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Il trattamento dell’ansia nei disturbi dello spettro autistico: nuove frontiere per la terapia cognitivo-comportamentale

L' efficacia della CBT per l' ansia nei disturbi dello spettro autistico sta ricevendo supporto e conferme sperimentali, ottenendo risultati promettenti.

Di Elisa Grandi

Pubblicato il 28 Apr. 2017

Aggiornato il 27 Giu. 2019 11:54

Le persone con Disturbi dello Spettro Autistico sembrerebbero essere più vulnerabili e maggiormente esposte rispetto alla popolazione normale a sviluppare disturbi d’ansia, probabilmente proprio a causa dei deficit legati alla patologia, come le difficoltà sociali e di comunicazione, l’aumentata sensibilità sensoriale e le difficoltà di regolazione emotiva.

Elisa Grandi – OPEN SCHOOL Scuola Cognitiva di Firenze

 

La relazione tra ansia e autismo

Quando nel 1943 lo psichiatra infantile Leo Kanner descrisse per la prima volta “l’ autismo infantile”, accanto alle caratteristiche distintive presentate da questi bambini, considerate ancora oggi essenziali per diagnosticare i Disturbi dello Spettro Autistico (DSA; deficit nell’interazione e comunicazione sociale e pattern di comportamenti ristretti e ripetitivi, APA 2013), egli osservò che molti di loro presentavano comportamenti di tipo ansioso. Recenti ricerche sperimentali e indagini epidemiologiche hanno confermato l’iniziale intuizione dello psichiatra austriaco, evidenziando come nei Disturbi dello Spettro Autistico siano frequentemente associati più o meno gravi Disturbi d’Ansia (Ung et al., 2013; Joshi et al., 2013; Gjevik et al., 2011; White et al., 2009; Simonoff et al, 2008) con una comorbilità stimata attorno al 40% (van Steensel et al., 2011) e una distribuzione analoga a quella riscontrata nella popolazione normale (dove la Fobia Specifica è la patologia maggiormente rappresentata, seguita dal Disturbo Ossessivo Compulsivo e dalla Fobia Sociale; van Steensel et al., 2011).

Sebbene la relazione tra Disturbi dello Spettro Autistico e ansia sia complessa condividendo i due disturbi alcune caratteristiche nosologiche (ad esempio ritiro sociale e comportamenti ritualizzati), numerosi studi evidenziano come le problematiche ansiose vadano al di là dei sintomi legati all’ autismo (Kerns et al., 2014; Renno & Wood, 2013; Storch et al., 2012; Ung et al., 2014): le persone con Disturbi dello Spettro Autistico sembrerebbero essere più vulnerabili e maggiormente esposte rispetto alla popolazione normale a sviluppare disturbi d’ ansia, probabilmente proprio a causa dei deficit legati alla patologia, come le difficoltà sociali e di comunicazione (Bellini, 2004), l’aumentata sensibilità sensoriale (Mazurek et al., 2013) e le difficoltà di regolazione emotiva (Kleinhans et al., 2010; Loveland, 2005). La problematica ansiosa inoltre, provocando, ad esempio, irritabilità, disturbi del sonno, disattenzione e comportamenti dirompenti, esacerberebbe i sintomi connessi all’ autismo, già di per sé invalidanti, compromettendo ulteriormente il funzionamento sociale e cognitivo delle persone con Disturbi dello Spettro Autistico (Kerns & Kendall, 2012; Wood & Gadow, 2010).

Considerare nei Disturbi dello Spettro Autistico la possibile e frequente compresenza di altre patologie psichiatriche, in primis l’ ansia, è dunque fondamentale al fine di implementare trattamenti il più possibile adeguati, in cui possano essere integrate tecniche d’intervento già validate e rivelatesi efficaci, con il duplice scopo di migliorare la qualità di vita delle persone con Disturbo dello Spettro Autistico e di prevenire l’insorgere di ulteriori patologie, quali i disturbi dell’umore, frequentemente associati ai disturbi d’ ansia cronici (Brady & Kendall, 1992).

 

Disturbi dello Spettro Autistico e Ansia: la terapia cognitivo-comportamentale

La terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) è attualmente considerata a livello internazionale come il più affidabile ed efficace modello per la comprensione e il trattamento dei disturbi d’ ansia (Nathan & Gorman, 2015). Tale approccio postula una complessa relazione tra pensieri, comportamenti ed emozioni, assumendo che l’ ansia patologica derivi dall’interazione tra credenze disfunzionali, eccessivo arousal fisiologico e comportamenti di evitamento, e che essa si cronicizzi a causa di meccanismi di mantenimento.

Obiettivo centrale del trattamento cognitivo-comportamentale è dunque quello di modificare le cognizioni e i comportamenti alla base del mantenimento dei sintomi ansiosi; le sue componenti centrali includono, sinteticamente, l’apprendimento di tecniche atte a ridurre l’arousal fisiologico e permettere una più efficace regolazione emotiva, la messa in discussione delle credenze disfunzionali e, infine, l’esposizione graduale e sistematica agli stimoli ansiogeni per ridurre i comportamenti di evitamento.

Data la sua comprovata efficacia nel trattamento dei disturbi d’ ansia nella popolazione tipica (Stewart & Chambless, 2009), negli ultimi anni diversi studiosi hanno sperimentato l’utilizzo di protocolli CBT con bambini e adolescenti con Disturbi dello Spettro Autistico che presentavano disturbi d’ ansia in comorbilità, ottenendo risultati promettenti e riscontrando una riduzione dei sintomi pari a quella ottenuta nella popolazione tipica (Chalfant et al. 2007; Reaven et al. 2012; Sofronoff et al. 2005; Wood et al. 2009).

 

CBT e autismo: variazione dei protocolli per la gestione dell’ansia

La maggior parte degli studi ha previsto la modifica dei protocolli d’intervento standardizzati considerate le note difficoltà di comunicazione e d’identificazione e comprensione dei propri e altrui stati mentali delle persone con autismo (Baron-Cohen, 1997, 2001). Le variazioni più rilevanti sono consistite:

  • Nell’introduzione di storie sociali (Gray, 1998);
  • Nell’utilizzo di supporti visivi;
  • Nella maggiore enfasi posta sull’insegnamento di strategie di coping che non richiedono l’uso di linguaggio astratto;
  • Nell’inclusione nelle sessioni CBT degli interessi speciali spesso presentati dalle persone con Disturbo dello Spettro Autistico;
  • Attribuendo maggiore spazio all’insegnamento si semplici abilità sociali (Attwood, 2004; Anderson & Morris, 2006; Woods et al., 2013).

Ad esempio, Chalfant e collaboratori (2007), nel primo studio controllato che ha indagato l’efficacia di un trattamento cognitivo-comportamentale in bambini con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico in comorbilità con un disturbo d’ ansia, hanno utilizzato il Cool Kids Program (Lyneham et al., 2003) adattandolo alle peculiari caratteristiche cognitive e d’apprendimento delle persone con Disturbi dello Spettro Autistico (con l’introduzione di materiale visivo e semplificato, la predilezione per attività concrete piuttosto che basate sulle competenze linguistiche, la maggiore enfasi posta sulle strategie di rilassamento e l’estensione del programma stesso a più sessioni di quelle previste nel programma originale).

Analogamente, Ekman e Hiltunen (2015) hanno modificato un protocollo cognitivo-comportamentale indicato per i disturbi d’ ansia e i comportamenti di evitamento (Roth & Fonagy, 2005) visualizzando sistematicamente tutto ciò che nella conversazione terapeutica è solitamente implicito, rendendolo esplicito e quindi maggiormente comprensibile alle persone con autismo e ottenendo buoni risultati nella riduzione dei livelli d’ ansia e dei comportamenti di evitamento.

 

I recenti protocolli di intervento sull’ansia sviluppati per bambini con Disturbi dello Spettro Autistico

Recentemente, alcuni gruppi di ricerca hanno sviluppato protocolli d’intervento sui disturbi d’ ansia specifici per i Disturbi dello Spettro Autistico, protocolli quindi innovativi e costruiti ad hoc in base alle peculiarità cognitive ed emotive delle persone con autismo.

Il Facing Your Fears (Reaven et al., 2011, 2012, 2015), ad esempio, è un trattamento cognitivo-comportamentale originale e manualizzato che prevede sessioni di gruppo e il coinvolgimento costante dei famigliari; esso comprende l’implementazione delle tecniche tipiche d’intervento della CBT (rilassamento, tecnica del respiro lento, regolazione emotiva, esposizione graduale e uso di strategie cognitive), e include inoltre l’utilizzo prevalente di materiale visivo, l’impiego di video-modeling e l’inserimento nelle attività degli specifici interessi speciali dei partecipanti.

Similmente, il BIACA (Behavioral Interventions for Anxiety in Children with Autism; Wood et al., 2009, 2015) prevede sia sessioni individuali che di gruppo con i famigliari; esso è strutturato in moduli d’intervento che vengono implementati in base alle esigenze dello specifico paziente e include, oltre alle tipiche strategie d’intervento della terapia cognitivo-comportamentale, l’utilizzo di schemi strutturati di rinforzo per la promozione di strategie di coping più funzionali e l’apprendimento di specifiche abilità sociali sia a supporto dei compiti di esposizione graduale che idonee al fronteggiamento delle situazioni alla base dell’ ansia (es. interazione con i coetanei).

 

La CBT per l’ansia in pazienti con autismo: prove d’efficacia e difficoltà

Complessivamente considerati, gli studi sperimentali sinora condotti hanno dimostrato l’applicabilità, in primis, e l’efficacia dei trattamenti CBT per i disturbi d’ansia nelle persone con Disturbo dello Spettro Autistico, evidenziando risultati promettenti (Danial & Wood, 2013; Ung et al., 2014). Da una meta-analisi condotta su un totale di 8 studi (Storch et al., 2013; Chalfant et al., 2007; Sofronott et al., 2005; Wood et al., 2009; Reaven et al., 2012; McNally et al, 2013; White et al., 2013; Sung et al. 2011), selezionati in quanto randomizzati ed effettuati con adeguate condizioni di controllo (costituite da lista d’attesa e/o intervento non CBT), Sukhodolsky e collaboratori (2013) hanno rilevato un’efficacia pari a quella riscontrata nella popolazione tipica (Reynolds et al., 2012; James et al., 2005).

Nonostante queste considerazioni, che sottolineano la validità dei protocolli CBT per l’ansia anche nei Disturbi dello Spettro Autistico, è comunque opportuno rilevare i limiti e le difficoltà che attualmente caratterizzano questo tipo di interventi. Al momento, la quasi totalità gli studi effettuati hanno incluso nel campione solo individui con “autismo ad alto funzionamento”, ossia persone con Disturbi dello Spettro Autistico che non presentavano disabilità intellettiva (un solo studio ha incluso soggetti con ritardo lieve, ottenendo comunque buoni risultati (Unwin et al., 2016). A limitare l’applicabilità dei trattamenti CBT nei disturbi dello spettro autistico incidono, inoltre, le difficoltà di assessment dei disturbi d’ ansia in comorbilità con Disturbi dello Spettro Autistico data la parziale sovrapposizione sintomatologica dei due disturbi, oltre che a causa delle difficoltà di comunicazione delle persone affette dai Disturbi dello Spettro Autistico.

E’ importante che l’accertamento diagnostico si avvalga di molteplici fonti per la raccolta delle informazioni (la persona con Disturbo dello Spettro Autistico, i famigliari, gli insegnanti, medici di base), oltre che di diversi strumenti d’indagine (questionari, colloqui clinici, osservazione comportamentale). Rispetto ai questionari per la rilevazione dei sintomi ansiosi, non è possibile dar per scontata la validità di quelli in uso nella popolazione tipica; sebbene sia auspicabile la costruzione di uno strumento specifico per l’indagine dei disturbi d’ansia nei Disturbi dello Spettro Autistico, i dati preliminari di uno studio condotto nel 2014 (Magiati et al.) evidenziano l’affidabilità dello Spence Children’s Anxiety Scale (SCAS; Spence, 1998) quale strumento di screening. Lo sviluppo di uno strumento d’assessment specifico per i disturbi d’ ansia in comorbilità con i Disturbi dello Spettro Autistico si rileva particolarmente importante anche per la valutazione dell’efficacia degli interventi, in quanto la possibilità di poter rilevare una diminuzione significativa della sintomatologia ansiosa post-trattamento è parametro essenziale per poter affermare l’utilità e validità del trattamento stesso.

In conclusione, l’applicabilità ed efficacia della terapia cognitivo-comportamentale per l’ ansia nei disturbi dello spettro autistico sta gradualmente ricevendo supporto e conferme sperimentali, ottenendo risultati promettenti. Sono però necessarie ulteriori indagini e ricerche, soprattutto nella direzione di sviluppare sia protocolli d’intervento che strumenti d’assessment specifici per questa popolazione di pazienti, che tenga conto delle loro caratteristiche cognitive e socio-emotive, al fine ulteriore di ampliare l’utilizzo della terapia cognitivo-comportamentale ed esplorarne possibili ulteriori e non scontate applicazioni.

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