Il desiderio più grande dei bambini è quello di avere delle amicizie. Le aggregazioni sociali infantili hanno delle peculiarità ben specifiche, quali il parlare lo stesso idioma, l’età simile, la medesima etnia. Un ruolo fondamentale nella nascita della socialità infantile e dei legami sociali in generale e, quindi, delle azioni prosociali lo rivestono i movimenti sincronici, che si ritrovano all’interno di attività collettive infantili, come lo sport, le attività motorie e le attività ludiche.
Le caratteristiche della socialità infantile
Il desiderio più grande che i bambini manifestano è quello di avere delle relazioni amicali con i coetanei. Sin dalle prime fasi della sua vita, il piccolo vuol far parte di un gruppo sociale. Le aggregazioni sociali infantili hanno come paradigmi fondanti delle peculiarità specifiche. La ricerca di Kinzler e collaboratori (2010) ha esplicitato queste caratteristiche, che, amalgamandosi, divengono l’identità sociale del gruppo. Esse sono il parlare lo stesso idioma, l’età pressoché simile, la medesima etnia.
Queste tipicità riflettono gli elementi distintivi individuali. In altri termini, il senso di appartenenza al gruppo si sviluppa nella misura in cui tale aggregato è uno specchio di sé. Questo costrutto si sviluppa molto precocemente: infatti, l’infante ha da subito una predilezione per tutto ciò che appare simile a sé.
A questo riguardo, Kelly e collaboratori (2005) hanno evidenziato che un infante di tre mesi ricerca con più facilità il contatto oculare con individui della propria etnia piuttosto che di etnie diverse. Fra i sei e i dodici mesi i piccoli preferiscono ascoltare la voce dei propri coetanei piuttosto che degli adulti (Legerstee e coll., 1996). Inoltre, quando si presentano delle immagini di altri bambini e di adulti, la loro attenzione è calamitata dalle fotografie dei coetanei (Sanefuji e coll., 2006). La preferenza per le persone che parlano l’idioma, che abitualmente ascoltano, è già evidente dal quinto mese di vita. Infatti, secondo Kinzler e collaboratori (2007), i bambini prediligono stare con adulti che utilizzano l’idioma che ascoltano quotidianamente e da essi amano ricevere dei giocattoli, piuttosto che da adulti che si esprimono in un’altra lingua. Successivamente, dai tre anni in poi, comincia la predilezione dei piccoli per i coetanei dello stesso sesso (Shutts e coll., 2010). A cinque anni se si chiede ai minori di scegliere dei compagni di gioco, fra bambini dello stesso sesso, che parlano il medesimo idioma o una lingua differente, essi scelgono piccoli con cui condividono la parlata (Kinzler e coll., 2009).
Il sapere di far parte di un gruppo sociale crea nei bambini delle emozioni positive: la socialità infantile implementa, dunque, le azioni prosociali. D’altra parte, l’appartenenza ad un’aggregazione sociale incrementa, abbastanza precocemente, le idee negative e i pregiudizi nei confronti degli altri gruppi, dei quali l’individuo non fa parte, come messo in evidenza già negli anni Settanta del secolo scorso da Taifel (1970).
Il bambino, quindi, apprende che esistono, nei contesti in cui è inserito, dei gruppi sociali, di alcuni ne fa parte, da altri ne resta escluso.
Molti studi suggeriscono che i preconcetti sociali sono evidenti e tendono a stabilizzarsi già nei bambini di sette anni (Nesdale e coll., 2004).
Movimenti sincronici e comportamenti prosociali
Un ruolo fondamentale nella nascita della socialità infantile e dei legami sociali fra bambini lo rivestono i movimenti sincronici, che si ritrovano all’interno di attività collettive, come ad esempio la danza, gli sport, le attività motorie e le attività ludiche.
Questa sincronia riduce i preconcetti sociali e aumenta la cooperazione. La ricerca di Tunçgenç, Cohen e Fawcett (2015) stabilisce, ad esempio, che i bambini, nella fascia di età fra quattro e sei anni, aiutano più facilmente un compagno di giochi se sono impegnati in attività ludiche che prevedono dei movimenti sincronici.
Inoltre, la sincronia cinetica implementa lo sviluppo della socialità infantile e di un’identità gruppale comune, che trascende, per esempio, l’appartenenza dei singoli individui a gruppi sociali differenti (Bailey, 2005).
Uno studio (Tunçgenç e Cohen, 2016), condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford e del Wadham College, in Gran Bretagna, si è posto l’obiettivo di indagare gli effetti dei movimenti sincronici, ovvero se essi facilitano i legami sociali fra i membri di un gruppo e, soprattutto, se incentivano la nascita di legami sociali anche fra individui che appartengono a gruppi differenti.
Per indagare questi aspetti è stata fatta una sperimentazione con centodue bambini, di cui cinquantatre bambine, con un’età media di circa otto anni. I ricercatori hanno scelto questa età, perché da otto – nove anni i bambini sono in grado di compiere movimenti sincronici simili a quelli che eseguono gli adulti (Tunçgenç e Cohen, 2016). I partecipanti sono stati selezionati fra gli alunni di una scuola primaria, con uguale status socio – economico (tutti appartenevano alla classe media) e di etnie differenti. Per saggiare gli effetti dei movimenti sincronici è stata utilizzata un’attività ludica, il gioco islandese, che prevede la formazione di due squadre (squadra arancione e verde), costituite ciascuna da tre bambini (due maschi e una femmina o due femmine e un maschio), che si fronteggiano. Tale gioco prevede dei movimenti sincronici all’interno della stessa squadra e fra squadre rivali. Al termine del gioco i piccoli hanno compilato un questionario.
La ricerca ha dimostrato che i movimenti sincronici incrementano la socialità infantile, i legami sociali e, quindi, le azioni prosociali fra bambini sia nell’ambito della stessa squadra che fra squadre rivali.