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Disturbo di Dismorfismo Corporeo: Assessment, Diagnosi e Trattamento (2015) – Recensione

I vissuti e le emozioni dei pazienti con disturbo di dismorfismo corporeo, Diagnosi e trattamento psicoterapico

Di Mara Soliani

Pubblicato il 09 Mar. 2016

Dismorfofobia o Disturbo di dismorfismo corporeo: mettiamo che ogni mattina, prima di uscire di casa, dovessimo fare i conti con uno specchio che riflette un’immagine di noi inaccettabile. Puntualmente ogni giorno, da anni, in ogni riflesso, in ogni sguardo altrui, il nostro pensiero va subito a quel difetto.

 

Il disturbo di dismorfismo corporeo

Quel difetto che fa di noi un mostro ripugnante, e non riusciamo a staccare la spina perché la nostra attenzione va sempre li. Eppure non è sempre stato così…. Quando questo incubo è iniziato?

Antonio Scarinci e Roberto Lorenzini nel manuale ‘Disturbo Di Dismorfismo Corporeo – Assessment, Diagnosi e Trattamento‘ spiegano come l’esordio del disturbo di dismorfismo corporeo (Body Dysmorphic Disordere, BDD) avvenga per lo più durante l’adolescenza, periodo per eccellenza di grandi cambiamenti, in cui ciò che sono e ciò che vorrei essere diventano due entità spesso in conflitto dove il corpo gioca un ruolo chiave.

È attraverso il corpo che ricerchiamo l’accettazione dei pari cercando di aderire ai canoni di bellezza dettati dalla cultura di appartenenza e che spesso sono lontani dalla realtà. E allora inizia il controllo, il desiderio di accettazione si fa sempre più forte, e in maniera direttamente proporzionale aumenta l’attenzione verso quel difetto che ci impedisce di soddisfare il nostro desiderio.

Scarinci e Lorenzini nel secondo capitolo in cui parlano dello stile cognitivo mettono bene in evidenza come: ‘I soggetti con disturbo di dismorfismo corporeo perdono la visione d’insieme della propria immagine‘ mostrando ‘un’attenzione selettiva al dettaglio e al particolare e una difficoltà di sintesi‘. A questi si associano una forte tendenza all’autovalutazione negativa, perfezionismo, tendenza e illusione di controllo, evitamento, pensiero catastrofico, rimuginio, attenzione selettiva e polarizzazione degli scopi.

 

Gli stati emotivi dolorosi legati al disturbo di dismorfismo corporeo

Come sottolineano gli autori a questo quadro si aggiungono stati emotivi intensi e molto dolorosi; la vergogna cui spesso si associa la colpa perché non si è stati capaci di affrontare la situazione in maniera adeguata, e qui nasce il connubio: difetto del corpo-difetto dello spirito, una profonda tristezza che ci segnala la perdita di un’immagine corporea bella ma anche la tristezza che emerge quando si affaccia la consapevolezza del disturbo.

E per ultima, ma non per importanza, gli autori citano l’invidia come emozione più devastante, motore di un circolo vizioso interpersonale in cui l’ostilità fa si che gli altri si allontanino e più questi si allontanano più l’ostilità cresce.

E allora si cerca di fare qualcosa: il controllare, l’evitare e il mettere in atto comportamenti volti alla promozione di una bella immagine di se possono essere visti come un piano per stare lontani da quel luogo mentale intollerabile appreso dalla nostra storia di vita, come suggeriscono Sassaroli e Ruggiero (2013). Tutto ciò incide molto sulla qualità di vita, in alcuni casi le condotte di evitamento possono essere forti e il dolore talmente intenso da portare ideazione sucidaria e tentativi estremi di neutralizzazione di sé e del dolore. Per questo motivo il disturbo di dismorfismo corporeo risulta un disturbo complesso in cui una rapida diagnosi e una buona concettualizzazione del caso risultano essere fondamentali per il trattamento.

 

La psicoterapia per il disturbo di dismorfismo corporeo

Nella seconda parte del libro oltre alla spiegazione di alcuni questionari self report, utili alla concettualizzazione del caso viene posta l’attenzione sugli step da seguirsi nel percorso psicoterapico con un paziente affetto da disturbo di dismorfismo corporeo. Il primo passo è quello di creare un’alleanza terapeutica, fondamentale in tutti i tipi di interventi ed in particolar modo con il paziente dismorfofobico, alta è la sofferenza legata al proprio difetto corporeo e altrettanto alta è anche la sofferenza legata al fatto che le persone e a loro vicine non capiscono e non comprendono quello che stanno vivendo.

Ricostruire insieme la storia di vita, capire l’origine e le cause del disagio trovando gli eventi più significativi è fondamentale perché, come sottolineato nel manuale, sono proprio quelle situazioni che nella maggior parte dei casi ‘hanno influenzato la costruzione di un’immagine negativa di sé rispetto all’amabilità personale e al valore, e che hanno inciso profondamente sull’autostima‘. Capire il mondo da cui veniamo ci serve per comprendere che spesso, per guardare il presente, usiamo delle lenti che in primis riflettono i nostri antichi vissuti e la paura a questi legati.

Solo dopo aver costruito con il paziente la storia di quel mondo, e dopo aver messo in evidenza che fra lui e ciò che vede oggi ci sono queste lenti, si può passare ad analizzare insieme gli eventi di oggi, le emozioni che proviamo e i pensieri che emergono e che spesso non ci aiutano. Come suggerito nel manuale lo scopo però non è quello di modificare le credenze disfunzionali, bensì imparare a vedere i pensieri come un qualcosa di passeggero e osservabile dall’esterno per modificare invece le strategie di controllo, di monitoraggio e di evitamento messe in atto, e che rappresentano il circolo vizioso che accresce la sofferenza.

Più cresce la sofferenza più il vissuto emotivo si fa intenso e, come spesso accade a chi soffre di disturbo di dismorfismo corporeo, si può arrivare a vivere stati di depersonalizzazione dove quel corpo che vediamo non rappresenta più noi stessi. Come riportato nel libro a questo punto è importante imparare insieme al paziente a riconoscere le proprie emozioni, distinguerle e tramite specifiche tecniche distaccarsi da queste per vedere come esse siano transitorie.

 

Accettare le imperfezioni nel disturbo di dismorfismo corporeo

Detto questo rimane il fatto che nel disturbo di dismorfismo corporeo l’imperfezione è ciò che non viene accettato, ma spesso ‘accettare ciò che accade nella vita è una strategia efficace per ridurre la sofferenza‘, possiamo così trovare nel manuale utili strategie che si rifanno all’ ACT (Accepatance and Commitent Therapy) per aiutare il paziente ad accettare il difetto del corpo, che in quanto umano non potrà mai essere perfetto e con il passare del tempo andrà incontro ad una sua evoluzione, e dedicare energie al raggiungimento di scopi più probabili e in quanto tali altrettanto soddisfacenti.

Ma oltre all’accettazione del difetto altrettanto importante è aiutare chi soffre di disturbo di dismorfismo corporeo ad aumentare la propria autostima, rassicurazioni e complimenti esterni servono tanto quanto il due di picche nel gioco della briscola in quanto loro stessi sono il giudice più severo che possono incontrare. Vengono pertanto riportate nel manuale tecniche che favoriscono l’accettazione compassionevole di sé e dei propri limiti e che si rifanno alla Compassion Focused Therapy con lo scopo di vivere il proprio giudice interno non più come qualcuno da temere ma qualcuno da accogliere.

In ultimo vengono suggerite tecniche di esposizione prima immaginativa e poi graduale per far sperimentare alla persona quanto in realtà lei/lui sia più forte delle sue paure. E per concludere viene spiegato come lavorare insieme sull’analizzare i costi e i benefici delle strategie fino ad ora adottate, per poi costruire un piano di vita che sia più funzionale e soddisfacente, in cui ciò che possediamo illumina e mette in evidenza l’inconsistenza di ciò che riteniamo doloroso e inaffrontabile.

Il manuale si conclude con un piccolo paragrafo dedicato a chi è parente di un soggetto affetto da disturbo di dismorfismo corporeo, cui segue una rassegna di casi clinici importanti per entrare e comprendere più a fondo un disturbo complesso e che porta a vivere così alti livelli di sofferenza.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Scarinci, A., Lorenzini, R. (2015). Il disturbo di dismorfismo corporeo, Trento: Erickson.
  • Ruggiero, G.M., & Sassaroli, S. (2013). Temi e piani di vita nel colloquio cognitivo esistenziale. Il modello LIBET. In Ruggiero, G.M., &
  • Sassaroli, S. (Eds.). Il colloquio in psicoterapia cognitiva. Milano: Raffaello Cortina.
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