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“E pensare che c’era il pensiero” – Report del seminario sul Modello Metacognitivo per l’uso problematico di alcol

Nel seminario G. Caselli e M. Spada hanno esposto i principi cardine del modello metacognitivo e i suoi effetti sul modo di pensare e agire verso l’ alcol

Di Elena Lo Sterzo, Guest

Pubblicato il 17 Mag. 2017

Aggiornato il 19 Mag. 2017 18:42

Il 12 aprile 2017 la Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Bologna ha ospitato il Prof. Marcantonio Spada e il Prof. Gabriele Caselli per il seminario: “Il Modello Metacognitivo per l’uso problematico di alcol”.

di Giorgia Garozzo, Maria Marotta, Elena Lo Sterzo

 

Il 12 aprile 2017 la Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Bologna ha ospitato il Prof. Marcantonio Spada, docente di psicologia presso la South Bank University di Londra e il Prof. Gabrielle Caselli, ricercatore presso Studi Cognitivi e docente presso la Sigmund Freud University di Milano, per il seminario: “Il Modello Metacognitivo per l’uso problematico di alcol”.

La metacognizione è una abilità cognitiva che Wells (2000) ha definito come la cognizione della cognizione, ovvero le strutture psicologiche, le credenze, gli eventi e i processi che sono coinvolti nel controllo, nella modifica e nell’interpretazione del pensiero stesso.

Il professor Spada introduce il concetto di metacognizione con un esempio di vita quotidiana, il fenomeno della “parola sulla punta della lingua”, ovvero quando si cerca di recuperare un’informazione che sappiamo essere presente nel magazzino di memoria (e quindi avvertiamo un senso di familiarità verso essa), ma in quel momento si ha difficoltà a recuperarla.

La metacognizione è un insieme di processi e di contenuti mentali che influenzano profondamente il funzionamento cognitivo: è il pensiero del pensiero, e permette a ogni persona di “supervisionare” le attività della propria mente.

Il professor Spada evidenzia come questo concetto sia emerso inizialmente come tematica fondamentale a livello artistico-letterario nella prima parte del XX secolo, proponendoci ad esempio l’immagine dell’opera di Escher “Mano con sfera riflettente”, e un passo di André Gide: “Nel momento in cui guardo me stesso agire, non capisco come una persona che agisce sia la medesima che guarda sé stessa agire, e che si chiede, con stupore e incertezza, come possa essere sia attrice che spettatrice nello stesso momento”. Inoltre, sottolinea che tale concetto è stato introdotto nella psicologia cognitiva da Flavell già nel 1976, e che, da allora, ha avuto ampia applicazione negli ambiti, tra gli altri, della psicologia scolastica e del trattamento dei disturbi dell’apprendimento (Cornoldi, 1995). Tuttavia, per trovare le sue applicazioni alla sfera della clinica e del trattamento dei disturbi psicopatologici, dobbiamo aspettare i modelli di Wells & Matthews nel 1994.

Il contributo dei docenti si è sviluppato introducendo le basi teoriche e di trattamento della terapia cognitiva classica, mettendone anche in luce alcuni limiti ed evidenziando l’esigenza di focalizzarsi su altri aspetti. La terapia cognitiva classica (Beck, 1976) si basa sull’analisi dei pensieri automatici e sulla ristrutturazione di schemi di pensiero disfunzionali.

Diversamente, l’approccio degli autori e del modello teorico al quale fanno riferimento pone l’attenzione sul controllo e sulla gestione del pensiero piuttosto che sull’analisi dei contenuti: non è più il contenuto del pensiero ad essere affrontato col paziente, ma diventa centrale il modo in cui il paziente interagisce con esso.

Il professor Spada induce alla riflessione ponendo la domanda: “Cosa trasforma un pensiero o un’emozione negativa in un disturbo perseverativo del pensiero?” La risposta è nella Sindrome Cognitiva Attentiva (CAS) che racchiude quegli stili di pensiero ripetitivi, ciclici, negativi e perseveranti che caratterizzano la ruminazione, il rimuginio e il pensiero desiderante, i quali portano allo sviluppo e al mantenimento della patologia (Wells & Matthews, 1996).

 

Il modello metacognitivo per l’uso problematico di alcol

Spada, Caselli e Wells (2012) elaborano il Modello Metacognitivo Trifasico del consumo problematico di alcol con l’obiettivo di individuare in che modo e in che misura la CAS e le metacognizioni sono coinvolti nel comportamento disregolato di consumo alcolico.

Il modello metacognitivo è composto dalla fase pre-uso, dalla fase di uso di alcol e da quella di post-uso. Le metacredenze riferite all’alcol sono presenti in maniera trasversale in ciascuna fase e sono del tipo: “quando bevo sono più socievole; il bere ha controllo sulla mia vita; ripensare al perché bevo mi aiuterà a capirne le motivazioni”, mentre la CAS è presente maggiormente nelle fasi di pre- e post- uso di alcol. Il contenuto delle credenze metacognitive è riferibile alle tematiche legate alla sensazione di mancanza di controllo sul comportamento di assunzione e dalla sovrastima degli effetti positivi dell’uso della sostanza. A rendere disfunzionali e disturbanti per la persona i pensieri caratteristici del CAS è la loro profonda pervasività e perseveranza.

Il Prof. Caselli propone poi un esempio del pensiero rimuginativo: “Inizio a bere per smettere di rimuginare…Poi rimugino perché ho bevuto troppo e quindi sono costretto a bere per smettere di rimuginare sul fatto che ho bevuto troppo[..]”.

Questo nuovo modello metacognitivo ha dimostrato la sua efficacia nel trattamento di vari disturbi, tra cui quelli d’ansia e depressivi (Norman, van Emmerik e Molina, 2014). Attualmente il prof. Caselli sta conducendo il primo trial per il trattamento di pazienti con uso problematico di alcol con l’approccio del modello metacognitivo.

Tale approccio ha come focus centrale il controllo del pensiero, e quindi anche del comportamento. I punti fondamentali sono:

  • Monitoraggio metacognitivo: monitorare informazioni rilevanti per il nostro scopo, incentivare il paziente a monitorare l’assunzione e gli effetti mentre il comportamento avviene.
  • Atteggiamento verso il craving: modificare la credenza del paziente evidenziando le conseguenze disfunzionali del pensiero rimuginante
  • Credenze metacognitive: si interviene primariamente sulle metacredenze negative che sono legate alla mancanza di controllo, e successivamente sulle positive che sono inerenti ai benefici derivanti dall’assunzione di alcol.
  • Concettualizzazione delle fasi che portano al comportamento disregolato.
  • Bere controllato metacognitivamente: incremento di un monitoraggio metacognitivo adattivo attraverso l’uso di metafore, esercizi e compiti a casa; modulazione del consumo tramite esercizi pratici come posporre l’inizio del consumo alcolico, dilatare nel tempo il consumo e fissarne un limite.

Concludendo, il seminario ha permesso di inquadrare i principi cardine del modello metacognitivo trifasico , caratterizzato dalla Sindrome Cognitiva Attentiva (CAS) e dalle metacredenze, le quali sono centrali nell’impianto terapeutico, in quanto vengono utilizzate per intervenire sul controllo del consumo e sul controllo del rimuginio cambiando la percezione che il soggetto ha del proprio modo di pensare e di agire verso l’ alcol.

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Elena Lo Sterzo
Elena Lo Sterzo

Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo-Comportamentale. Specialista in Neuroscienze

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Beck, A. T. (1976). Cognitive therapy and the emotional disorders. New York: International Universities Press.
  • Cornoldi, C. (1995). Metacognizione e apprendimento. Il Mulino.
  • Flavell, J. H. (1976). Metacognitive aspects of problem solving. In L. B. Resnick (Ed.), The nature of intelligence (pp. 231-235). Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum.
  • Norman, N., van Emmerik, A.A. & Morina, N. (2014). The efficacy of metacognitive therapy for anxiety and depression: a meta-analytic review. Depression & Anxiety, 31(5), 402-411.
  • Spada, M. M., Caselli, G., & Wells, A. (2012). A triphasic metacognitive formulation of problem drinking. Clinical Psychology & Psychotherapy, 20, 494–500.
  • Spada, M. M., Caselli, G., Nikčević, A. V., & Wells, A. (2015). Metacognition in addictive behaviors. Addictive Behaviors, 44, 9–15.
  • Wells, A. & Matthews, G. (1996). Modelling cognition in emotional disorder: The S-REF model. Behaviour Research and Therapy, 34, 881–888.
  • Wells, A. (2000). Emotional disorders and metacognition: Innovative cognitive therapy. John Wiley & Sons.
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