La stimolazione magnetica transcranica, o TMS, è una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica, a corrente indotta, del cervello e del sistema nervoso in generale. Essa consente di studiare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali all’interno del cervello.
Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano
Introduzione: cos’è la stimolazione magnetica transcranica?
La stimolazione magnetica transcranica, o TMS, è una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica, a corrente indotta, del cervello e del sistema nervoso in generale. Essa consente di studiare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali all’interno del cervello.
La stimolazione magnetica transcranica comporta la stimolazione profonda ma non invasiva e indolore del cervello, allo scopo di ottenere risposte in relazione all’area cerebrale stimolata e per modificarne l’eccitabilità e la plasticità.
La stimolazione magnetica transcranica è largamente utilizzata a scopo di ricerca, ma di recente sono stati osservati benefici in ambito clinico, dove è utilizzata per trattare disturbi psichiatrici e neurologici quali la depressione, le allucinazioni, la malattia di Parkinson.
L’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per essere utilizzata nel trattamento dell’emicrania. Mentre, l’utilizzo della TMS ripetuta (rTMS) è consentito nel trattamento della depressione resistente ad altri trattamenti, sia terapeutici sia farmacologici.
Storia della stimolazione magnetica transcranica
Prima della stimolazione magnetica transcranica si era soliti usare la stimolazione elettrica, attraverso al quale si stimolavano i nervi e i muscoli. La stimolazione elettrica è stata utilizzata per la prima volta nel 1790 da Galvani e Volta. Tramite questa tecnica è possibile rendere le membrane eccitabili: la corrente elettrica iniettata nel corpo tramite superfici o elettrodi impiantati depolarizza le cellule e facilita la comunicazione intracellulare. La stimolazione elettrica si attua, ancora oggi, per misurare la velocità di conduzione dei potenziali di azione dei neuroni e per stimolare i muscoli i cui legami neurali sono stati compromessi e, quindi, se stimolati riescono a produrre contrazioni funzionalmente utili. I parametri tipici di impulso usati per stimolare i nervi superficiali tramite elettrodi di superficie sono di 20mA per 100μsec, e possono raggiungere i 250 volt necessari per guidare la corrente elettrica attraverso la pelle.
Malgrado questa tecnica sia efficace in molte ambiti, la stimolazione elettrica presenta alcuni svantaggi:
- può essere dolorosa, poiché durante il passaggio della corrente si avverte una sensazione di fastidio.
- è difficile stimolare strutture profonde del cervello umano
- parti del cervello mostrano elevata resistenza elettrica, quindi non possono essere trattati adeguatamente.
Di conseguenza, fu ideato un approccio alternativo alla corrente elettrica, pensato per indurre corrente nel corpo utilizzando campi magnetici a tempo variabile. I principi dell’induzione elettromagnetica furono scoperti da Michael Faraday nel 1831 e furono utilizzati per stimolare i nervi e il cervello nel XX secolo.
Questi primi tentativi di stimolazione cerebrale non riuscirono, perché la tecnologia all’epoca disponibile non era in grado di produrre campi magnetici di grandi dimensioni che, al tempo stesso, erano rapidamente mutevoli.
Nel 1976 è stato avviato un progetto nel Regno Unito, presso l’Ospedale Royal Hallamshire e l’Università, con l’obiettivo specifico di stimolare i nervi usando le correnti indotte da impulsi di campo magnetico di breve durata in modo che la risposta elettrofisiologica risultante potesse essere rilevata e consentisse la stimolazione dei nervi periferici.
Nel 1985 Sheffield e il suo gruppo hanno presentato per la prima volta la stimolazione magnetica transcranica. Da allora la TMS si utilizzò sia in ambiti diagnostici sia terapeutici.
La stimolazione magnetica transcranica utilizza un breve ma intenso impulso magnetico per indurre campi elettrici (lesioni), quindi correnti nel corpo, proporzionali al tasso di variazione del campo magnetico.
Se queste correnti sono di adeguata ampiezza, durata e orientamento, allora potranno stimolare le strutture eccitabili con lo stesso meccanismo delle correnti iniettate nel corpo attraverso gli elettrodi impiantati o superficiali. Quindi chiamare questa tecnica “magnetica” non è corretto, poiché il meccanismo su cui si basa è elettrico, ma determina la formazione di un campo magnetico sulla testa del paziente.
La stimolazione magnetica transcranica ha il grande vantaggio, rispetto alla stimolazione elettrica, di essere in grado di stimolare il cervello umano e i nervi periferici senza causare dolore. Il cranio non presenta alcuna barriera perché i campi magnetici relativamente bassi (in genere pochi kHz) lo attraversano senza attenuazione. La stimolazione magnetica è sostanzialmente indolore perché la corrente indotta non passa attraverso la pelle, dove si trovano gran parte delle terminazioni nervose della fibra. Inoltre, le correnti indotte dalla stimolazione magnetica sono relativamente diffuse e di conseguenza non si verificano correnti elevate che, al contrario, si hanno nella stimolazione elettrica. Questa mancanza di disagio consente di essere facilmente utilizzata anche su pazienti e volontari per esperimenti scientifici.
Come funziona la stimolazione magnetica transcranica
La stimolazione magnetica transcranica consta di una serie di coil o elettrodi che si posizionano sulla testa. Il coil fornisce energia elettrica che genera un campo magnetico a livello cerebrale per un breve periodo di tempo (lesione transitoria), che inibisce le funzioni cognitive dell’area stimolata.
Il campo magnetico prodotto riesce a oltrepassare lo scalpo e raggiungere l’encefalo e le strutture cerebrali sottostanti inibendone il loro funzionamento.
Il coil si posiziona sul capo in corrispondenza della regione del cervello di interesse. La variazione del campo magnetico (2,5 Tesla di intensità di 200 μs e durata di 1 ms) evoca un flusso di corrente elettrica che interferisce sulla normale attività cerebrale causando una depolarizzazione dei neuroni. Lo stimolo magnetico produce una risposta sonora, simile ad una serie di clic e una sensazione tipo formicolio sulla cuoio capelluto. La depolarizzazione neuronale può portare all’attivazione di gruppi di neuroni sia prossimi che distanti dall’area direttamente stimolata.
La stimolazione dell’area, inoltre, avviene per via transinaptica, ovvero partendo dalle fibre più sottili per poi raggiungere quelle più grosse dei primi strati della corteccia.
Le strutture più profonde possono anche essere stimolate usando bobine relativamente grandi. Tuttavia i campi elettrici indotti sono sempre più alti quando più vicino è la bobina all’area di interesse
I parametri tipici dell’impulso del campo magnetico necessari per depolarizzare dei nervi includono un tempo di innalzamento dell’ordine di 100μsec, un di picco dell’ordine 1 Tesla e l’energia del campo magnetico di diverse centinaia di joule. I circuiti utilizzati per generare gli impulsi del campo magnetico sono di solito basati su un sistema di scarico di condensatori con correnti tipiche della bobina, con un picco nell’intervallo di parecchi chilowatt e tensioni di scarico fino a pochi chilovolt. La tensione relativamente elevata è necessaria per dare il rapido aumento della corrente desiderato nell’induttanza della bobina stimolante.
Aree terapeutiche della stimolazione magnetica transcranica
La stimolazione magnetica transcranica è usata in ambito neuroscientifico per studiare le funzioni sottese da determinate aree cerebrali. Ai soggetti, partecipanti all’esperimento, è chiesto di eseguire un compito cognitivo e contemporaneamente un coil, posizionato su una determinata area cerebrale, inibisce la funzionalità dell’area in oggetto. In questo modo, si registrano le performance ottenute sapendo che saranno deficitarie, a conferma della funzione cognitiva svolta dall’area stimolata.
Inoltre, la stimolazione magnetica transcranica è utilizzata in ambito clinico. Infatti, essa consente, in generale, il miglioramento della circolazione cerebrale e delle funzioni cognitive.
Verso la metà degli anni novanta è stato riscontrato, in modo del tutto accidentale, come pazienti affetti da patologia neurologica che erano sottoposti a TMS ripetitiva (rTMS) a fini diagnostici, e che presentavano associato un disturbo del tono dell’umore, potessero presentare un miglioramento del quadro depressivo. Queste osservazioni hanno dato l’avvio all’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica come trattamento terapeutico in ambito neuropsichiatrico. Infatti, la TMS, se utilizzata in modo ripetitivo ad alte o basse frequenze, appunto definita rTMS, può indurre e modulare i fenomeni di riorganizzazione neuronale, ed è in grado di facilitare o inibire in maniera determinante i circuiti neuronali responsabili di una determinata funzione o di un determinato sintomo. La stimolazione magnetica transcranica, ancora, ha permesso di aumentare le informazioni sulla patofisiologia dell’ADHD. La stimolazione con stimolazione magnetica transcranica del circuito fronto-striato-cerebellare unitamente al training cognitivo consente di ottenere un miglioramento delle capacità cognitive e una riduzione della sintomatologia
La stimolazione magnetica transcranica è usata in Psichiatria per la cura della depressione e di una serie di sintomi legati all’ansia e all’alimentazione (Bersani, Minichino, Enticott, 2013); in Neurologia è utile per la riabilitazione cognitiva post stroke o trauma cranico, cefalea muscolo tensiva, Parkinson e Tinnitus (Acufene) (Rossi, Hallett, Rossini, Pascual-Leone, 2009).
Per i disturbi sopra indicati si utilizzano dei protocolli di somministrazione in cui la stimolazione magnetica transcranica si applica più volte nel tempo in aggiunta alla psicoterapia. In ogni caso, alla lunga sono stati riscontrati effetti collaterali e transitori come le cefalee o le emicranie.
Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano