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E’ più facile diventare peccatori che santi: come la propria percezione morale si trasforma in reputazione altrui

Secondo un recente studio è più facile attribuire un declino morale agli altri, che un'opinione positiva: è più semplice diventare peccatori che santi

Di Chiara Ajelli

Pubblicato il 05 Set. 2016

Secondo il recente studio ‘The Tipping Point of Moral Change: When Do Good and Bad Acts Make Good and Bad Actors?‘ condotto da Nadav Klein e Ed O’Brien è molto più facile che un pettegolezzo si trasformi in reputazione anziché riuscire a liberarsi di esso.

In particolare nello studio viene mostrato come sia più difficile migliorare il proprio carattere agli occhi degli altri piuttosto che screditarlo. Difatti per portare ad un miglioramento della percezione morale sono necessarie numerose prove che lo dimostrino, mentre per ottenere un’opinione negativa sono sufficienti pochi eventi.

Klein e O’Brien hanno cercato di individuare quale sia il punto di svolta morale dal quale dipende la valutazione degli altri. Nello specifico si sono chiesti quante azioni una persona deve compiere o cessare per essere percepito come possedente di un carattere considerato morale.

Il tutto è stato indagato tramite una serie di esperimenti. I ricercatori hanno creato storie e personaggi che riflettessero azioni della vita quotidiana. All’interno di queste storie inventate i personaggi potevano comportarsi sia in un modo considerato morale che immorale. Ai partecipanti è stato chiesto di leggere questi racconti e di individuare quelle situazioni in cui vi era declino o miglioramento morale.

In un esperimento, è stata proposta la storia di una persona inventata chiamata Barbara la quale lavorava in un ufficio. La protagonista del racconto a volte si comportava bene, ad esempio tenendo la porta aperta ai suoi colleghi o facendo loro un complimento, altre volte invece manifestava comportamenti negativi come escludere i colleghi o raccontare pettegolezzi su di essi. Ai partecipati era stato poi chiesto di immaginare sia un cambiamento positivo che uno negativo nel comportamento di Barbara.

I ricercatori hanno così monitorato quanto tempo occorresse a Barbara per migliorare o peggiorare la percezione del proprio comportamento agli occhi dei partecipanti, e di quanto tempo essi avrebbero avuto bisogno per definirlo morale o immorale. Ciò che è stato osservato è che erano sufficienti un paio di comportamenti negativi per diagnosticare un peggioramento comportamentale, e che anche se Barbara smetteva di mettere in atto tali azioni non riusciva a ricevere alcun credito da parte dei partecipanti. Nel momento i cui Barbara ha iniziato a comportarsi correttamente, invece, ci sono volute numerose azioni considerate positive prima che i partecipanti le attribuissero un miglioramento morale.

Dai risultati ottenuti è emerso che da parte del campione vi era una maggior velocità nell’individuare e nell’attribuire un declino morale, è una lenta tendenza nell’attribuire un miglioramento. In altre parole, secondo quella che è l’opinione pubblica, è molto più facile diventare un peccatore che un santo.

La cosa interessante è che le implicazioni di questo studio vanno ben oltre le semplici impressioni dei colleghi di ufficio, portando alla luce le motivazioni che spingono la gente a non dare una doppia possibilità a coloro che godono di una reputazione negativa.

Si tratta di informazioni molto importanti e preziose, non solo per l’ambito della psicologia, ma anche a livello giuridico, in quanto potrebbe spiegare alcuni dei meccanismi sottostanti alle decisioni prese da giudici e politici nelle diverse situazioni.

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