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Cinque falsi miti sul metodo di studio

Non è possibile definire un metodo di studio che sia valido per tutti e quelli che possono sembrare dei buoni consigli a volte si rivelano delle trappole.

Di Alessandra Pontis

Pubblicato il 18 Dic. 2017

Non si può parlare di metodo di studio come mero elenco di “cosa”, se è necessario il “come”. Ogni persona, ogni studente ha una modalità di apprendimento (visivo, letterale, globale, analitico, ecc.) che non può essere ridotta ad un modello standard di azioni da applicare pedissequamente: lo studio è un universo dinamico, flessibile, ricco, dotato di senso che richiede spirito critico e curiosità, capacità che, al giorno d’oggi, vengono continuamente impoverite a fronte di un metodo di studio (se esiste) scarno, meccanico, arido.

“Sto ancora imparando”
(Michelangelo all’età di 87 anni)

 

Quante ore abbiamo passato sui libri a preparare esami ed interrogazioni? Quante ore di sonno perse a rincorrere voti e rimpiangere una vita sociale?
Il segreto per ottimizzare il proprio tempo e le proprie energie cognitive è un buon metodo di studio, ma non tutti sanno che averlo non è una cosa così semplice come viene descritta.

Così, per esperienza (e anche per curiosità), ho girovagato per il web per capire quali fossero i consigli più “gettonati” per avere un buon metodo di studio e ho provato a commentarli (non tutti, sia chiaro, ci vorrebbero manuali per descrivere quali siano i fattori che rendono buono un metodo di studio), per sfatare alcuni miti che ruotano attorno ad esso.

Alcuni falsi miti sul metodo di studio

1. Essere organizzati.
Una delle caratteristiche più sdoganate è quella dell’organizzazione. E’ da anni che la moda del planning ha preso piede anche nel nostro paese insieme a migliaia di blog che insegnano a suddividere, secondo una scala di priorità, le proprie giornate, per poi passare all’organizzazione settimanale e mensile.
Attenzione! L’organizzazione è quasi sempre una trappola per chi non è abituato a farlo o deve conciliare lavoro, famiglia e studio ed è fondamentale distinguerla dalla pianificazione. La rigidità dell’organizzazione può generare senso di frustrazione nel momento in cui non si riesce a concludere ciò che si era previsto, per cui è consigliabile un mix di organizzazione basic e flessibilità.

2. Imparare a sottolineare.
Utilizzare la matita o, ancora meglio, evidenziatori o pastelli per sottolineare ciò che è importante è fondamentale, ma spesso ci si ritrova a dover sottolineare tutto perché non si sa cosa realmente sottolineare. La sottolineatura, infatti, indica quali siano i punti più importanti da evidenziare ma se questo passaggio non è chiaro si rischia di ridurre il libro ad un esercizio di arteterapia. Gli elementi chiave da tenere in considerazione sono: chi, cosa, dove, perché e come un dato fatto (evento storico, formulazione di una teoria, ecc.) è avvenuto.

3. Fare dei riassunti (o degli schemi).
Riassumere (o schematizzare) è un’arte. E come tutte le arti necessita di impegno, applicazione e concentrazione. Riassumere non significa ridurre il numero di parole di un testo perché il riassunto (e la successiva schematizzazione) deve essere dotato di senso per la nostra memoria. Il contenuto, infatti, deve essere significativamente saliente per poter essere immagazzinato, altrimenti si riduce ad un lavoro di copia ed incolla che non è funzionale per il nostro studio. E’ necessario anche distinguere mappa mentale da mappa concettuale, termini spesso utilizzati come sinonimi ma che hanno significato (e struttura) differente.

4. Fare delle pause.
Se l’organizzazione non è il nostro forte (ed è anche umano pensarlo, visto che siamo costantemente supportati dagli apparecchi elettronici che programmano la giornata al posto nostro), le pause sono un diritto.
Attenzione! Non bisogna esagerare con intervalli frequenti e lunghi, perché si rischia di perdere la concentrazione e le energie. Organizzare l’ora di studio secondo pause regolari è un buon modo per allenare la concentrazione, anche se uno studente adulto può tranquillamente gestire i momenti di intervallo (possibilmente brevi) in maniera autonoma, a seconda del suo sentire. Per pausa s’intende fare un piccolo spuntino, una breve passeggiata, qualche minuto di meditazione. Sconsigliato mandare messaggi, accendere la TV o fare telefonate: il cervello ha bisogno di ricaricarsi positivamente senza ulteriore dispendio di energie cognitive.

5. Essere motivati.
Facile a dirsi, difficile da farsi.
Non si può parlare di metodo di studio trascurando la motivazione. Se la maggior parte degli articoli dà per scontato questo fattore è perché è seriamente difficile ridurre a poche parole la complessità e l’importanza della motivazione. Da essa dipendono l’andamento della nostra concentrazione, le capacità di immagazzinamento in memoria e il raggiungimento degli obiettivi quotidiani in agenda, ma viene spesso messa in secondo piano, come un dato di fatto. E’ il perno (e l’inghippo) sul quale ruota gran parte dell’apprendimento (e quindi del metodo di studio).

Conclusioni

In conclusione, non si può parlare di metodo di studio come mero elenco di “cosa” se è necessario il “come”. Ogni persona, ogni studente ha una modalità di apprendimento (visivo, letterale, globale, analitico, ecc.) che non può essere ridotta ad un modello standard di azioni da applicare pedissequamente: lo studio è un universo dinamico, flessibile, ricco, dotato di senso che richiede spirito critico e curiosità, capacità che, al giorno d’oggi, vengono continuamente impoverite a fronte di un metodo di studio (se esiste) scarno, meccanico, arido.

I libri devono essere vissuti, interrogati, compresi per poter apprendere efficacemente.
Quali sono, infine, i consigli di un esperto in apprendimento?
Non abbiate fretta. Il metodo è un processo che si acquisisce nel corso dell’esperienza, spesso per tentativi ed errori. Seguire uno schema valido per tutti non è un buon modo per capire come funziona il proprio apprendimento: spesso passano mesi e anni per capire quali siano le strategie più funzionali per ottenere il successo scolastico e accademico.
Imparate ad interrogarvi su ciò che state leggendo, fate domande per approfondire le vostre conoscenze, provate a fare esempi concreti, discutetene con altre persone, approfondite su altri testi. Insomma, siate curiosi.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • B. Bauer, G. Bagnato , 1994, Studiare all’università, Ed. EGEA, Milano.
  • P. Boscolo, 1997, Psicologia dell’ apprendimento scolastico, aspetti cognitivi e motivazionali, UTET, Torino.
  • C. Cornoldi, 1995, Metacognizione ed apprendimento, Ed. Il Mulino, Bologna.
  • R. De Beni, F. Pazzaglia, A. Molin, C. Zamperlin, 2001, Psicologia cognitiva dell’ apprendimento, Erickson, Trento.
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