Cosa resta del padre? Cosa resta del padre oggi? La risposta è scontata e desolante. La cultura di massa non è sola in una gigantesca opera di castrazione: del padre e della paternità stiamo cercando di liberarci in modo univoco, collettivo, universale.
Per gli esseri umani, per gli esseri che abitano il linguaggio, non c’è possibilità di autosufficienza, non c’è verso di sfuggire alla dipendenza strutturale dall’Altro.
Noi siamo, in questo senso, una preghiera. (p. 6-7)
Cosa resta del padre? Cosa resta del padre oggi? La risposta è scontata e desolante. I media, la cultura, l’arte, la filosofia, le università – forse persino le religioni istituzionali – agiscono di concerto. La cultura di massa non è sola in una gigantesca opera di castrazione: del padre stiamo cercando di liberarci in modo univoco, collettivo, universale.
Dei padri cancelliamo ogni traccia. Le culture locali spariscono o sono musealizzate. La storia ci annoia. La scuola riduce le ore di lezione per mandare i ragazzi ad imparare sul serio nelle fabbriche e nelle banche.
Gli esami scolastici sono via via aboliti. Disprezziamo ogni imperativo superegoico. La frustrazione ci terrorizza. Il politically correct è impegnato in un’operazione particolarmente capillare. Solerti vestali della modernità rimuovono statue di guerrieri e generali. E anche il povero Cristoforo Colombo rischia l’estromissione dalle piazze americane. Ovunque ecumenici e “libertari” fast food sostituiscono oppressivi templi, cappelle e minareti.
Già nel 1969 Lacan parlava di “evaporazione del padre” (cfr Lacan, 2003, p. 9). Mai affermazione fu più profetica. Oggi, in Cosa resta del padre un grande allievo dello psicoanalista francese ci offre un’analisi estremamente acuta di uno dei fenomeni che più caratterizzano l’epoca moderna.
Abbattere l’imago paterna può a prima vista sembrare un’operazione liberatoria ma, osserva Recalcati, non è priva di ambiguità “Lacan … indica una paradossale convergenza tra il moto della contestazione e l’affermazione del discorso del capitalista” (p. 26). Infatti la credenza che anima il discorso del capitalista è quella di un “soggetto … libero, senza limiti, senza vincoli, agitato solo dalla sua volontà di godimento, inebriato dalla sua avidità di consumo” (p. 27). In queste condizioni l’oggetto del desiderio perde ogni carattere propriamente umano: non più desiderio di madre, padre, uomo, donna, ma “una semplice presenza, … una Cosa, …. una montagna di cose… (ibidem).
Senza il padre, senza i suoi divieti, la madre non può essere oggetto di un desiderio nostalgico e struggente, viene percorsa in lungo e in largo dal soggetto in un delirio simbiotico e fusionale. In Cosa resta del padre Recalcati osserva: “la Legge non è in opposizione al desiderio, ma è la sua condizione di possibilità. In questo senso la Legge dona la possibilità del desiderio che è già possibilità dell’avvenire, possibilità di staccarsi dalla Cosa immediata del godimento, dal godimento “uniano” (unien) della Cosa” (p. 37 ).
Ecco quindi che una cosa, una sostanza, una performance, un ruolo, un’immagine di sé possono facilmente sostituire l’amore per un oggetto umano: cocaina o fisico da baby soldato rimpiazzano l’incontro faticoso con un uomo od una donne reali. Recalcati parla acutamente di una “dimensione genericamente maniacale del discorso del capitalista.” (p. 29)
Cosa resta del padre – Essere genitore oggi: una missione impossibile
In questo contesto – si chiede Recalcati – è ancora possibile essere genitori? Proporsi alla generazione che si affaccia per la prima volta nel mondo come un sostegno ed una guida? La crisi educativa è molto evidente nel mondo contemporaneo. I rapporti di forza si invertono. I genitori di oggi vivono nel terrore di non essere amati, sfuggono a posizione normativa e implicitamente frustrante il desiderio del figlio, inseguono un cameratismo complice e collusivo.
Siamo di fronte a processi sociali e culturali di portata planetaria, con un’accelerazione più evidente nel mondo occidentale. La psicoanalisi può essere solo testimone ed interprete di queste trasformazioni? O può aver anche una proposta? Recalcati, in Cosa resta del padre,non esita ad esporsi: è convinto che il padre giochi anche oggi un ruolo chiave nella famiglia e nella società.
Occorre però uscire da qualsiasi prospettiva nostalgica. Una mimesi degli stereotipi tradizionali può produrre solo caricature, come ci insegna la storia delle ideologie totalitariste. Osserva Recalcati: “Cosa, appunto, resta del padre? Si tratta di ripensare la sua identità non più dall’alto della gloria del suo comando infallibile o del suo potere, ma, come direbbe il giovane Marx della dialettica di Hegel, ‘dai suoi piedi’” (p. VIII). In questa prospettiva la vera funzione del padre è quella di “umanizzare la Legge, liberarla dalla violenza cieca della Legge, unire e non opporre” (p. X).
Recalcati, in Cosa resta del padre, si mostra convinto del fatto che la trasmissione del desiderio da una generazione all’altra non possa avvenire “come la realizzazione di un programma cognitivo o come effetto di una retorica pedagogica” (p. 42). Solo il padre è in grado di trasfigurare una vita biologica, animale in una vita veramente umana. Solo l’interdizione del desiderio edipico, l’esperienza del limite e della finitezza umane possono aprire la via al desiderio e quindi allo sviluppo. “L’amore” osserva Recalcati in Cosa resta del padre ”non può prescindere dalla dialettica del riconoscimento … dell’Altro come portatore di un nome proprio, particolare, inassimilabile alle leggi biologiche universali” (p. 63)
Amore e Mistero
Nella prospettiva di Recalcati dunque il padre, non certo solo nella sua identità fisiologica, ma inteso come funzione, come codice affettivo nel senso di Fornari (1981), è indispensabile alla costruzione di una vita simbolica, crea un’intercapedine tra desiderio e consumo dell’oggetto, crea lo spazio della fantasia del desiderio dell’oggetto. Insomma dell’amore.
Il padre apre la porta al mistero del vivere e del morire. Rimanda al Padre, al principio creatore dell’uomo e della natura. Organizza simbolicamente questo mondo in una ininterrotta relazione biunivoca con l’Altro mondo.
Per questo Recalcati ha deciso di insegnare ai suoi figli a confrontarsi con questa dimensione “la preghiera preserva il luogo dell’Altro come irriducibile a quello dell’io. Per pregare – questo ho trasmesso ai miei figli – bisogna inginocchiarsi e ringraziare” (p. 4).
Il compito educativo del padre è dunque arduo, forse impossibile. Non certo agevole è quello dell’analista: aiutare i propri pazienti a riconoscere l’amore nascosto nei goffi tentativi con cui ognuno di noi ha cercato di essere autenticamente genitore.