expand_lessAPRI WIDGET

Trauma, coscienza, personalità. Scritti clinici di Pierre Janet (2016) – Recensione del libro

Con la lettura di 'Trauma, coscienza, personalità', attraverso le osservazioni cliniche di Pierre Janet, si ritrovano le radici della psicotraumatologia

Di Mara Fantinati

Pubblicato il 27 Feb. 2017

Pierre Janet (1859-1947), considerato il ‘padre della moderna psicotraumatologia’, si impara a conoscere attraverso questo libro come ricercatore attento della persona a prescindere dalle manifestazioni psicopatologiche.

 

La raccolta di alcuni famosi casi clinici dell’autore permette di osservare l’originalità e la ricchezza del contributo di Pierre Janet.

 

Pierre Janet e i disturbi dissociativi della coscienza

La Prefazione di Giovanni Liotti aiuta il lettore a prepararsi coscientemente alla lettura. La tesi fondamentale di Pierre Janet: i disturbi dissociativi della coscienza, conseguenti alle emozioni veementi dei traumi psicologici, sono spiegabili con il fallimento delle funzioni mentali superiori (la ‘sintesi mentale’) piuttosto che con un meccanismo di difesa dell’Io. La ricaduta di questa tesi sulla psicoterapia porta non più a interventi sulle resistenze (tese a superare la barriera delle difese) come chiedeva la psicoanalisi ma a tecniche volte a incrementare le capacità di ‘sintesi mentale’.

Questa nuova concezione gerarchica dei processi mentali coscienti si osserva anche nella contemporanea psicoterapia volta a aumentare le capacità metacognitive del paziente. Oltre a questo elemento innovativo è possibile scoprire l’attenzione al ruolo delle posture corporee negli scambi interpersonali, che ritroviamo congruentemente nelle ricerche recenti sul funzionamento dei neuroni specchio. Inoltre, la lettura dei casi, permette di osservare una gestione empatica della relazione terapeutica, in cui Pierre Janet cercava di entrare in uno stato intersoggettivo di condivisione con le parti dissociate della personalità, valorizzando la ‘persona’ ed evitando con i colleghi di usare i termini ‘soggetti’ o ‘malati’.

 

Pierre Janet: la mente umana come gerarchia di funzioni

L’introduzione, curata da Francesca Ortu e Giuseppe Capraro, chiarisce gli aspetti nucleari del lavoro di Pierre Janet.

La mente umana è concettualizzata come una gerarchia di funzioni sottese alla tensione psicologica, al vertice di questa gerarchia è collocata la funzione del reale (ne consegue che il delirante è una persona che colloca male la sua parola nella gerarchia dei gradi di realtà). L’emozione esercita sulla mente una diminuzione delle capacità di sintesi, mettendo il germe di un’idea fissa (un insieme di immagini sensoriali, condensate in modo da formare un sistema) e cioè di uno stato emotivo persistente, di uno stato della personalità che rimane invariato e ostacola l’adattamento alle condizioni variabili dell’ambiente circostante.

L’idea fissa è quindi parte della malattia, per guarire non è sufficiente portare tali idee subconscie alla coscienza, poiché esse tendono ad essere distrutte mediante dissociazione o trasformazione. Pertanto l’idea fissa deve essere integrata, attraverso il recupero dei gruppi psichici dissociati dalla coscienza ordinaria, con un trattamento sintetizzante, come la rieducazione o altre forme di esercizio mentale.

 

I concetti chiave nel pensiero di Pierre Janet nei capitoli di ‘Trauma, coscienza, personalità’

I capitoli successivi permettono di approfondire alcuni concetti chiavi del pensiero di Pierre Janet. Sull’isteria dal punto di vista psicologico (capitolo 1), approfondendo il concetto attraverso il confronto con altri autori, si giunge alla definizione di isteria come forma di disgregazione mentale, caratterizzata dalla tendenza allo sdoppiamento permanente e completo della personalità. Riprendendo i concetti gerarchici della mente di Pierre Janet esposti precedentemente, l’isteria si esprime nella dissociazione delle funzioni superiori e nella autonomizzazione delle funzioni più semplici.

Il caso clinico di Irene (capitolo 2) è l’occasione per Pierre Janet di approfondire il tema dell’amnesia e della dissociazione dei ricordi causata dall’emozione. Raccontando i disturbi della memoria, ipermnesia e amnesia, reattivi alla morte della madre, si evidenzia l’effetto delle oscillazioni del livello mentale reattivo alle emozioni, senza giungere a una completa teoria delle emozioni.

Il caso di Marceline (capitolo 3) permette di addentrarsi nelle osservazioni cliniche fatte da Pierre Janet di un’anoressia isterica (durata più di diciassette anni e delle modificazioni della personalità registrate) considerando il valore aggiunto nell’osservare l’evoluzione della malattia, per comprendere i periodi di innalzamento del livello mentale a discapito di preconcetti sulle ricadute, come andamento della malattia.

Esponendo il ruolo delle idee fisse negli accidenti isterici (capitolo 4) riprende le lezioni di Charcot (1884-85) e viene mostrato come Pierre Janet si allontani da esse proponendo l’idea fissa come un fenomeno che non rende pienamente conto dell’intera malattia, ma di una tendenza alla debolezza di sintesi mentale. Pertanto, sono proposti ‘trattamenti locali e generali’ volti a educare l’idea fissa in rapporto con una emozione, più o meno lontana, che svolge un ruolo importante nella forma che ha assunto la malattia. Si giunge ad affermare che ‘questo trattamento sarà qualche volta, ma raramente, sufficiente…il miglior servizio che un medico può rendere a un’isterica consiste nel dirigerne la mente’.

Il caso di Justine (capitolo 5) riportato da Pierre Janet mostra la storia di un’idea fissa e del suo trattamento: dal bisogno continuo di direzione morale al problema di ridurre allo stretto necessario tale direzione della mente, da parte del medico, attraverso il distanziare nel tempo le sedute che si dedicano al malato.

Nel caso clinico di Achille (capitolo 6) Pierre Janet tratta il tema della possessione e dell’esorcismo moderno e utilizza lo studio di questo delirio per verificare alcune teorie di psicologia patologica, proposte per spiegare fenomeni di sonnambulismo e medium, giungendo a sottolineare l’utilità scientifica di una psicologia oggettiva per raccogliere documenti preziosi per lo studio della mente umana.

Il subcosciente (capitolo 6) è, a mio parere, il capitolo più esplicativo della storia di un termine poco chiaro. Si differenzia fra studi sull’inconscio (molto antichi, sono studi di metafisica, relativi alla possibilità di un’intelligenza differente dall’intelligenza umana) e ricerche sul subcosciente (più recenti, sono studi clinici e psicologici volti a chiarire le difficoltà nell’interpretazione di alcuni disturbi mentali, in particolare l’isteria). Proponendo l’approfondimento dello studio dei rapporti fra la depersonalizzazione degli psicoastenici e la subcoscienza degli isterici, si colgono aspetti di similitudine nel funzionamento dei due disturbi. Infine, Pierre Janet riconosce che la questione del subcosciente, nata nell’ambito clinico psichiatrico, non è abbastanza matura per uscirne e riporta a tale stadio iniziale questioni filosofiche che da questo termine sono state prodotte.

Il caso clinico di Madeleine (capitolo 8) tratta l’osservazione di una donna seguita per ventidue anni, per delirio religioso. Viene descritto accuratamente il caso, la biografia e i diversi gradi degli stati di consolazione, per giungere a riconoscere come la debolezza psicologica ostacoli l’equilibrio fra tendenze sessuali/materne e idee morali, offrendo loro uno sbocco particolare attraverso il delirio: utile direzione per i sentimenti (considerati regolatori dell’azione).

Gli appassionati di psicotraumatologia scopriranno interessante ritrovare le loro radici, attraverso le osservazioni cliniche di Pierre Janet, che insegnano il valore di uno studio appassionato e attento, scrupoloso e neutro rispetto al fenomeno in essere, percepito dal ‘clinico dalla mente apparentemente sana’. La lettura dei casi mostra profondamente il rapporto fra sintesi mentale e reazione emotiva, alla ricerca di un equilibrio rispetto alla tensione psicologica, volto ad aggregare o disaggregare i ricordi. L’esperienza e la memoria, il modificarsi di esse, sono al centro di un dibattito che porta dal trauma alla coscienza alla personalità.

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Mara Fantinati
Mara Fantinati

Psicoterapeuta Sessuologo Cognitivo-Comportamentale, Studi Cognitivi, Modena

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Janet, P. (2016). Trauma, coscienza, personalità. Scritti clinici di Pierre Janet. Raffaello Cortina Editore.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Il corpo accusa il colpo di van der Kolk - Recensione
Il corpo accusa il colpo di Van der Kolk (2015) – Recensione

Van der Kolk nel libro tratta il tema del trauma, delle situazioni in cui insorge durante l'infanzia e delle terapie efficaci per l'elaborazione del trauma 

ARTICOLI CORRELATI
Forgotten baby syndrome: bambini dimenticati in auto
Bambini dimenticati in auto: la forgotten baby syndrome

È importante sottolineare che non esiste un profilo tipico del genitore che dimentica il figlio in auto: la forgotten baby syndrome può capitare a chiunque

Disturbo dissociativo dell'identità: la figura di Aaron in "Schegge di paura"
Il Disturbo Dissociativo dell’Identità attraverso la figura di Aaron Luke Stampler nel film “Schegge di paura”

La presenza degli alter ego tipica del disturbo dissociativo dell'identità è ben rappresentata dal personaggio di Aaron nel film "Schegge di paura"

WordPress Ads
cancel