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Disturbo di dismorfismo corporeo (2015) di Scarinci e Lorenzini

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 12 Mag. 2015

Una rapida ricognizione tra le librerie presenti online permette di capire rapidamente che non esistono in italiano manuali sul disturbo di dismorfismo corporeo. Il volume di Scarinci e Lorenzini copre dunque una lacuna importante. Il disturbo in oggetto è esplorato nei dettagli e al tempo stesso è trattato con concisa semplicità, un bel segno di rispetto nei confronti del lettore.

Scarinci Lorenzini - DISMORFISMO CORPOREO - COPERTINAIl volume inizia con un’analisi dello sviluppo del disturbo nell’adolescenza, età di grandi cambiamenti e crisi che può essere vissuta con disagio proprio per quanto riguarda la valutazione del corpo e può portare a idee del tutto distorte e patologiche. Gli autori applicano il modello dello stile cognitivo al disturbo di dismorfismo corporeo. Esso appare come una generale difficoltà a fare i conti con una discrepanza tra i propri scopi, aspettative, bisogni e i desideri e la realtà sia interiore sia esterna. Questa discrepanza viene espressa in un aspetto molto concreto: come si pensa sia il proprio corpo e come si vorrebbe che fosse. Tale discrepanza può essere così forte da far percepire al soggetto imperfezioni e mal- formazioni inesistenti.

Dopo aver definito e spiegato il disturbo, gli autori proseguono illustrando il processo di assessment, e passano in esame gli strumenti di valutazione più utilizzati, per poi proporre una terapia cognitivo comportamentale, qui illustrata attraverso schede a uso del terapeuta e numerosi casi clinici.

Al centro dell’intervento viene posta la rielaborazione cognitiva delle di- storsioni, la critica degli errori più gravi di valutazione del proprio corpo, accanto a un processo di accettazione del sé che costituisce il vero problema sottostante all’espressione sintomatologica.

I due autori danno molto rilievo agli interventi di ristrutturazione cogni- tiva e alla ricostruzione e rilettura della storia di vita, intesa come sequenza di esperienze dolorose in cui si apprende a evitare, a controllare e a iper compensare patologicamente stati mentali ritenuti insopportabili. Nel caso del dismorfismo, il luogo mentale insopportabile è l’immagine di un sé imperfetto, che viene metaforicamente espresso come malformazione corporea. La consapevolezza che l’immagine corporea non rappresenta l’unica qualità che definisce l’identità e l’accettazione dell’identità stessa costituiscono il passo decisivo della terapia. Scarinci e Lorenzini offrono numerosi strumenti al terapeuta per accompagnare i pazienti lungo questo difficile percorso.

 Giovanni Maria Ruggiero

 

 

INTRODUZIONE

Il dottor Carlo Biagioli, giovane psichiatra, inizia a lavorare nel servizio pubblico. Siamo negli anni Ottanta, il cammino verso la terra promessa da Basaglia è appena iniziato. Come per gli ebrei provati dall’esodo, c’è il rischio di rimpian- gere il periodo della schiavitù in Egitto. Per non cedere ai momenti di fatica e di sconforto e rendere i nuovi arrivati consapevoli di quale fosse l’inferno da cui si cercava di scappare, il primario faceva visitare loro il manicomio di Siena dove aveva lavorato. Il giro dei reparti dedicati a famosi psichiatri del passato era una consuetudine (la fama dello psichiatra cui era dedicato il reparto era direttamente proporzionale alla gravità dei pazienti che conteneva, e il verbo «contenere» non è utilizzato a caso).

Personaggi bizzarri, comportamenti stranissimi attirano l’attenzione e l’inte- resse di un giovane entusiasta, convinto che riuscirà a spiegare tutto e tutto guarirà. Biagioli nell’attraversare corridoi lunghi e tenebrosi resta sorpreso nel vedere tra i pazienti «pericolosi» un ragazzetto di una ventina d’anni. Sembrava un collegiale, curato nel vestire, educato nel comportamento, assorto in pensieri filosofici o forse in preghiere. Nulla faceva sospettare violenza, pericolosità e neppure follia.

«Perché sta qui? E come mai non è stato ancora dimesso», pensò tra sé il giovane psichiatra e chiese al primario il motivo della sua presenza in quel reparto. Si sentì rispondere che Marcellino era tra i pazienti più gravi. In quel momento in realtà non stava pregando. Osservava il suo mignolo destro e lo confrontava con il sinistro perché era certo che fosse storto. Si era fissato così da quando la fidanzatina lo aveva lasciato. Secondo il primario erano state tentate tutte le cure e non c’era nulla da fare. Prima o poi Marcellino si sarebbe ucciso. Questa sì che suonava come una follia alle orecchie del giovane psichiatra.

Tre anni dopo, durante un soggiorno sul lago di Bolsena, mentre gli altri — pazienti, operatori e bagnanti — stavano chiassosi sulla riva, Marcellino si incamminò deciso verso il largo, camminando senza nuotare. Il corpo fu ritrovato tre giorni dopo a Capodimonte, l’antico borgo che si protende verso il lago.

Sono passati alcuni decenni, il dottor Biagioli è ormai in pensione, ma il disturbo di dismorfismo corporeo sovente conduce ancora al suicidio e la sua diffusione e gravità sono tutt’oggi sottovalutate.

I pazienti chiedono aiuto a specialisti diversi da coloro che si occupano di salute mentale e i casi trattati, non sempre con successo, non sono numerosi.

Anche la letteratura internazionale, che solo negli ultimi anni è cresciuta, non fornisce indicazioni univoche sull’eziologia e il trattamento.

A conferma di questi dati, di recente, Wilhelm, Phillips e Steketee (2013) hanno pubblicato un interessante e pregevole manuale di trattamento, dove vengono evidenziate le criticità che si incontrano con questi pazienti, segnalate, peraltro, da molti altri autori (Mian e Gerbino, 2009).

Il retroterra teorico e clinico dell’approccio utilizzato per analizzare le di- namiche psicopatologiche è quello cognitivo comportamentale. L’importanza dei contributi forniti sia dal modello standard, sia dagli ultimi sviluppi di terza generazione ha ricadute significative nell’approccio clinico e nell’intervento terapeu- tico, anche se va sottolineato il limite di una mancanza di adeguate e sistematiche verifiche empiriche per il disturbo di dismorfismo corporeo in grado di raccogliere e unificare le osservazioni cliniche.

Ci auguriamo, pertanto, che i contenuti di questo lavoro suscitino vivaci reazioni, anche critiche, e interesse, così che il faticoso cammino della scienza, che procede per ipotesi e confutazioni, possa essere avviato per formulare se non altro alcune linee guida per l’intervento, basate su studi clinici randomizzati.

La prima parte del volume è dedicata al momento esistenziale, con partico- lare riferimento all’adolescenza, periodo in cui è più frequente lo scompenso, e alla cultura dell’apparire, che è terreno fertile per lo sviluppo del disturbo. Ampi sono i riferimenti alla letteratura internazionale e alla ricerca. Vengono analizzati inoltre gli ingredienti cognitivi ed emotivi che caratterizzano il disturbo e com- promettono il funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree importanti della vita dei soggetti che intrattengono il disturbo.

Il problema diagnostico assume un ruolo di particolare rilievo, dal momento che si tratta di un disturbo situato al crocevia nosografico tra i disturbi somatoformi, i disturbi alimentari, le ossessioni e il delirio. Il disturbo di dismorfismo corporeo prende qualcosa da ciascuno di essi e lo ricombina in una forma assolutamente caratteristica. Pertanto, la diagnosi differenziale, il decorso e la comorbidità sono considerati con particolare attenzione.

La valutazione del disturbo è l’argomento della seconda parte del volume, che presenta, oltre a una panoramica degli strumenti più diffusi e utilizzati, al- cune nostre proposte originali. L’assessment rappresenta una fase fondamentale in ogni trattamento, per capire il funzionamento del paziente, la dinamica dello scompenso, i fattori di mantenimento della patologia e per costruire una buona alleanza terapeutica. In modo particolare, l’assessment assume notevole rilevanza proprio nel trattamento del paziente con BDD (body dysmorphic disorder), che arriva spesso in terapia senza una grande motivazione e senza consapevolezza di malattia.

Viene poi preso in considerazione l’intervento psicoterapeutico, definito in termini strategici e con ampi riferimenti alle tecniche da utilizzare. Questa parte contiene anche degli strumenti, concepiti ad uso del terapeuta, destinati al supporto sia del paziente sia dei suoi familiari.

Infine, un ultimo capitolo riporta alcuni casi clinici in cui emerge lo sforzo, spesso solo parzialmente efficace, di lenire il dolore e la sofferenza di persone ec- cessivamente preoccupate da difetti nell’aspetto fisico, che vengono percepiti come orribili e che procurano disagio e menomazioni nel loro funzionamento sociale e lavorativo. A volte gli altri cercano di attribuire a questi difetti il significato di piccole anomalie, ma così facendo non comprendono fino in fondo l’importanza che invece rivestono per chi vede queste piccole anomalie come il segno di una drammatica deformità.

 

ARTICOLI E RISORSE SUL DISMORFISMO CORPOREO / DISMORFOFOBIA

PROFILO DI ANTONIO SCARINCI

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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