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Il ruolo delle distorsioni cognitive nella trasmissione intergenerazionale dell’ansia 

Diversi studi hanno dimostrato come esista una trasmissione intergenerazionale dell'ansia e alla base vi sarebbero delle distorsioni cognitive.

Di Fiammetta Monte

Pubblicato il 08 Feb. 2017

Trasmissione intergenerazionale dell’ansia: come dimostrano ormai numerosi studi, i figli di genitori ansiosi hanno una maggior probabilità di sviluppare un disturbo d’ansia, in età di sviluppo o successivamente in età adulta.

 

La trasmissione intergenerazionale dell’ansia

Secondo il modello cognitivista della psicopatologia, i disturbi d’ansia sono attribuibili ad errori di ragionamento sistematici che occorrono nella valutazione degli eventi esterni o mentali. Tali errori di ragionamento sistematici, in età adulta così come nei bambini e negli adolescenti causano risposte emotive coerenti con essi, ad esempio l’ansia.

Come dimostrano ormai numerosi studi, i figli di genitori ansiosi hanno una maggior probabilità di sviluppare un disturbo d’ansia, in età di sviluppo o successivamente in età adulta. Ad esempio la meta analisi di Micco e colleghi (2009) ha evidenziato come i figli di genitori con una diagnosi di disturbo d’ansia abbiano il doppio delle probabilità di sviluppare un disturbo d’ansia rispetto ai figli di genitori con altri disturbi psicologici (ad esempio depressione o abuso di sostanze), e il quadruplo delle probabilità rispetto a bambini che hanno genitori senza alcun disturbo psicopatologico.

Non sono ancora chiari i fattori che portano a tale trasmissione intergenerazionale dell’ansia. Per molti anni si è sopravvalutata l’influenza di fattori genetici ed ereditari ma gli studi più recenti evidenziano come tali fattori spieghino soltanto in parte tale tendenza: seppure l’ereditarietà genetica contribuisca a predisporre l’individuo in termini di vulnerabilità ai sintomi d’ansia, il peso dei fattori ambientali sembra essere maggiore.

Nello studio su coppie di gemelli di Gregory ed Heley (2007), ad esempio, è stato evidenziato come soltanto un terzo della varianza nell’ansia infantile sia spiegata da fattori genetici, mentre i restanti due terzi siano attribuibili ad influenze ambientali. Con riferimento a quest’ultimo ambito di fattori, numerosi sono stati i tentativi teorici e sperimentali di individuazione dei meccanismi di trasmissione intergenerazionale dell’ansia: attaccamento, stile parentale, esperienze di apprendimento e distorsioni nell’elaborazione dell’informazione. Ad esempio, con riferimento alla teoria dell’attaccamento, sono stati condotti studi sperimentali in cui sono state riscontrate delle relazioni forti tra un comportamento di cura sensibile della figura di riferimento e la sicurezza di attaccamento dei bambini e, al contrario, un attaccamento di tipo insicuro nei genitori e nei bambini sembra essere associato all’ansia infantile.

Rispetto allo stile parentale diversi studi evidenziano come uno stile genitoriale controllante sia associato ad ansia nei bambini (Wood, McLeod, Sigman, Hwang, & Chu, 2003; McLeod, Wood & Weisz, 2006). Rapee (2005) ha teorizzato questa relazione causale ipotizzando che l’iper-controllo genitoriale possa trasmettere ripetutamente al bambino due messaggi: 1) il mondo è pericoloso; 2) non hai la capacità di affrontare efficacemente situazioni nuove e/o pericolose. Secondo l’autore inoltre il comportamento controllante può ridurre le esperienze del bambino di padroneggiamento indipendente efficace e rafforzare la dipendenza dagli altri e il dubbio rispetto alle proprie capacità.

In linea con questa ipotesi è uno studio di Thirlwall e Creswell, del 2010, su un campione non clinico di 24 madri con i loro figli di 4/5 anni di età, in cui le autrici ipotizzavano che quando le madri adottano comportamenti più controllanti (e meno favorenti l’autonomia), i bambini mostrano maggiori livelli di ansia in un nuovo compito, leggermente stressante, e questo effetto viene moderato dall’ansia di tratto del bambino. Ai bambini, con il supporto delle madri, era stato chiesto di preparare e successivamente tenere due brevi discorsi, sulla famiglia e su un giorno divertente. Le madri erano state formate da uno psicologo per tenere in alcuni casi con il figlio, durante la preparazione del discorso, un comportamento iper-controllante e in altri casi un comportamento maggiormente favorente l’autonomia del bambino. Tutte le interazioni tra madri e bambini e i discorsi dei bambini sono stati videoregistrati e successivamente codificati da psicologi, con il metodo del doppio cieco (gli psicologi coinvolti esaminavano o i discorsi o le interazioni e non avevano informazioni circa le ipotesi dello studio). Lo studio ha evidenziato che nei casi in cui le madri adottavano un comportamento controllante durante l’interazione con i figli, questi ultimi esprimevano un maggior numero di predizioni negative rispetto alla loro performance prima di consegnare i loro discorsi e riportavano sentimenti meno positivi sul compito. Tale relazione era moderata dall’ansia di tratto del bambino. Inoltre, i bambini con una più elevata ansia di tratto mostravano un significativo aumento nell’ansia durante la presentazione del discorso.

Alcuni autori (Creswell e coll,, 2010) hanno proposto un modello di comprensione delle relazioni dinamiche esistenti tra diversi fattori coinvolti nella trasmissione intergenerazionale dell’ansia, sostenendo che le distorsioni cognitive dei genitori ansiosi interagirebbero con i loro stili parentali, portando i loro figli a sviluppare a loro volta distorsioni cognitive che li predisporrebbero al successivo sviluppo di disturbi d’ansia. Le distorsioni cognitive dei genitori condizionano secondo gli autori il loro comportamento con i bambini secondo un duplice percorso: da un lato, in modo diretto, trasferendo verbalmente le distorsioni cognitive (ad esempio contrassegnando un certo stimolo come pericoloso) e con le reazioni emotive di ansia e paura che verranno poi apprese dai figli; dall’altro lato, in modo indiretto, andando ad influenzare le loro stesse aspettative rispetto a come i loro figli risponderanno ad un determinato stimolo percepibile come minaccioso. Tali aspettative si manifestano attraverso comportamenti che limitano l’autonomia di bambini impedendogli di esplorare i contesti e gli stimoli percepiti come minacciosi dai loro genitori, e quindi si confermano le loro credenze di pericolosità e minaccia. Le aspettative dei genitori rispetto alle reazioni dei figli di fronte ad uno stimolo minaccioso plasmerebbero altresì secondo gli autori le loro comunicazioni ai bambini circa le loro capacità di coping (le loro capacità di affrontarli efficacemente). Il risultato di tali comunicazioni dirette ed indirette sarebbe lo sviluppo di distorsioni dell’informazione nei bambini, ad esempio la tendenza ad interpretare sistematicamente stimoli ambigui come minacciosi e quella a sottostimare le proprie capacità di coping.

Rispetto al ruolo svolto dalle distorsioni cognitive di madri e figli nello sviluppo di ansia nei bambini, nello Studio di Podina e colleghi (2013) a 423 madri e ai loro figli sono stati somministrati dei questionari di valutazione dell’ansia (Il Social Phobia Inventory alle madri, lo screen for child anxiety disorder ai bambini). In seguito sono state proposte ai bambini delle situazioni ipotetiche, che potevano essere interpretate come minacciose o come non minacciose, ad esempio “Sei a casa di un amico e i loro genitori sembrano essere molto arrabbiati), i bambini dovevano scegliere tra due alternative quella che più vicina al loro modo di interpretare la situazione ad esempio: 1) Hanno avuto una lite e sono arrabbiati tra di loro o 2) Non vogliono che tu sia qua e sono arrabbiati con te. Allo stesso modo, per misurare gli errori di ragionamento delle madri, sono state loro proposte dodici situazioni ambigue in relazione alle quali, similmente alla procedura usata con i figli, dovevano scegliere tra due possibili interpretazioni, quella più vicina al loro modo di interpretare la situazione. I risultati di tale studio mostravano come le interpretazioni negative delle madri mediassero in modo significativo la relazione tra ansia sociale materna e ansia nei bambini. Similmente, le interpretazioni negative dei bambini mediavano la relazione tra ansia sociale dei genitori e ansia nei bambini. Si è verificato inoltre come le interpretazioni negative delle madri fossero in correlazione diretta con le interpretazioni negative dei bambini.

 

Conclusioni e possibilità di intervento per interrompere la trasmissione intergenerazionale dell’ansia

Tutti gli studi presentati hanno importanti implicazioni cliniche, sottolineando l’importanza di intervenire sui diversi fattori coinvolti quando si trattano i disturbi d’ansia in età evolutiva, ad esempio con una terapia di stampo cognitivista standard per quanto riguarda le distorsioni cognitive delle madri e quelle dei bambini, con un parallelo lavoro sulla qualità della relazione di attaccamento e proponendo training di sostegno e sviluppo alla genitorialità alle coppie di genitori coinvolti.

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La trasmissione intergenerazionale dell’ansia

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