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Una morale innata come guida: la capacità di valutazione sociale in bambini in età preverbale

In uno studio è stato indagato come avviene la valutazione sociale nei bambini in età preverbale e il senso del bene e del male sembrano essere innati.

Di Eleonora Geccherle

Pubblicato il 30 Gen. 2018

Aggiornato il 01 Lug. 2019 14:08

L’articolo di Hamlin pubblicato su Nature, tratta della capacità di valutazione sociale in bambini in età preverbale, specificatamente di sei e dieci mesi, e a oggi è considerato uno dei più classici esperimenti nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Secondo tali autori il senso del bene e del male, la moralità, sarebbero innati nell’essere umano.

 

Come avviene la valutazione sociale nei bambini in età preverbale

La capacità di valutare gli altri è essenziale per rapportarsi nel mondo sociale. Gli esseri viventi devono essere in grado di capire le intenzioni di chi li circonda, così da trarre valutazioni anche su chi è amico e chi è nemico, e ciò è un processo che svolgiamo in modo rapido e automatico, sulla base di peculiarità caratteriali e fisiche (da ricordare che i bambini, già all’età di due mesi, sono in grado di riconoscere i pattern facciali più attraenti (Slater, A. Et al. 1998). L’origine ontogenetica di ciò resta però sconosciuta.

In questo classico ed elegante esperimento gli autori indagano su come i bambini valutano -senza essere coinvolti direttamente nell’azione- i personaggi “nemici” e “amici”, sulla base delle loro interazioni con gli altri.
Per dimostrare che questo può verificarsi anche in assenza di precedenti esperienze e di segnali emotivi negativi, gli autori hanno utilizzato come personaggi dello studio delle forme, prive quindi di espressioni emotive, piuttosto che degli stimoli che raffigurano esseri umani.

Gli sperimentatori usano due metodologie diverse per condurre la loro ricerca, molto comuni per investigare le preferenze in soggetti senza abilità verbali sviluppate, come il paradigma della scelta (in cui i soggetti indicano la loro preferenza tramite comportamenti di raggiungimento), e il tempo di osservazione degli stimoli (che ha come postulato il fatto che i bambini tendono a guardare più a lungo un evento che non si aspettano).

Nel primo esperimento, i bambini in età preverbale vedono un personaggio fatto di legno con grossi occhi incollati su di esso, che sarà il soggetto dell’azione proiettata sul display. Il personaggio appare sulla cima di una collina, intento a salire e scendere da questa, al terzo tentativo viene contrastato da un “nemico” che lo butta verso il basso, o aiutato da un “amico”, che lo spinge da dietro. Esperimenti condotti precedentemente dimostrarono che i bambini interpretano in maniera simile eventi fatti al computer come azioni di aiuto o di scontro e si aspettano che lo scalatore si approcci all’aiutante e eviti il nemico. I bambini sono incoraggiati a scegliere uno tra aiutante e antagonista e scelgono in maniera netta l’aiutante (ben 14 su 16 dei soggetti di 10 mesi, e ben 12 su 12 tra quelli di sei), dimostrandosi in grado di avere impressioni distinte sui diversi personaggi in relazione allo scalatore.

I bambini vedono un nuovo display con i tre personaggi, lo scalatore si relaziona sia con l’aiutante che con il nemico. I bambini di 10 mesi guardavano più a lungo l’ultimo evento, mostrando sorpresa quando lo scalatore incontrava il personaggio che prima lo aveva spinto giù. Tuttavia i bambini di 6 mesi guardano in egual misura entrambi gli eventi, ma preferiscono nella scelta l’aiutante rispetto all’antagonista. Questo può voler dimostrare che la capacità di valutazione sociale si sviluppa prima dell’abilità di dedurre le valutazioni di altri.

La valutazione sociale può essere influenzata da fattori percettivi nei bambini in età preverbale?

L’obiettivo del secondo esperimento invece è quello di confermare o smentire l’ipotesi che i bambini fossero influenzati nella scelta non da principi di valutazione sociale ma percettivi. Per far questo il soggetto del secondo esperimento appare inanimato e senza uno scopo, un’identità in cui le nozioni sociali di aiuto e scontro non sono applicate (rimuovendo anche gli occhi dal personaggio-soggetto).

Se la preferenza di percezione (senza valutazione sociale) era ciò che guidava i bambini nella scelta, una simile casistica si sarebbe dovuta presentare anche nel secondo esperimento: i bambini avrebbero dovuto preferire la spinta verso l’alto rispetto a quella verso il basso, in quanto i movimenti e le traiettorie sull’oggetto spinto erano simili a quelli dell’esperimento uno. Tuttavia questo non si è verificato: 6 dei 12 soggetti di 10 mesi scelsero quello che spingeva verso l’alto, mentre tra i soggetti di 6 mesi, solo 4 su 12. In entrambi i gruppi questi risultati non sono significativi. La scelta dei bambini può portare a tre conclusioni, vale a dire:
– il bambino valuta positivamente un individuo che aiuta un altro;
– il bambino valuta negativamente un individuo che contrasta un altro;
– avvengono entrambi questi processi.

Come scelgono e valutano socialmente i bambini in età preverbale?

Il terzo e ultimo esperimento prevede due azioni sperimentali. La prima è di proporre l’interazione tra un personaggio neutro e uno buono, la seconda è un rapporto tra un personaggio neutro e uno cattivo. L’esperimento vede sia l’aiutante che l’antagonista agire sullo scalatore come nell’esperimento uno e in aggiunta a ciò un secondo personaggio neutro, vale a dire che non ha interazioni con lo scalatore, ma che si muove su e giù per la collina come i personaggi degli esperimenti precedenti. I bambini hanno poi la possibilità di scegliere tra il carattere neutro e l’aiutante (o il nemico), mentre attraverso il tempo di fissazione fanno comprendere le aspettative che hanno nei confronti dello scalatore verso l’aiutante o il nemico.

Usando il paradigma della scelta, i bambini di entrambe le età valutano il personaggio neutro in maniera diversa in base al fatto se sia accoppiato col personaggio buono o con quello cattivo: i bambini nella prima tra le due condizioni (personaggio neutro-personaggio buono) scelgono il personaggio buono (in sette su otto tra quelli di dieci mesi e in sette su otto tra quelli di sei mesi). Nella seconda condizione invece (personaggio neutro-personaggio cattivo) i bambini scelgono il personaggio neutro (in percentuale uguale per entrambi i gruppi a quelli che avevano scelto il buono nella condizione precedente).

Conclusioni

Le conclusioni di questi esperimenti sono molteplici. La prima è che i bambini in età preverbale sono influenzati nelle loro preferenze anche senza una conoscenza diretta dei soggetti terzi, infatti i soggetti non avevano un’ esperienza precedente con i personaggi dell’esperimento. Inoltre l’abilità di giudicare diversamente soggetti che si comportano socialmente in modo positivo o negativo può gettare le basi essenziali per un più astratto concetto di giusto o sbagliato. Infine, la capacità di valutare gli altri sulla base delle loro interazioni sociali sembrerebbe essere universale e non appresa.

La presenza di capacità di social evaluation così precoci suggerisce che valutare gli individui sulla natura delle interazioni che hanno con gli altri è un processo essenziale per un adattamento sociale e biologico dell’individuo. Di questa dote innata, un rudimentale senso di giustizia, l’individuo della società moderna dovrebbe fare tesoro, arricchendosi negli anni di una fondamentale ed unica capacità, che ci distingue in quanto essere umani: il pensiero razionale.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Hamlin, J. K., Wynn, K., & Bloom, P. (2007). Social evaluation by preverbal infants. Nature, 450(7169), 557-559.
  • Slater, A. Et al. Newborn infants prefer attractive faces. Infant Behav. Dev. 21, 345-354 (1998).
  • https://www.youtube.com/watch?v=anCaGBsBOxM
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