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Il pianto del bambino e il funzionamento cognitivo dell’adulto

Questo studio è stato il primo a dimostrare gli effetti del pianto del bambino sull’attività neurale dell’adulto durante un compito cognitivo

Di Chiara Ajelli

Pubblicato il 31 Mag. 2016

Pianto del bambino: Come Charles Darwin e molti altri studiosi hanno osservato, i bambini hanno la capacità di attirare la nostra attenzione, in particolare tramite il pianto. Ma come la valenza emotiva dei segnali vocali infantili colpisca la cognizione e l’attività corticale nell’adulto non è ancora stato sufficientemente indagato.

 

L’esperimento con il test di Stroop

Pertanto Dudek e colleghi, in collaborazione con l’Università di Toronto, hanno condotto uno studio proprio con lo scopo di comprendere quali sono gli effetti che il pianto del bambino può causare alla cognizione dell’adulto.

Nel corso dell’esperimento è stato chiesto ai partecipanti di ascoltare due vocalizzazioni infantili differenti, una di un bambino che ride e l’altra di un bambino che piange, e successivamente di svolgere un compito. Nello specifico il compito richiesto era il Test di Stroop, ai soggetti veniva richiesto di identificare il più rapidamente possibile il colore delle parole stampate ignorando il significato della parola stessa. Durante l’esecuzione del test è stata misurata l’attività cerebrale utilizzando l’elettroencefalogramma (EEG).

 

I risultati dello studio

I risultati hanno evidenziato un effetto interferenza maggiore sul compito da parte del pianto del bambino rispetto alla risata, innescando così un maggiore conflitto con l’elaborazione cognitiva da parte dell’adulto. Si tratta di un dato molto importante, in quanto l’elaborazione cognitiva è fondamentale per controllare l’attenzione, ovvero una delle funzioni esecutive di base più importanti per l’uomo, in quanto ci consente di completare un compito o di prendere una decisione.

Come sottolinea Joanna Dudek, i genitori sono tutti i giorni intenti a dover prendere decisioni e a dover prestare attenzione nei confronti dei loro bambini. Questo può capitare in qualsiasi momento nell’ arco della giornata, come ad esempio quando suona il campanello e il loro bambino inizia a piangere. Come fanno a mantenere la calma, a rimanere lucidi e a sapere quando è il momento di agire o di badare al loro bambino?

Lo studio ha dimostrato come il pianto del bambino possa causare avversione negli adulti, ma come dichiara Haley è possibile ipotizzare che esso attivi nei genitori “un’accensione” del controllo cognitivo con lo scopo di rispondere efficacemente ai bisogni emotivi del loro bambino, riuscendo contemporaneamente a rispondere anche alle altre richieste della vita quotidiana. Potrebbe essere proprio questa flessibilità cognitiva a permettere ai genitori di passare rapidamente dalle esigenze del proprio figlio alle richieste della vita di tutti i giorni, che paradossalmente può anche significare ignorare momentaneamente il bambino. Qualora l’ipotesi non sia corretta Haley aggiunge che comunque, in alternativa, potrebbe essere insegnato ai genitori come concentrare la loro attenzione in maniera maggiormente selettiva.

 

Pianto del bambino e funzioni cognitive: conclusioni

Il presente studio è il primo a esaminare gli effetti delle vocalizzazioni infantili sull’attività neurale nell’adulto durante un compito cognitivo, per cui si tratta di informazioni davvero preziose che si vanno a sommare ad un crescente corpo di ricerca che suggerisce come i neonati occupino uno status privilegiato nella nostra programmazione neurobiologica, e di come questo sia profondamente radicato nella nostro passato evolutivo. Il risultato finale, come dichiara Haley, è la rivelazione di un’importante funzione cognitiva adattiva del cervello umano.

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