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Come si stimano le proprie capacità? Confrontandosi con gli altri

E' stato dimostrato che per valutare le proprie prestazioni e capacità si effettua spesso un confronto con le prestazioni altrui.  

Di Greta Lorini

Pubblicato il 28 Set. 2016

Le valutazioni che facciamo delle nostre capacità sono fortemente influenzate dalle prestazioni altrui, secondo quanto afferma un nuovo studio pubblicato su Neuron.

Interagire con performance alte fa sentire più capaci all’interno di un team, ma meno abili in situazioni competitive. Questa “unione-sé-altro” è risultata associata all’attività di una particolare regione cerebrale precedentemente implicata nella teoria della mente (ToM): la capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui. Nonostante le persone stimino le loro capacità sulla base della propria performance razionalmente, le stime su di sé risultano comunque in parte fuse alle prestazioni altrui.

[blockquote style=”1″]I risultati hanno potenziali implicazioni per comprendere le interazioni sociali tra individui in ambito lavorativo, nonché alcuni disturbi clinici, come la depressione[/blockquote] ha affermato il principale autore Marco Wittmann, dottorando in Neuroscienze Cognitive all’Università di Oxford.

Stimare le proprie capacità e quelle altrui è la chiave per la sopravvivenza, per decidere a quali gruppi sociali aderire e se attaccare o ritirarsi. Nella vita quotidiana, noi giudichiamo costantemente noi stessi e gli altri su tutto. Un patrimonio di ricerca psicologica ha dimostrato che il confronto con gli altri può essere utilizzato come mezzo efficace per l’auto-valutazione, e che, viceversa, le persone basano i loro giudizi sugli altri basandosi sulla conoscenza delle proprie caratteristiche. Tuttavia, molto poco si sa su quali regioni cerebrali siano coinvolte nella stima delle capacità.

 

La ricerca

Wittmann ed colleghi hanno cercato di rispondere a questa domanda. Pertanto, 24 soggetti hanno completato due compiti (valutazione cromatica di forme e stima temporale) durante risonanza magnetica funzionale, consapevoli che altri due giocatori stavano eseguendo contemporaneamente gli stessi compiti. Dopo ciascuna prova, i soggetti hanno ricevuto un feedback sulla propria prestazione e sulla prestazione altrui. Prima della prova successiva, ai soggetti è stato chiesto di valutare il rendimento atteso sia per sé che per gli altri. I ricercatori hanno valutato tra l’altro come le stime delle prestazioni attese fossero influenzate da contesti cooperativi o competitivi.

In situazioni cooperative, i soggetti hanno valutato se stessi più positivamente quando gli altri giocatori hanno ottenuto buoni risultati e più negativamente in caso di cattiva esecuzione del compito. Nel contesto competitivo, invece, i soggetti hanno valutato se stessi più negativamente quando interagivano con performance buone rispetto a quando si rapportavano a cattive prestazioni. [blockquote style=”1″]I nostri risultati rispecchiano molto bene ciò che la gente sperimenta sul luogo di lavoro[/blockquote] ha affermato Wittmann.

I dati di neuroimaging

I dati di neuroimaging hanno rivelato che la stima delle capacità di sé e degli altri si può rintracciare in due distinte regioni corticali frontali: la corteccia cingolata anteriore periungueale e l’area dorsomediale frontale (area 9). Quest’ultima è parte del network della ToM identificato nell’uomo; inoltre, la ricerca nelle scimmie ha dimostrato che struttura e funzione dell’area 9 sono influenzate dallo status di dominanza sociale e dalla dimensione della rete sociale. Presi insieme, questi risultati suggeriscono che l’area 9 potrebbe integrare le informazioni su sé e gli altri per calcolare la propria posizione all’interno di un network sociale.

 

Conclusioni

Il passo successivo sarà quello di verificare come l’unione-sè-altro e l’attività dell’area 9 possano essere colpiti nelle popolazioni cliniche. [blockquote style=”1″]Stiamo riflettendo sulla possibilità che i meccanismi cerebrali alla base della valutazione di sé e dell’altro possano essere alterati in sindromi cliniche come la depressione, dove le persone si sentono impotenti nel fronteggiare attività quotidiane[/blockquote] ha affermato. [blockquote style=”1″]Sembra intuitivo che le persone affette da depressione possano giudicare quanto bene stanno facendo qualcosa in modo diverso rispetto alle persone non depresse. Credo che varrebbe la pena proseguire su queste riflessioni.[/blockquote]

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