità, in modo tale da non essere travolti da quanto accade (…) (Arendt, 1965-1966).
Evitare di riflettere su temi quali l’oggettivazione e rimanere, dunque, fruitori passivi di messaggi che pongono in risalto principalmente e talvolta unicamente il genere ed il corpo contribuisce alla sofferenza psicologica (APA, 2007) e all’ampliamento del fenomeno delle molestie fino ad arrivare all’ampliamento di quella cultura che Laurie Penny (2017), una giornalista inglese, chiama “cultura dello stupro”. Una cultura nella quale non è necessario che vi siano violenze sessuali quotidiane per esser definita tale, ma in cui si è arrivati ad accettare una libertà effimera, nella quale ci si illude di poter compiere la propria scelta, mascherando un’inesprimibile violenza quotidiana.
L’arma ideale contro una cultura del genere, perpetrata da uomini e donne, è il consenso.
Il consenso non è un oggetto. È uno stato dell’essere. (…) È un po’ come prestare attenzione. È un processo continuo. È un’interazione tra due esseri umani – La giornalista aggiunge che la cultura del consenso non è una cultura in cui basta essere salvi rispetto ad un potenziale stupro, ma una cultura in cui è lecito pretendere di più – “considerarsi reciprocamente esseri umani complessi dotati della facoltà di agire e di provare desiderio, non solo in un dato momento, ma in maniera continuativa. Adeguare le nostre idee di relazione e di sessualità al fatto che strappare un sì riluttante all’altro essere umano non basta. Bisognerebbe volere che l’altro dica “si” ancora e ancora. Perché la sessualità non dovrebbe ridursi a un dibattito su come farla franca in un modo che si possa definire consensuale.
Il consenso permetterebbe di uscire da una logica simile a quella del Panopticon, la prigione di Bentham, descritta da Foucault, la quale si basa su un diritto di veduta disuguale in base alla presenza o all’assenza di potere. Seguendo questo parallelismo, nella nostra società sembra che siano per la maggior parte (67%) donne quelle poste al centro della prigione, ovvero coloro che hanno ormai interiorizzato lo sguardo di una cultura in cui l’uomo detiene ancora il potere ed hanno imparato a comportarsi di conseguenza, sotto al peso di uno sguardo costante orientato al loro corpo.
La rubrica fluIDsex è un progetto della Sigmund Freud University Milano.