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L’utilizzo di tecniche di neurostimolazione nel trattamento dei disturbi psichiatrici

Il recente interesse per l’utilizzo di tecniche di neurostimolazione ha lo scopo di sviluppare protocolli di trattamento da unire a farmaci e psicoterapia

Di Alessia Gallucci

Pubblicato il 20 Set. 2017

Recentemente, un numero sempre crescente di studi neuroscientifici ha indagato i circuiti neurali coinvolti nei vari disturbi psichiatrici, allo scopo di chiarire i meccanismi neurobiologici che contribuiscono alla loro comparsa e mantenimento e sviluppare delle tecniche di neurostimolazione efficaci.

 

Le evidenze circa il ruolo di determinate regioni cerebrali e circuiti neurali ha portato ad indagare l’utilizzo di tecniche di neurostimolazione per interferire con l’attività delle aree coinvolte nella fisiopatologia dei diversi disturbi, allo scopo di sviluppare protocolli di trattamento da affiancare alle classiche terapie farmacologiche e alla psicoterapia. Queste tecniche infatti sono facilmente impiegabili sia in ambito clinico che in contesti di ricerca e hanno il vantaggio di produrre effetti specifici, non invasivi e potenzialmente a lungo termine.

Tecniche di neurostimolazione: la Stimolazione Magnetica Transcranica

La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), introdotta inizialmente per la studio dell’eccitabilità della corteccia motoria, è una delle tecniche di neurostimolazione non invasive, in grado di indurre potenziali post sinaptici eccitatori all’area target della stimolazione creando un campo elettromagnetico attraverso un coil. Quest’ultimo può essere di varie forme: circolare, caratterizzato da un campo elettrico diffuso; a farfalla, costituito da un campo elettrico più concentrato e più forte che rende questo tipo di coil il più adatto per gli studi di mappaggio cerebrale; conico, con le ali che seguono la forma della testa e con un campo elettrico meno concentrato ma più forte, infatti esso viene usato soprattutto per stimolare aree corticali più profonde e infine il coil 25 mm, impiegato in particolare per la stimolazione periferica. La TMS viene applicata seguendo diversi paradigmi di stimolazione tra cui la stimolazione on-line e off-line, la stimolazione a singolo e a doppio impulso e quella a impulsi ripetuti (rTMS), che determina effetti neurali più duraturi; in particolare quando la rTMS viene applicata a bassa frequenza (< 1 Hz) l’eccitabilità corticale si riduce, quando invece viene utilizzata ad alta frequenza (> 1 Hz) l’eccitabilità aumenta.

Effetti della TMS su alcuni disturbi psichiatrici

L’efficacia della TMS nel trattamento della depressione maggiore è stata approvata nel 2008 dalla Food and Drug Administration (FDA), sulla base dei risultati di alcuni studi tra cui quello di O’Reardon e colleghi (2007) che ha riportato un miglioramento significativo dei sintomi depressivi in un campione di 301 pazienti sottoposti ad un trattamento che prevedeva l’applicazione della rTMS ad alta frequenza sulla corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra (lDLPFC), cinque volte la settimana, per sei settimane. In particolare, la neurostimolazione può aver interferito con l’ipoeccitabilità della lDLPFC, che sembra avere un ruolo nella genesi del disturbo.

Rispetto all’uso di tecniche di neurostimolazione in caso di disturbo ossessivo-compulsivo, uno studio (Ruffini, Locatelli, Luca et al., 2009) ha utilizzato per tre settimane consecutive la rTMS a bassa frequenza sulla corteccia orbito frontale sinistra di 18 pazienti, dimostrando un miglioramento dei sintomi al termine del trattamento e a dieci settimane dalla fine.

L’efficacia della neurostimolazione può essere il risultato dell’interferenza con l’iperattività della corteccia orbito frontale. Diversi studi di neuroimaging infatti hanno associato il disturbo ossessivo-compulsivo a disfunzioni a carico del circuito neurale che lega la strutture frontali ai gangli della base: in particolare si osserva un’aumentata attività a livello della corteccia orbito frontale, della corteccia cingolata anteriore, dell’area supplementare motoria, del nucleo caudato e del talamo.

Infine, per quanto riguarda l’uso di tecniche di neurostimolazione nei disturbi del comportamento alimentare, uno studio recente (McClelland, Kekic, Campbell et al., 2016) ha dimostrato l’efficacia della rTMS ad alta frequenza applicata per venti sessioni sulla corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra di 5 pazienti con diagnosi di anoressia nervosa. Si è osservata infatti una riduzione della sintomatologia alimentare e delle difficoltà legate all’umore in seguito al trattamento e fino a 12 mesi di follow-up. L’ipotesi è di un recupero, attraverso la rTMS, dell’ipoattività delle regioni frontali associata ai problemi di controllo inibitorio e di flessibilità cognitiva, caratteristici dell’anoressia nervosa.

Gli esempi illustrati, dunque, sottolineano le potenzialità dell’impiego delle tecniche di neurostimolazione in ambito clinico, tuttavia ulteriori studi sono necessari per chiarire i loro effetti e il ruolo delle aree corticali implicate nei diversi disturbi. In particolare, in base ai risultati, potrebbe essere possibile mettere a punto dei trattamenti di neurostimolazione che, in associazione a quelli standard già implementati, possano favorire miglioramenti dei sintomi a lungo termine.

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