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Captain Fantastic (2016) e la gestione educativa dei figli – Recensione del film

Strategie educative opposte in Captain Fantastic: nel mondo di Ben, la società è amministrata da lui per antitesi alla società dominante in cui vive Harper

Di Nicole Tornato

Pubblicato il 23 Gen. 2017

Nel film Captain Fantastic il padre Ben è preparato a tutto, un vero supereroe; scala le montagne, caccia gli animali, conosce qualsiasi fenomeno della Terra e degli altri pianeti, ma rimane disarmato e spaesato di fronte alla sofferenza psicologica, allontanata e negata senza troppi sforzi.

 

Ben, protagonista del film Captain Fantastic, è un padre anticonformista ed eccentrico, un capitano eccezionale dal multiforme ingegno che istruisce e guida la famiglia in una foresta, rifiutando la contaminazione con la civiltà e gli altri esseri umani. Isolatosi spontaneamente, il protagonista alimenta e trasmette una vasta gamma di conoscenze attraverso un programma didattico rigoroso ed efficiente: dai corsi di caccia, agli sport estremi per passare all’attività fisica e alle immancabili nozioni relative a qualsiasi disciplina contemplabile.

I ragazzi dividono le giornate tra i libri e le attività all’aria aperta, non conoscono i computer e i cellulari, sono notevolmente più colti e addestrati rispetto ai coetanei, ma totalmente inesperti sul piano dei rapporti interpersonali.

Infatti nessuno di loro ha mai frequentato una scuola, coltivato amicizie o rapporti sentimentali, e in generale legami intimi alternativi alla famiglia, cruciali per il  contenimento e la crescita nonché l’integrazione e l’approfondimento di molteplici punti di vista su di sé e sull’esterno.

 

La sofferenza psicologica in Captain Fantastic

All’inizio i personaggi del film Captain Fantastic sembrano ignari della discrepanza esperienziale e conducono un’esistenza apparentemente amena e soddisfacente fino alla perdita di un membro che risucchia l’intero nucleo nello sconforto, nei conflitti, e infine nella confusione sull’utilità dell’educazione impartita in primis dal padre.

Il suicidio materno costringe così Ben a ristabilire l’equilibrio perduto a partire dalla diagnosi di depressione post-partum: le manifestazioni psicotiche della moglie intrise di contenuti aggressivi nei confronti dei figli e in generale il peggioramento del funzionamento intrapsichico e interpersonale mette in difficoltà il “Captain Fantastic” e la disciplina inflessibile, a tal punto da prendere provvedimenti drastici e contraddire i valori predicati con ostinata convinzione.

L’ospedale, l’équipe e i farmaci, da nemici integerrimi con le armi letali diventano improvvisamente la soluzione migliore di fronte all’incapacità di organizzare autonomamente la guarigione della compagna che con il suo disagio non riesce a regolare se stessa e il gruppo.

Ben è preparato a tutto, un vero supereroe, come si evince anche dal titolo del film Captain Fantastic; scala le montagne, caccia gli animali, conosce qualsiasi fenomeno della Terra e degli altri pianeti, ma rimane disarmato e spaesato di fronte alla sofferenza psicologica, allontanata e negata senza troppi sforzi.

Di conseguenza anche i figli conoscono Noam Chomsky alla perfezione, sanno discutere con arguzia sui fenomeni scientifici e letterari, affrontano con maestria le condizioni metereologiche avverse, ma restano confusi e basiti dall’ambiguità paterna che rigetta la società, e in preda alla disperazione non esita a contattarla, come un adolescente che si separa rabbiosamente dai genitori per poi tornare a chiedere aiuto, elogia la compagna e infine la lascia sola a percorrere l’abisso depressivo: l’inevitabile ritorno alla società con le regole diametralmente opposte a quelle della foresta, nonché la complessità della realtà, incrementano il disagio aprendo l’ingresso agli imprevisti difficilmente incastrabili con l’addestramento praticato nelle montagne.

 

L’educazione in Captain Fantastic

Dal punto di vista educativo, sono due i modelli preponderanti forniti dal film Captain Fantastic; i sei figli di Ben cresciuti all’aria aperta, saggi e allenati alle avversità, e i due figli di Harper, nonché nipoti del protagonista, allevati nell’America moderna e stereotipica, completamente disinteressati allo studio e appassionati di materialismo e consumismo. Da qui l’enorme divario che induce Ben ad evidenziare il livello culturale della figlia minore, la quale non conosce le grandi marche e i famosissimi videogiochi come i cugini, ma sa citare con accuratezza gli emendamenti della Dichiarazione dei Diritti, e Harper ad avanzare una riflessione sull’utilità di vivere nell’isolamento senza confrontarsi con altre menti, che, seppur meno brillanti, possono insegnare differenti modi di stare al mondo.

 

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL TRAILER DEL FILM

 

Le strategie educative esposte in Captain Fantastic sono chiaramente opposte ed estremizzate: nel mondo di Ben, la società è amministrata da lui per antitesi alla società dominante nella quale vive Harper, dove norme, idee e principi sono stabiliti dal macrosistema che influenza inesorabilmente i rapporti interpersonali e i processi intrapsichici, quello che per l’uno è la condanna dell’intelligenza e della creatività, mentre per l’altra, la pura normalità, la cornice che garantisce stabilità, condivisione e cooperazione.

Il confronto culturale tra la piccola Zaja e i cugini è di fatto l’esempio lampante servito con astuzia in Captain Fantastic per dimostrare il fallimento della modernità nel suscitare un interesse conoscitivo per il mondo, ma anche i metodi di Ben non sono esenti da limitazioni. Ne sa qualcosa Bo, il figlio maggiore che s’innamora di una ragazza dopo una rapida interazione, nulla di strano se si tratta di un adolescente “alle prime armi” che esce, conosce e si confronta con i coetanei, peccato che il giovane non ha mai sperimentato in prima persona una cotta, o affrontato l’argomento con qualcuno, così finisce per promettere l’amore eterno alla sua bella semisconosciuta, un gesto sincero ma totalmente inusuale e spropositato che ricorda le norme comportamentali ormai anacronistiche sul corteggiamento.

Bo assomiglia ad un uomo del passato piombato nel futuro, confuso dai processi impliciti che compongono i rapporti nell’attualità filtrati dall’evoluzione societaria e culturale: la strabiliante conoscenza non lo protegge, né prepara da tutto, appunto perché le situazioni sociali si apprendono attraverso la pratica e alla soglia dei vent’anni, un’età in cui dovrebbe essere ordinario collezionare contatti riavvicinati con il sesso di interesse, il giovane in questione si misura per la prima volta come partner proponibile, amplificando l’idealizzazione e confondendo una svista subitanea con l’amore matrimoniale, intimo e stabile.

Lo stesso Ben è costretto a confrontarsi con i limiti del fantastico addestramento: ordinare alla figlia di arrampicarsi sui tetti per recuperare il fratello in casa dei nonni si rivela una pessima strategia che rischia di mettere a repentaglio la sua vita, e demolire le certezze assolute di protezione, forza e invincibilità di fronte ad una situazione apparentemente semplice da gestire.

 

I processi di Separazione-individuazione del protagonista

È da qui che il protagonista di Captain Fantastic inizia ad affrontare un lutto nel lutto, separandosi anche dalla rigidità delle leggi di famiglia inventate e autogestite con efficienza fino a quel momento, rivisitandole e accettandone i difetti, senza, però, modificarle radicalmente. Verso il finale emerge un lieve cambiamento nella quotidianità che lascia intendere da una parte la stabilità dell’intramontabile disciplina, dall’altra il miglioramento di alcune condizioni di vita: detto altrimenti, l’esperienza ha portato il nucleo ad avvicinarsi lievemente alla civiltà e ad avviare la prima separazione-individuazione dalla famiglia, senza rinunciare nel complesso alla quotidianità condotta nella natura.

Ben è quindi un padre protettivo e innovativo che persegue un sogno condiviso con la compagna e i figli, ma ad un certo punto, qualcosa cambia nel nucleo e la moglie riflette sulla spendibilità di questa esistenza amena nella realtà: vivere emarginati dalla società è splendido ed estremamente creativo, ma rischia di disperdere la condivisione e la stabilità, pertanto quando i figli cresceranno, i bisogni cambieranno e comparirà la necessità di incontrare altri contesti, si troveranno inadeguati e spaesati.

Oltre alla protezione da un mondo avvertito come pericoloso e inaffidabile, emerge una disperata tendenza alla differenziazione dagli altri esseri umani che soccombono alla società invece di ribellarsi, un atteggiamento che ricorda l’adolescenza come fase evolutiva in cui la separazione-individuazione si pone al centro.

Dall’altra parte, però, non bisogna dimenticare l’inadeguatezza delle strategie testo nella famiglia di Harper nella quale si predicano il materialismo e il consumismo, la scuola è ritenuto un dovere costrittivo e raramente un’occasione per imparare, le attività creative essenziali per sviluppare le doti intellettive vengono così accantonate lasciando ampio spazio alle azioni perseguite dalla massa, come lo shopping, le uscite con i pari e i videogiochi.

Considerando l’originalità e l’adattamento come rispettivi prototipi degli stili forniti dal film Captain Fantastic, un’educazione “sufficientemente buona” integra entrambi gli elementi, stimolando le attività costruttive, come lo sport e la cultura, senza rinunciare all’incontro con la società. Il confronto con i pari si rivela indispensabile già a partire dall’infanzia al fine di esercitare le competenze sociali pertinenti con la fase evolutiva, senza dimenticare gli altri adulti, come gli insegnanti o gli istruttori, che potrebbero porsi come figure significative nell’esperienza.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bonino, S. & Cattelino, E.(2008). La prevenzione in adolescenza. Erickson, Trento.
  • Cattelino, E. (2010). Rischi in adolescenza. Carocci, Roma.
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  • Guidano, V. (1988). La complessità del sé. Bollati Boringhieri, Torino.
  • Losso, R. (2000). Psicoanalisi della famiglia. FrancoAngeli, Milano.
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