In uno studio della Yale University è stato evidenziato come gli episodi di estrema violenza contro gli agenti di polizia possono portare ad un aumento sostanziale delle disparità razziali riguardo l’utilizzo della forza da parte della polizia.
Lo scopo dello studio era quello di indagare se gli atti di violenza contro gli agenti di polizia potessero influenzare il successivo utilizzo della forza contro le minoranze razziali da parte della polizia. Per dare una risposta sono stati utilizzati dati provenienti da quasi 4 milioni di semafori pedonali situati nella città di New York.
Joscha Legewie, autore principale dello studio, ha esaminato i dati provenienti da tutte le operazioni “stop-and-frisk” effettuate ai semafori della città di New York. Il programma “stop-and-frisk” è una pratica del dipartimento di polizia di New York City in cui un poliziotto ferma (stop) e interroga un pedone, e successivamente lo perquisisce (frisk) in cerca di armi e altre merci di contrabbando. Le analisi effettuate andavano a vedere cosa accadeva durante queste operazioni prima e dopo che l’agente di polizia subisse atti di violenza. Lo scopo era quello di osservare se il comportamento del poliziotto cambiasse successivamente agli attacchi subiti.
Risultati e discussione
I risultati, pubblicati il 16 settembre sulla rivista American Journal of Sociology, evidenziano come successivamente a due sparatorie che hanno portato alla morte di alcuni agenti, i cui sospettati appartenevano alla popolazione afro-americana, nei giorni successivi all’evento l’utilizzo della forza da parte della polizia nei confronti dei pedoni afro-americani è notevolmente aumentato. Gli atteggiamenti nei confronti della popolazione bianca e ispanica sono invece rimasti invariati.Legewie ha dichiarato che le violenze subite dalla polizia e gli stereotipi razziali impliciti potrebbero essere le possibili spiegazioni di questi risultati.
Questi risultati oltre ad essere importanti per quanto riguarda il dibattito in corso sul profiling razziale e l’utilizzo della forza da parte della polizia, comportano implicazioni ancora più ampie. Secondo Legewie l’interpretazione dei risultati si estende oltre gli atti di estrema violenza contro gli agenti di polizia. Quanto è emerso suggerisce la presenza di un insieme generale di processi in cui gli eventi locali portano alla formazione di conflitti tra gruppi, e questo è dovuto prima di tutto agli stereotipi e secondariamente alle risposte discriminatorie che questi innescano.
[blockquote style=”1″]Secondo questo punto di vista, il comportamento discriminatorio non deriva solo da condizioni statiche, ma anche da sequenze temporali di eventi e risposte. Questo processo è applicabile a tutti i tipi di interazione quotidiane, per cui non solo con la polizia, ma anche con altre categorie come gli insegnanti o i datori di lavoro [/blockquote]dichiara Legewie.
Le conseguenze che derivano da questi processi sono molto profonde, soprattutto in un momento come quello attuale che vede il contesto americano caratterizzato da intense tensioni tra la polizia e la comunità afro-americana.
Secondo Legewie gli eventi sono un fattore che viene ampiamente trascurato quando si cerca di comprendere perché si verifichino atti di discriminazione. Questo suggerisce la necessità di condurre un ulteriore studio che sia ancor più centrato sul profiling razziale, l’utilizzo della forza da parte della polizia e la discriminazione. Il tutto senza dimenticare il ruolo importante che svolgono gli eventi, in quanto sono un importante influenza contestuale che funge da cornice alle interazioni successive e che potrebbero innescare una serie di comportamenti discriminatori.