La schizofrenia è un disturbo psicotico, caratterizzato da disturbi del pensiero, deficit cognitivi e difficoltà interpersonali e professionali. Un lavoro condotto presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma ha cercato di confermare la correlazione, in soggetti schizofrenici, tra disturbi cognitivi e disorganizzazione del pensiero
La schizofrenia è un disturbo psicotico, caratterizzato da alterazioni del pensiero, deficit cognitivi e difficoltà interpersonali e professionali.
Le persone affette da schizofrenia non riescono a svolgere le attività quotidiane di base, con delle implicazioni dirette sull’autonomia e la qualità della vita.
L’impairment cognitivo costituisce una caratteristica comune nei pazienti affetti da schizofrenia, nonché un fattore determinante dello scarso funzionamento. Il miglior indicatore del risultato funzionale sembra essere la cognizione, che nella malattia schizofrenica si rivela particolarmente deteriorata. Da un esame della letteratura specifica, diverse meta analisi hanno documentato deficit in aree cognitive differenti, in particolare la funzione intellettuale, l’apprendimento e la memoria, l’attenzione, la memoria di lavoro, il linguaggio e la funzione esecutiva; inoltre, la velocità di elaborazione è stata identificata come una componente centrale del declino cognitivo nei pazienti affetti da schizofrenia.
I disturbi del pensiero nella schizofrenia
I disturbi formali del pensiero (FTD) sono alcune delle caratteristiche principali nella schizofrenia. Tali disturbi riguardano la disorganizzazione del pensiero presente nelle anomalie della comunicazione. Il cosiddetto discorso disorganizzato è spesso classificato come disturbo del pensiero “positivo” o “negativo”. Rispettivamente, il primo è caratterizzato da un discorso disorganizzato o sconnesso, come ad esempio libere associazioni tra i concetti, soprattutto evidente quando avviene un cambiamento di tematiche in maniera sconnessa, con risposte tangenziali, parole senza senso o modi circostanziali di conversare. I secondi invece comprendono la riduzione nella quantità di elaborazione o della produzione verbale. (Andreasen, 1979a; Harvey et al., 1992).
La fluidità verbale è utilizzata per comprendere la presenza di disordini del pensiero e della cognizione nella schizofrenia. Deficit della fluidità verbale sono le alterazioni cognitive più durature (Szoke et al., 2008), e possono fungere da predittori delle abilità quotidiane di problem solving sia durante le simulazioni (Keefe et al., 2006; Revheim et al., 2006) sia nella vita reale (Rempfer et al., 2003). Peraltro, sintomi negativi e disorganizzazione sembrano essere correlati con i deficit delle funzioni esecutive e intellettuali deteriorate (Beatrice Bortolato, Kamilla W Miskowiak, Cristiano A Kohler, Eduard Viet, André F Carvalho, 2015).
Correlazione tra disturbi cognitivi e disorganizzazione del pensiero
In virtù dello stato dell’arte, è stato condotto un lavoro di tesi triennale per il corso di laurea Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma. L’indagine ha coinvolto 16 pazienti affetti da schizofrenia cronica secondo il DSM-IV TR (10 maschi e 6 femmine). Sono state utilizzate 4 scale di valutazione specifiche per i disturbi cognitivi (SCoRS), per la disorganizzazione del pensiero (SCADIS), per la sintomatologia psicopatologica generale (PANSS), e per il funzionamento globale (VGF). Scopo dello studio è di confermare la correlazione tra disturbi cognitivi e disorganizzazione del pensiero, attraverso l’analisi statistica di Pearson; di individuare da una parte i cluster che presentano fattori comuni alle disfunzioni cognitive e dall’altra i disturbi formali del pensiero; di esaminare l’influenza della disorganizzazione del pensiero sul funzionamento globale attraverso l’Analisi delle Componenti Principali (PCA) e l’Analisi Fattoriale (FA).
È stata confermata la correlazione positiva tra deficit cognitivi e disorganizzazione del pensiero (TD). Sono state in seguito individuate le alterazioni riguardanti la memoria di lavoro (ML) come predittori dei disturbi formali del pensiero mediante l’analisi fattoriale.
Il termine “Memoria di Lavoro” si riferisce ad un’area del cervello atta ad immagazzinare temporaneamente e manipolare delle informazioni necessarie per compiti cognitivi complessi come comprensione del linguaggio, apprendimento e il ragionamento (Baddeley, 1986). Deficit di queste capacità cognitive sembrano essere collegati con alcuni sintomi schizofrenici: ne consegue una possibile correlazione con i disturbi del pensiero (Goldman-Rakic, 1994).
Attraverso l’Analisi Fattoriale (FA) è stato valutato il legame tra deficit ML e disorganizzazione del pensiero, confermando l’esistenza di variabili latenti comuni tra le capacità cognitive, in particolare il dominio della memoria di lavoro, e il disturbo formale del pensiero. Il fattore in comune è “Disorganizzazione del Pensiero 1” (TD1) include gli items relativi all’organizzazione e all’espressione del pensiero, alla povertà di parola, all’inadeguatezza dei discorsi, alle difficoltà di spiegare un argomento a causa di una distrazione (distractive speech), di rispondere alle domande, le quali sono fuori tema o del tutto irrilevanti (Tangenzialità), o presentano una perdita dei nessi associativi nella conversazione con passaggio improvviso di un tema di pensiero ad un altro (Deragliamento), la cosiddetta “insalata di parole”, una grave mancanza di coesione del discorso a livello di sintassi di base e / o semantica all’interno delle frasi, segnato da errori di logica inferenziale (Illogicità), la creazione di nuove parole (Neologismo), l’uso di parole non convenzionale e idiosincratico (Parole approssimative). In altri termini, i deficit di memoria di lavoro sembrano influenzare la modalità di organizzazione del pensiero e la scorrevolezza nel tempo.
Un’ulteriore Analisi Fattoriale di quest’ultimo fattore TD1 e un item della scala PANSS, finalizzato a indagare la disorganizzazione del pensiero, ha evidenziato due differenti componenti della dimensione disorganizzata: il pensiero e il linguaggio. Infine il legame tra disorganizzazione e funzionamento sembra essere associato all’autonomia e alle attività quotidiane, relazioni interpersonale e soddisfazione al contatto.
L’analisi statistica ha evidenziato il limite, ancora oggi non superato, riguardante il pensiero, il linguaggio e le loro espressioni. Molti psicopatologi considerano le disfunzioni del linguaggio come un riflesso di sottostanti disturbi del pensiero, piuttosto che un disturbo primario a sé. Bleuler riteneva che i disturbi del pensiero erano fondamentali nella schizofrenia, classificando i disturbi del linguaggio e della scrittura come “sintomi accessori” secondari nella schizofrenia (Bleuler E, 1911/1950). Tuttavia, vi è una notevole confusione nella terminologia usata per indicare questi specifici fenomeni. È stato riconosciuto che la maggior parte dei disturbi del pensiero possono essere dedotti esclusivamente dal modo di parlare dei pazienti. Alcuni autori riconducono i disturbi del pensiero al linguaggio, in quanto risulta tautologico; tuttavia la spiegazione di ciò è che al pensiero non è possibile accedere direttamente (Rochester S, Martin JR, 1979).
Questo studio ha messo in luce la correlazione tra i domini cognitivi, la disorganizzazione del pensiero e il funzionamento globale in pazienti affetti da schizofrenia, nonostante non siano ancora ben chiare le modalità .