Un disco onesto che lascia il segno già a primo impatto e che, ascolto dopo ascolto, si fa apprezzare per le emozioni rilasciate dai brani, dieci, camaleontici nella loro originalità. Testi poetici che baciano melodie evocative. Tele musicali tratteggiate da una delle voci più interessanti del cantautorato italiano, Alessio Creatura.
Le emozioni trasmesse da Alessio Creatura attraverso le sue canzoni
Cosa accade quando la vita ci ferisce? Forse cresciamo improvvisamente o, forse, decidiamo di crescere soltanto a metà, conservando gelosamente ali pronte a volar via, a salvarci da un contesto che non ci appartiene e in cui non ci riconosciamo. Nelle tasche, pronti all’uso, riponiamo sogni e progetti. Ma il sentimento no. Quello impariamo a dosarlo, a non concederlo a tutti, anzi, a non concederlo mai. Le persone più sensibili ipotecano ogni grammo d’anima in uno sguardo, in un legame, in un’amicizia, ma una promessa disattesa, un silenzio o, peggio, l’indifferenza o la falsità di un gesto, le feriscono a fondo, senza rimedio. E allora, si sigillano al mondo per paura di amare, vivere, soffrire, cadere.
Ecco, probabilmente è questo il senso più profondo di “Che ci amino gli altri”, secondo lavoro del cantautore abruzzese, ravennate di adozione, Alessio Creatura. Un disco onesto che lascia il segno già a primo impatto e che, ascolto dopo ascolto, si fa apprezzare per le emozioni rilasciate dai brani, dieci, camaleontici nella loro originalità.
Testi poetici che baciano melodie evocative. Tele musicali tratteggiate da una delle voci più interessanti del cantautorato italiano. Apre l’album, che arriva a cinque anni di distanza da “Non ho più pace”, l’atmosfera di “Cerco trasparenza”, parto di un’interiorirà amareggiata, ma non sconfitta, dalla mediocrità di una società anestetizzata che, puntando sull’apparenza, condanna l’innocenza. Un labirinto esistenziale cui l’artista non cede il passo, fermo sulla sua “inossidabile fierezza”, in bilico tra ideali e realtà. Introspezione incalzata dal blues di “Lolita”, simbolo della “dolce bimba” che “donna non è” che gioca con l’acerba femminilità, rischiando di consumare la magia della sua età.
Silenzio posato ad arte, ed un arcobaleno di suoni, introducono “Dici di non pretendere”, che descrive, con necessario distacco, le conseguenze di un rapporto tossico, in cui il disequilibrio di aspettative e la sete di certezze che non arriveranno mai, uccidono la voglia di costruire il domani. Ma a corrodere l’anima, fa intendere Alessio Creatura in “Che ci amino gli altri”, è anche la staticità che si raggiunge quando, stanchi di darsi senza ricevere, si decide di diventare “persone che / che non chiedono e sai / che se chiedono amore a chi è come me / beh / che chiedano agli altri”.
Tutt’altro che ironico, a dispetto della veste musicale, è “Non sono più lo stesso”, pezzo swing che canta un malinconico “sono già tre mesi che / non ho più lacrime / sai ricordare ora mi fa meno male e potrei anche cantare”.
Ad effetto, anche la nostalgica “Come si cresce”, viaggio a ritroso tra “l’entusiasmo di un Natale / e l’infanzia di una canzone per me speciale” che trova approdo nel desiderio di restare bambini riflesso in poche parole: “come si cresce? / Non lo so… / se rimango uguale? / Ma si poi perché no?”.
Seguono, l’introspettiva “Ti porto rancore”, disincanto di chi aveva “dato tutto” ma di quel tutto viene “derubato” e la delicata “Grazie al cielo”, connubio voce pianoforte, che mette a nudo la forza insita nella fragilità dell’uomo pronto a concedersi altre scelte. Un uomo che confessa: “piango al cielo / perché sono ancora capace / di avere rimorsi / rimpianti / piango al cielo / perché sono ancora capace / di giudicami / di fare pace”. Soprende la fiabesca “La ballata di (cir)costanza” e, a chiudere, la versione acustica del brano che titola un album che non delude.