Un nuovo modello sviluppato dai ricercatori della Binghamton University (State University of New York) potrebbe aiutare le persone che soffrono di dipendenza da Internet a rendersi del loro utilizzo problematico della rete, aiutando così a ridurlo o interromperlo.
Chi soffre di dipendenza da Internet non sempre si sente in colpa per l’utilizzo che fa del web e, in molti casi, non lo percepisce nemmeno come un uso problematico.
Un nuovo modello sviluppato dai ricercatori della Binghamton University (State University of New York) potrebbe aiutare le persone che soffrono di dipendenza da Internet a rendersi del loro utilizzo problematico della rete, aiutando così a ridurlo o interromperlo.
Dipendenza da Internet e Dissonanza Cognitiva
Isaac Vaghefi, assistente alla cattedra di Sistemi Informativi Gestionali alla Binghamton University, ha messo a punto un modello di riferimento basandosi su una teoria psicologica conosciuta come Dissonanza Cognitiva (Leon Festinger, 1957), ovvero lo stato di disagio interno alla persona che nasce qualora siano presenti due o più cognizioni in contraddizione fra loro o qualora si crei conflitto tra le azioni della persona e le sue credenze (ad esempio, qualcuno che crede che il fumo faccia male, ma fuma una sigaretta dietro l’altra).
In collaborazione con Hamed Qahri-Saremi, anch’esso assistente alla cattedra di Sistemi Informativi presso la DePaul University (Chicago, Illinois), Vaghefi ha sviluppato un modello che mostra come il grado di dissonanza cognitiva degli utilizzatori possa fare la differenza nella loro disposizione a smettere la loro dipendenza da internet.
La dissonanza è quello che serve per lavorare sulla possibilità che gli utilizzatori mettano in atto azioni e gesti che limitino l’utilizzo di Internet – ha affermato Vaghefi – Ci sono utenti che dicono: ‘So che sto utilizzando internet in modo eccessivo, ma tutti intorno a me lo utilizzano eccessivamente’. Quello che dobbiamo fare è evidenziare le conseguenze negative a cui vanno incontro; a tal fine, si possono utilizzare strumenti oggettivi che mostrino i risultati nocivi dell’abuso di Internet, portando a comprendere la negatività di queste conseguenze. Una volta che l’utilizzatore ne prende coscienza, è più motivato ad agire su di esse e ad esercitare l’autocontrollo.
Vaghefi ha testato il modello sui dati provenienti da 226 studenti della Binghamton University, che hanno riferito quanto fossero intenzionati a smettere oppure proseguire il loro utilizzo dei social network. I risultati mostrano che un modo plausibile per aiutare le persone a ridurne o addirittura smetterne l’utilizzo è quello di aumentare la dissonanza cognitiva a riguardo, in tal modo è possibile rendere gli utenti consapevoli della loro dipendenza da Internet, in particolare delle sue conseguenze sul piano di vita personale, sociale e accademica.
La dissonanza cognitiva interviene sul senso di colpa funzionale
La ricerca in generale ha già esaminato il ruolo del senso di colpa nell’utilizzo della tecnologia e come questo possa essere utilizzato per modificare il comportamento. Ciò che non è stato ancora spiegato è come si possa creare questo senso di colpa funzionale. E’ generando uno stato interno di dissonanza cognitiva, che si può effettivamente avere un impatto reale sul comportamento di uso/abuso e sull’intenzione di smettere o interrompere l’abitudine all’utilizzo.
Vaghefi ritiene che affrontare questi problemi sia particolarmente importante se si considera il largo e comune utilizzo della tecnologia e la diffusione dei comportamenti on-line tra i giovani di oggi. Si tratta di un’abitudine così diffusa e prevalente nelle nuove generazioni, che sono cresciute con la tecnologia, che i ragazzi non percepiscono nemmeno di avere un problema di dipendenza da Internet.
Evidenziando le conseguenze negative per loro, si spera di poter fare qualcosa, intervenendo su questa dipendenza – ha affermato Vaghefi.