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Manchester by the sea (2016) – Cinema & Psicoterapia

Il film Manchester by the sea ci descrive quanto non accogliere la propria sofferenza e affrontare un dolore possa portare a conseguenze drammatiche

Di Giorgia Maestri

Pubblicato il 12 Giu. 2017

Aggiornato il 05 Dic. 2018 11:02

Manchester by the sea, un film di Kenneth Lonergan. Con Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Lucas Hedges, C.J. Wilson – Drammatico, Stati Uniti –  2016

 

Manchester by the sea – Trama:

Lee Chandler è un uomo solitario e introverso che vive a Boston. Un giorno riceve la notizia che suo fratello maggiore Joe è ricoverato in ospedale a causa di un attacco cardiaco. Lee si trova pertanto a dover ritornare nella sua città natale: Manchester by the sea. Una volta giunto all’ospedale, scopre che il fratello è morto: a quel punto decide di trattenersi nella cittadina per informare dell’accaduto suo nipote Patrick – figlio del defunto – e per organizzare il funerale.

Durante il periodo di permanenza, Lee cerca di stare accanto al nipote del quale peraltro scopre di essere stato nominato tutore, conformemente alle disposizioni testamentarie di Joe: l’uomo appare molto riluttante ad accettare questo ruolo, ma nello stesso tempo vorrebbe impedire una riconciliazione di Patrick con la madre, un’ex alcolista che già da tempo si è allontanata dal marito defunto e dal figlio. Mentre cerca di capire che cosa fare con il nipote, Lee rientra in contatto con l’ex moglie Randi e con la vecchia comunità da cui era fuggito: e un tragico passato riaffiorerà alla sua mente.

Motivi di interesse:

Il film Manchester by the sea si muove elegantemente e in modo equilibrato tra presente e passato. E’ più quel che non si dice, di quel che si esplicita in questa pellicola. E’ più quello che arriva direttamente allo spettatore, che non quello che viene descritto.

La musica, la fotografia e l’ambientazione accompagnano e scandiscono i ritmi dell’emotività del protagonista: un’emotività lenta, felpata, cupa, coartata, che a tratti esplode in aggressività improvvisa.

I silenzi e lo sguardo assente di Lee tradiscono fin dal primo momento l’ombra di un passato travagliato e doloroso che a mano a mano viene svelato e sussurrato all’orecchio dello spettatore e che risulta totalmente inaspettato, tanto è intensa la portata del dramma.

Nell’arco di mezz’ora, la vita di Lee è stata completamente sconvolta. Una serata goliardica con gli amici si è tramutata in una tragedia tale da rendere evidente la ragione per cui fin dalla prima scena il protagonista appaia come un “morto che cammina”: non esiste nessuna luce nel suo sguardo; egli ha preso distanza da se stesso – completamente annientato da un’indifferenza autodistruttiva – perché non può tollerare una sofferenza così grande.

Il film Manchester by the sea però ci conferma che il dolore si può nascondere, non cancellare; il dolore non si piega: rimane sotto e lavora alacremente.

E il protagonista questo lo dimostra attraverso le manifestazioni di rabbia improvvisa, apparentemente immotivate e indirizzate a bersagli sbagliati, che lo dirigono a una distanza da se stesso sempre più invalicabile e insormontabile.

La maestria del regista è da ricondurre a uno sguardo essenziale e realistico, privo di retorica e sentimentalismo, che rende questo film drammatico, ma non melodrammatico. Non compaiono momenti corali a effetto né lacrime strazianti in Manchester by the sea, non si realizzano lunghi discorsi né vengono letti toccanti elogi funebri.

La scena in cui Lee saluta per l’ultima volta all’obitorio suo fratello è carica di tenerezza: una tenerezza non ostentata, talmente sobria da poter ingannevolmente apparire asciutta.

E’ un dolore dignitoso e silenzioso quello che attraversa l’intero film: da cui è impensabile non rimanere colpiti, a cui è impossibile non partecipare.

Forse lo spettatore potrà rischiare di rimanere con l’amaro in bocca, desideroso di  parole e avvenimenti, voglioso di assistere a una catarsi emotiva o a una svolta esperienziale.

In effetti la sterzata arriverà solo quando il protagonista riuscirà “semplicemente” a guardarsi allo specchio e ad ammettere la sua estrema fatica. Dopo un drammatico incontro con l’ex moglie Randi, confrontandosi con il nipote – che gli sta ponendo incalzanti quesiti sulla sua sorte futura – rivela : “non ce la faccio a rimanere qui”. Poi va ad abbracciare il giovane, come se entrasse realmente per la prima volta in relazione con lui.

La grandezza di Manchester by the sea risiede nella sua totale onestà, rappresentata in gran parte dall’umanità e dalla drammatica credibilità del protagonista. Lee magari non ce la farà a rielaborare il suo passato, non riuscirà a tornare totalmente a sorridere, però arriverà ad accogliere la sua disperazione e la sua fragilità e a superare l’empasse di un passato totalmente schiacciante, per provare a stare finalmente nel presente. La vita tornerà nei suoi occhi attraverso la consapevolezza di una grande, immane tristezza, che gli restituirà una vera autenticità.

Indicazioni di utilizzo:

Manchester by the sea ci descrive in modo realistico quanto non affrontare un dolore possa portare a conseguenze drammatiche tali da causare un allontanamento profondo da se stessi e una disconnessione dal presente e contemporaneamente ci dimostra che accogliere la propria sofferenza e le proprie emozioni sia l’unico modo per  prenderne consapevolezza e poterle fronteggiare.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Coratti, B., Lorenzini, R., Scarinci, A., Segre, A., (2012) Territori dell’incontro. Strumenti psicoterapeutici, Alpes Italia, Roma.
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