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Congresso del European Council for Eating Disorders – ECED a Vilnius (Lituania), 7-9 Settembre 2017 – Report

Dal 7 al 9 settembre si è tenuto a Vilnius il Congresso del European Council for Eating Disorders che ha visto la partecipazione di diversi professionisti.

Di Walter Sapuppo

Pubblicato il 18 Set. 2017

È la prima volta che una conferenza internazionale sui disturbi alimentari (DA) si svolge nell’area dell’ex Unione Sovietica; area geografica nella quale pare esserci molto fermento culturale finalizzato all’apprendimento di approcci terapeutici efficaci. Il tema principale della conferenza è stato quello dei DA nei setting multiculturali; tema decisamente interessante con cui sempre con maggiore frequenza i professionisti della salute mentale si confrontano.

 

L’efficacia della MBT nel trattamento dei pazienti borderline con disturbi alimentari

Dopo l’introduzione di Aurelius Veryga (Ministro della Salute Lituano), Hubert Lacey (fondatore dell’ECED), Brigita Baks (responsabile del comitato scientifico), Dainius Puras (Relatore Speciale dell’ONU sul diritto alla salute) e di Martynas Marcinkevicius (direttore del centro di salute mentale di Vasaros in Lituania), prende la parola il Prof. Paul Robinson dello Univeristy College of London – UCL per la sua lezione magistrale sul Mentalisation-Based Treatment for Eating Disorders (MBT-ED).

Dopo una rapida introduzione sulla Mentalization-Based Therapy (MBT), il Prof. Robinson illustra un RCT multicentrico (NOURISHED study) nel quale, insieme al suo gruppo di lavoro, ha confrontato il trattamento MBT-ED con una gestione specialistica di supporto clinico (Specialist Supportive Clinical Management – SSCM-ED) in pazienti con DA e Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Sebbene l’alto tasso di drop-out – solo il 22% dei soggetti ha completato il follow-up a 18 mesi – abbia reso i risultati di difficile interpretazione, gli autori hanno riscontrato un miglioramento clinico nella sintomatologia generale e specifica dei DA.

Alla fine della relazione vado via con alcune perplessità sull’efficacia – anche prospettica, e spero di essere smentito negli anni a venire – dell’approccio descritto in una popolazione clinicamente complessa (e con una psicopatologia “specifica”) come i DA. Se confrontiamo questi dati con quelli che la MBT ha ottenuto nel trattamento del DBP, infatti, il drop-out si assesta intorno al 12% e i miglioramenti clinici appaiono decisamente più consistenti.

Attaccamento, regolazione emotiva e il Sè nei pazienti affetti da disturbi alimentari

Il secondo giorno di lavori, dopo un dibattito sulla necessità dei ricoveri obbligatori per i pazienti con DA, vede il susseguirsi di diversi seminari clinici tra i quali quello di alcuni colleghi scandinavi (i.e., Rasmus Isomaa, Andreas Birgegård, Emma Forsén Mantilla, Elin Monell) su “Attaccamento, regolazione emotiva e il Sé: un modello integrativo con esemplificazioni cliniche”. In questo seminario i colleghi illustrano un modello clinico dove invitano i clinici a riflettere su diverse componenti costitutive dei DA. Nello specifico, l’interazione tra modelli di attaccamento, regolazione emotiva, la relazione del paziente con il proprio DA, l’immagine del sé e i sintomi alimentari specifici. I colleghi, pur suggerendo un approccio terapeutico centrato sui sintomi, stimolano una riflessione complessa sull’interazione di questi fattori per un management clinico maggiormente efficace.

L’immagine corporea nei pazienti con disturbi alimentari

Nel pomeriggio, oltre alle sessioni parallele di poster, assisto al seminario di Gerard Butcher e Michel Probst (rispettivamente del “Cognitive Solutions Clinic” a Dublino e della University of Leuven) su “Il corpo come amico o nemico: la gestione pratica delle problematica relativa all’immagine corporea nei DA”. Nel corso del seminario, dopo una breve introduzione sul concetto di immagine corporea, l’attenzione viene focalizzata su come, non solo all’interno dei social network (Facebook e Instagram su tutti), l’immagine proposta del corpo maschile e femminile “thin and toned” (magro e tonico) sia praticamente onnipresente anche nelle riviste specifiche di attività non prettamente di “fitness” come lo Yoga. In effetti, su quest’ultimo punto ci sono anche alcune ricerche che testimoniano questa tendenza e, le implicazioni socio-culturali di tali messaggi.

Successivamente a questo cappello teorico, il seminario continua con alcune esemplificazioni di interessanti interventi clinici gruppali focalizzati sull’immagine corporea ai quali prendiamo parte.

Il terzo, e ultimo, giorno di lavori ci vede – come gruppo di lavoro – presentare un lavoro sulle variabili cognitive e metacognitive nei DA, dove abbiamo assunto che non solo il perfezionismo e la bassa autostima, ma anche altre credenze cognitive e metacognitive specifiche per l’ansia (e.g., il Worry) avrebbero discriminato tra soggetti con DA e un gruppo di controllo. Come obiettivo secondario dello studio, inoltre, abbiamo illustrato le possibili differenze – in particolare per quanto riguarda le variabili di Worry, Controllability e Perfectionism – tra i sottotipi di DA, con un focus specifico su Anoressia e Bulimia Nervosa. Vivace il dibattito con la platea, prevalentemente composta da terapeuti di orientamento psicodinamico, sui pro e contro dell’implementare la complessità del trattamento versus l’esplorazione di nuove direzioni. A nostro modo di vedere, infatti, un possibile percorso alternativo – per aumentare la comprensione clinica e migliorare l’efficacia terapeutica del trattamento dei DA – potrebbe includere l’esplorazione del ruolo dei processi metacognitivi nella genesi e nel mantenimento di tali patologie.

Il Congresso si conclude con un dibattito dal titolo “la focalizzazione sull’immagine corporea è una componente essenziale per il miglioramento clinico nei DA?” che vede Fernando Fernandez-Aranda (University of Barcelona) difendere il “si” e Cynthia Bulik (Karolinska Institutet), opporre un deciso “no”. La discussione con la platea è accesa e il dibattito estremamente stimolante. Per la maggior parte, i colleghi si schierano per il “si” con motivazioni che vanno dall’analisi di studi correlazionali tra i DA e l’insoddisfazione corporea al fatto che, in termini nosografici, la componente “immagine corporea” sia presente in tutti i manuali della American Psychiatric Association (APA).

C’è da dire che il concetto di immagine corporea non è limitato soltanto all’insoddisfazione corporea, alla forma corporea, al body checking o all’essere felici del proprio corpo, ma risulta più ampio e inclusivo di dimensioni del sé quali, ad esempio, il self-concept o il self-scheme; in tale ottica, infatti, la discrepanza di risultati che riscontriamo in letteratura potrebbe derivare sia dalla vasta serie di strumenti e procedure di valutazione clinica, sia dalla notevole eterogeneità concettuale relativa a tale costrutto. D’altro canto, la Bulik sottolinea come i disturbi dell’immagine corporea siano clinicamente rilevanti nei campioni di pazienti con AN e, meno, nei pazienti con BN e DAI. Inoltre, citando Caterina da Siena, si ipotizza la scarsa riuscita di un trattamento psicoterapico focalizzato sull’immagine corporea, data la presenza di una forte componente ascetica e non focalizzata su un aspetto prettamente relativo a forme corporee, ponendo contestualmente la variabile culturale come dirimente nella genesi di problematiche relative alla body image. In definitiva, la Bulik suggerisce di non considerarla come componente “essenziale” ma, piuttosto, come una variabile da trattare quando presente.

Il dibattito, finito con delle votazioni vere e proprie (per alzata di mano), vede vincitore di gran lunga Fernandez-Aranda e il “si”.
Personalmente, concordo con una visione cauta (non ecumenica) e, in linea di massima – dovendo proprio scegliere – sceglierei la posizione della Bulik con la motivazione principale della penuria di studi clinici a supporto dell’”essenzialità”. Se osserviamo la letteratura CBT sull’argomento, infatti, possiamo notare come, oltre alla componente non trascurabile di una definizione univoca e per quanto possibile “netta” del costrutto, quando è stato confrontato l’intevento CBT-E (enhanced cognitive therapy) con uno CBT con una componente di ristrutturazione cognitiva incentrata sull’immagine corporea (CBT-C), entrambi i trattamenti sono risultati altrettanto efficaci sulla variabile dell’immagine corporea sia al post-trattamento che al follow-up di 4 mesi. Ovviamente ulteriori studi verranno condotti ma, allo stato attuale della ricerca, non mi sentirei di definire tale variabile come “essenziale” in tutto lo spettro dei DA.

 

Il congresso termina con un convivio a base di prodotti tipici lituani e, davanti al buffet imbandito, i contrasti del dibattito appena concluso sembrano appianarsi e assumere una luce diversa. Un plauso all’impeccabile organizzazione e alla determinazione dei colleghi lituani che hanno permesso uno svolgimento puntuale e rigoroso dei lavori nonché una piacevolissima permanenza in una stupenda capitale europea. A Parigi (2019)!

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