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Riflessioni psicologiche sul fenomeno dei robot del sesso

In arrivo i robot del sesso: bambole dall'aspetto bellissimo sempre accondiscendenti. Il rischio non è però aumentare le insicurezze con l’altro sesso?

Di Nicole Tornato

Pubblicato il 13 Giu. 2017

I robot del sesso sono bambole dall’aspetto femminile create per impersonare la donna “perfetta”: rispettano i canoni estetici e caratteriali desiderati dall’acquirente, che per averla paga una cospicua somma di denaro e saluta, illusoriamente, i problemi di approccio, i diverbi e i contrasti, gli abbandoni e i rifiuti che ipoteticamente si incontrano in una relazione reale.

 

Con i robot del sesso la bambola gonfiabile si evolve, si raffina e acquisisce le sembianze di una pornostar con un corpo estremamente curato e sessualizzante, pronuncia le parole giuste al momento giusto, esattamente ciò che vorrebbe sentirsi dire l’uomo interessato a godere della sua compagnia.

Robot del sesso: addio alla reciprocità e all’incontro tra identità

Non può ancora camminare, ma in compenso è sufficientemente snodata per un rapporto sessuale, condivide gli interessi dell’aspirante partner, possiede ogni tratto somatico da lui desiderato, non invecchia mai e promette una fedeltà garantita e sicura e, al contrario di una donna reale, è letteralmente nelle mani di un uomo cui non può sottrarsi: il robot del sesso non va a lavoro, non frequenta le amiche, non nutre passioni oltre a quelle contemplate dal suo “padrone”, non riflette sotto ottiche differenti, non discute, non si esprime, non cambia look, non ha gli occhi azzurri anziché verdi, non indosserà mai un abito o un trucco sgradito, e con il trascorrere del tempo non si riempirà di rughe, né ingrasserà o dimagrirà.

Non solo il rapporto manca di reciprocità, gradualità e spontaneità, ma anche dell’incontro di due identità perché il robot del sesso, non essendo umano, non è dotato di questo tratto tipico dell’uomo: la bambola non attraversa l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e l’anzianità, non è in grado di selezionare il partner in base alle esigenze e tratti personali, si limiterà solamente a funzionare come un giocattolo maneggiabile per il cliente che finalmente dichiara di aver trovato una sostituta alla ragazza in carne ed ossa.

Una creatura artificiale, il robot del sesso, che è quindi l’antitesi della donna reale, che come essere umano è dotata di un’unicità, tratteggiata dalle componenti estetiche e identitarie: la bambola è una riproduzione, una copia ricostruita ad hoc che può somigliare ad una persona reale e irraggiungibile, come la star cinematografica preferita, oppure avvicinarsi ad un prototipo mentale dalle peculiarità somatiche e personologiche specifiche. C’è chi la desidera orientale, chi occidentale, chi mora con gli occhi marroni o bionda con gli occhi verdi, chi spiritosa, chi pacata, comunque in costante adorazione e accondiscendenza del partner.

Le reazioni alla diffusione dei robot del sesso

La diffusione del fenomeno robot del sesso ha scatenato ben presto reazioni contrastanti; dai movimenti contrari a queste nuove creazioni nate prevalentemente su imitazione del sesso femminile che viene deriso, umiliato e oggettivato, fino all’entusiasmo di chi finalmente potrà costruire la compagna ideale senza neanche impegnarsi a rendersi desiderabile per lei. Se da un lato il robot del sesso suscita scalpore e indignazione, dall’altro si afferma come un sogno finalmente realizzato: la ricerca dell’amante perfetta, irreale, totalmente pertinente ai bisogni maschili è presente ormai da secoli e ora, con l’avanzamento tecnologico, si concretizza in un prodotto ottenibile ad un prezzo elevato in termini sia economici che psicologici.

Optare per la frequentazione di un robot progettato sulla base di ciò che si pretende dalla partner, sottolinea un dato rilevante nell’identità e nelle relazioni interpersonali: infatti nel rapporto maturato con un essere umano o robotico entrano in gioco i significati personali che definiscono il modo di rappresentare se stessi, gli individui e gli eventi, pertanto la scelta della compagna è indicativa delle necessità inconsapevoli che confermano le interpretazioni soggettive. Pensare di essere inadeguati nelle relazioni interpersonali ad esempio, è una delle tante possibili credenze che conducono alla selezione di un partner robotico che, in tale frangente, confermerebbe l’idea di partenza in un circolo vizioso, difficile da individuare senza un aiuto terapeutico.

I significati personali prevalenti nel funzionamento soggettivo sono quindi punti di partenza per riflettere sulle motivazioni che spingerebbero gli uomini a stringere “legami” duraturi e occasionali con una bambola parlante: lo slogan dell’azienda produttrice proclama l’importanza dei bisogni del cliente e il robot del sesso, così com’è stato progettato, sembra rivestire la necessità di controllo su una donna ridotta ad un oggetto manovrabile, docile, sottomessa, incapace di replicare e autodeterminarsi. Non sarebbe casuale, infatti, se gli uomini interessati ad un prodotto simile adottassero con maggior frequenza atteggiamenti ipercritici sul corpo femminile che per essere esteticamente appetibile deve conformarsi a canoni estetici faticosi, innaturali e irraggiungibili, fino a ridursi ad un oggetto in costante auto-osservazione e modificazione.

Di conseguenza la  donna “perfetta” non può essere altro che una bambola programmata per appagare la sessualità, del tutto priva della personalità, del calore e dell’intelligenza degli esseri umani: la partner ideale, non è pensata secondo gli aspetti identitari che si rispecchiano negli interessi, nel modo di gestire le relazioni o nella concezione di sé e dell’esterno, bensì è enfatizzata principalmente per le componenti estetiche che assumono una rilevanza cruciale.

Robot del sesso: una risposta alla solitudine?

Stando all’opinione dei programmatori, però, tale invenzione è finalizzata a sopperire il vuoto interiore degli acquirenti, soli e insoddisfatti. Una soluzione del genere, tuttavia, potrebbe alleviare la sofferenza in un primo momento, immediatamente dopo l’acquisto, per poi rafforzare e peggiorare con il tempo il malessere, in un circolo vizio disfunzionale: rifiutare il rapporto con gli esseri umani significa accantonare l’eventualità di “fare esperienza” di emozioni, pensieri e sensazioni che nascono dall’interazione, e quindi di gioire e soffrire insieme, subire un abbandono o un rifiuto, deludere ed essere delusi, confrontarsi con le discrepanze che rendono le persone uniche in quanto tali e consentono una potenziale crescita.

Tutto ciò, infatti, non si verifica con la bambola, con la quale cambia anche la concezione della coppia: la costruzione di una storia affettiva con una persona, infatti, richiede varie fasi che attraversano l’innamoramento e l’amore, dall’idealizzazione di sé e dell’altro in cui si sovrastimano le risorse reciproche, al confronto tra pregi e difetti che portano alla decisione dell’impegno in un progetto di coppia duraturo, fino all’ipotetica rottura e all’elaborazione del lutto che, intrapresa costruttivamente, consente di incrementare una conoscenza di sé e dell’altro, una migliore gestione emotiva, un’integrazione di molteplici punti di vista, e quindi un arricchimento in termini di maturazione personale.

La presenza di un altro umano è perciò fondamentale per comprendere la propria e l’altrui mente, formulare ipotesi e riflettere su pensieri, intenzioni e comportamenti, ad esempio, al fine di conoscere se stessi e l’esterno. Passioni divergenti, piccole incomprensioni e incompatibilità caratteriali, delusioni e percezioni di fallimenti non sono rare eccezioni e influiscono sull’andamento relazionale fin dai primi incontri, pertanto si può dedurre che la ricerca di un robot del sesso, dalle frasi limitate e compiacenti costituisca una soluzione illusoria alla difficoltà di venire incontro all’altro ma anche di mettersi in discussione e integrare nuovi modi di vedere la realtà.

Di conseguenza nasce spontanea la domanda sulla profondità del rapporto con un robot del sesso: come diventerà a lungo termine? L’interazione con una compagna robotica che non possiede interessi, intelligenza e personalità ed è per di più priva di espressioni facciali, imperfezioni estetiche, movimenti corporei, odore, tatto, e in sostanza di tutte le esperienze pregresse e attuali solleva numerosi interrogativi sulla qualità relazionale spogliata della comunicazione non verbale: diversamente da un volto che con i suoi tratti distintivi, mutevoli e imperfetti, reattivi agli stimoli interni ed esterni avvia importanti messaggi, la bambola resta imperturbabile, statica, innaturale, non possiede pertanto la componente espressiva che trasmette un effetto emotivo in chi la osserva.

Perché esiste allora? La bambola è programmata per colmare la solitudine e le altre lacune emotive non elaborate che costituiscono una condizione di malessere iniziale o un problema destinato a radicarsi, specialmente se ad utilizzarla sono i giovani con poca esperienza nelle relazioni sentimentali: il rischio del robot del sesso è quindi di aumentare le insicurezze nell’incontro con l’altro sesso, evitare le paure, le responsabilità ed eventuali apprendimenti che permettono di propendersi al futuro con maggior consapevolezza e crescita. Una relazione con un essere umano, seppur impegnativa e talvolta scottante, avvia un’esperienza potenzialmente produttiva per conoscere se stessi e gli altri e quindi sentire la sofferenza e il piacere, migliorare i punti di forza e fronteggiare gli elementi di debolezza, cosa che non sembra verificarsi in un rapporto con un robot. Analizzare l’ambito delle relazioni sentimentali e i significati correlati diventa, pertanto, un punto di partenza percorribile per comprendere le motivazioni che spingono determinati soggetti a selezionare un partner robotico e a scartare un essere umano.

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