Feccia (titolo originale “Scum”) di Paul Williams dà vita e forma alle parole, ai pensieri, alle emozioni e alle visioni di un adolescente costretto a vivere, o meglio a sopravvivere, in un contesto familiare minaccioso e indecifrabile.
Chiederesti mai a una volpe ferita che effetto fa essere schiacciati dalle ruote di un tir?
Ossa rotte occhi offuscati sangue che cola dal muso bile asfalto raccontano tutto.(tratto da “Feccia” di Paul Williams, p. 32)
Secondo di tre romanzi autobiografici che andranno a comporre una trilogia centrata sulle descrizione degli effetti psichici della trascuratezza e dell’ abuso infantile, Feccia (titolo originale “Scum”) di Paul Williams dà vita e forma alle parole, ai pensieri, alle emozioni e alle visioni di un adolescente costretto a vivere, o meglio a sopravvivere, in un contesto familiare minaccioso e indecifrabile.
Il racconto prosegue dalla fine del primo volume Il quinto principio, che descrive invece l’infanzia di Paul, e ci porta ad esplorare la sua vita di adolescente che deve far fronte ad un’età già difficile e ingrata, come sempre l‘adolescenza è, in circostanze decisamente catastrofiche.
Il linguaggio scelto è la chiave emotiva del racconto: un flusso di coscienza, senza punteggiatura e spesso senza soggetto, che ben rappresenta lo sguardo di Paul verso il mondo, carico di confusione, stupore, terrore, spaesamento e impossibilità di dare un senso alle più semplici esperienze quotidiane.
A che servono madri e padri? A che serve un bambino? Cosa è un pasto caldo? Quando si può dormire? Che ci fa tutta quella gente allineata in un’aula? Cosa è l’inchiostro? Chi è Annibale? Cosa vuol dire automobile? Cosa vuol dire casa? Chi vive nel Bosco? Domande semplici, risposte impossibili.
Feccia di Paul Williams: tra trauma e dissociazione
Il mondo del trauma è un mondo arbitrario, niente è come dovrebbe essere: chi dovrebbe proteggere minaccia, chi dovrebbe insegnare punisce, chi dovrebbe giocare attacca, chi dovrebbe prendersi cura deride e abbandona. La paura allora diventa una “bussola interna” che tiene pronti a fuggire, a sottomettersi ai più forti, a diventare invisibili o a distaccarsi dal corpo quando il dolore è troppo. Il Paul adolescente protagonista di Feccia non conosce le principali reazioni della mente di fronte a pericoli mortali (attacco, fuga, freeze, svenimento), ma lo stesso riesce a descriverle così come le sente arrivare nel suo corpo e nella sua mente, offrendo direttamente a chi legge il suo vissuto traumatico e lo scenario frammentato della realtà che riesce solo a tratti a ricomporre.
Nella vita di Paul sono proprio le sue principali figure di attaccamento – i genitori – ad essere traumatizzanti e dunque il bambino, e poi l’adolescente, non può da solo fronteggiare la paura e l’angoscia, ma ne viene sopraffatto vivendo continuamente emozioni dirompenti di terrore e impotenza. Paul tuttavia non può che continuare a dipendere dalla sua famiglia, la stessa che lo espone ripetutamente al pericolo, ed è di fronte a questo paradosso che la mente inizia ad aver bisogno di soluzioni emotive più estreme, come la dissociazione, per sopravvivere. Il disprezzo di sé, il senso di inadeguatezza, la colpa di essere profondamente sbagliati diventano allora credenze interiorizzate negative che aiutano almeno in parte a dare un senso al rifiuto delle “persone chiamate genitori”. In questo passaggio le sue parole descrivono la nascita di queste credenze disfunzionali:
Unico stratagemma a cui ricorrere in caso di emergenza attribuire a lui la colpa
di quello che non era andato nella vita di sua madre cioè ogni cosa il tarlo si era insinuato in lui
quando l’uomo chiamato padre aveva cominciato a fiancheggiare le aggressioni di lei
disprezzo derisione verità diabolica. L’uomo chiamato padre sapeva che un bambino aggredito
cerca qualcuno che lo consoli e non può tollerare di non trovarlo… (p. 84)
L’identità si divide allora tra più rappresentazioni, o parti di sé o stati dell’Io, che sono tra loro inconciliabili: da un lato il bambino spaventato e vittima degli abusi, dall’altro il bambino sbagliato che merita il disprezzo e le percosse, e infine il bambino arrabbiato che sfoga, seppur raramente, un odio narcisistico violento nel tentativo di liberarsi dall’alienazione.
Il risultato per chi osserva è uno stile di relazione “bizzarro” e “strano”, fatto di reazioni opposte e imprevedibili che si delineano in quello che viene definito “attaccamento disorganizzato”, ovvero condizionato da una costante paura e sfiducia verso gli altri.
Queste parti emergono nel racconto di Paul Williams, Feccia, come voci, allucinazioni o figure interne immaginarie che talora minacciano e talora incoraggiano aiutandolo a mettersi al sicuro e a scegliere per il suo futuro.
La traiettoria evolutiva descritta da Paul Williams in Feccia nella storia di Paul è la storia di molte persone che hanno vissuto nella loro infanzia abusi, maltrattamenti e grave trascuratezza e che sono state costrette a fronteggiare emozioni intollerabili, restando vive e costruendo con coraggio mondi possibili in alternativa alla realtà del trauma.
La dissociazione traumatica genera inizialmente una profonda frammentazione della coscienza e una perdita del senso di sé e del mondo, che determina sintomi dissociativi e psicotici: confusione, allucinazioni, amnesia, derealizzazione, sconcerto, depersonalizzazione, comportamenti esplosivi e un’alterata percezione del rischio che rende impossibile proteggersi dal pericolo. Tuttavia questa apparente disorganizzazione della mente è necessaria alla sopravvivenza emotiva e indispensabile a tenere il dolore, la vergogna, l’umiliazione e l’impotenza chiusi tra le mura psichiche create dai sintomi dissociativi. A volte queste mura crollano inondando la mente di terrore, ma altre volte permettono di respirare un po’, di guardarsi intorno, di concedersi qualche esplorazione solitaria e magari di cogliere, come sarà per Paul, l’aiuto di chi si accorge della sua sofferenza e gli offre un luogo finalmente sicuro che cambierà per sempre la sua traiettoria di vita.