La letteratura scientifica suggerisce che i partner abusanti utilizzino i propri figli per controllare le partner ed ex partner in vari modi.
I padri biologici, ad esempio, possono servirsi delle “battaglie” per la custodia dei minori al fine di “tenere traccia” delle loro madri o utilizzare le visite ai figli come opportunità per continuare ad abusare le loro madri. Questo fenomeno è divenuto così esteso che ha portato allo sviluppo di centri di visita controllati, che consentissero all’abusante di vedere i propri figli, ma non la partner o ex partner.
Maddalena Ischia, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI
Introduzione: la violenza domestica e i partner abusanti
Stime conservative indicano che ogni anno, solo negli Stati Uniti, le donne aggredite dai loro partner o ex partner siano almeno da 2 a 4 milioni (Browne & Williams, 1993; Edleson, 1999; Tjaden & Thoennes, 1998; Tomkins et al.,1994).
In Italia, i dati non sembrano essere migliori: si stima che siano circa 250 le donne che, ogni giorno, subiscono violenze da parte di un membro della propria famiglia, in particolare dal partner o ex partner (SVS, Soccorso Violenza Sessuale Clinica L. Mangiagalli Milano, 2006).
La violenza domestica, che comprende gli atti di vessazione compiuti dal partner intimo o da altri membri del nucleo familiare, è un fenomeno molto complesso, che include un modello di comportamento attraverso il quale gli autori mantengono il potere e controllo sulle loro vittime (Dobash, Dobash, Wilson, E Daly, 1992; Johnson, 1995).
Oltre all’abuso fisico (schiaffi, percosse, calci, minacce con un oggetto o un’arma), il maltrattamento include violenza sessuale (costrizione al rapporto sessuale tramite minacce, intimidazione o uso di forza fisica), vessazioni psicologiche (comportamenti volti ad intimidire e perseguitare, minacce di abbandono o maltrattamenti, minaccia di allontanamento dai figli, minacce verso persone care alla vittima, sorveglianza ossessiva, isolamento dalla rete amicale e familiare, aggressione verbale), e vessazioni economiche (rifiuto di concedere soldi, rifiuto di contribuire finanziariamente alle esigenze del nucleo familiare) (Bancroft,2002; Pence & Paymar, 1993; SVS, Soccorso Violenza Sessuale Clinica L. Mangiagalli Milano, 2006).
Per comprendere meglio questo fenomeno, ricerche precedenti hanno esaminato un certo numero di modi in cui i maltrattanti abusano e controllano le loro vittime. Ad esempio, alcune ricerche hanno indagato i modi in cui i maltrattanti abusano economicamente delle loro partner (Brush & Raphael, 2000; Lloyd & Taluc,1999; Shepard e Pence, 1988), e la misura in cui le terrorizzano psicologicamente (Street & Arias 2001; Tolman, 1992).
Recentemente, una certa attenzione è stata dedicata anche alle modalità con cui i partner abusanti molestano o minacciano i cari delle loro partner o ex partner, ai fini di controllarle (Goodkind, Gillum, Bybee, & Sullivan, 2003; Riger, Racha, e Camacho, 2002).
Sebbene la ricerca indichi che milioni di bambini negli Stati Uniti sono esposti al maltrattamento delle loro madri (Carlson, 1984; Straus, 1992), e che molti sono essi stessi abusati (Edleson, 2001), poco si sa sul modo in cui questi vengono utilizzati da coloro che abusano per manipolare o danneggiare le loro madri.
L’utilizzo dei figli da parte dei partner abusanti
La letteratura scientifica suggerisce che i partner abusanti utilizzino i propri figli per controllare le partner ed ex partner in vari modi.
I padri biologici, ad esempio, possono servirsi delle “battaglie” per la custodia dei minori al fine di “tenere traccia” delle loro madri (Bancroft & Silverman, 2002; Saunders, 1994), o utilizzare le visite ai figli come opportunità per continuare ad abusare le loro madri (Saunders, 1994; Shepard, 1992). Questo fenomeno è divenuto così esteso che ha portato allo sviluppo di centri di visita controllati, che consentissero all’abusante di vedere i propri figli, ma non la partner o ex partner (Oehme & Maxwell, 2004; Thoennes & Pearson, 1999).
I partner abusanti, inoltre, possono minacciare di fare del male o rapire i bambini qualora la partner o ex partner non si comporti come loro desiderano (Bancroft & Silverman, 2002).
I bambini possono poi essere utilizzati come fonti di informazioni rispetto alle attività o agli spostamenti compiuti dalla loro madre. Non è infrequente, infatti, che i maltrattanti interroghino i propri figli sulle attività svolte dalla loro madre, in modo da avere sotto controllo tutti gli aspetti della vita della donna. Ciò può essere eseguito in modo sottile, cosicché il bambino non realizzi di essere manipolato.
Utilizzare i figli per controllare il comportamento delle loro madri può risultare una strategia particolarmente efficace, in quanto le madri solitamente antepongono il benessere e le esigenze dei propri figli alle loro.
Risulta pertanto importante esaminare la misura in cui i partner abusanti si impegnano in questi tipi di comportamenti, così come comprendere i fattori predittivi di queste strategie. Per esempio, ci si potrebbe aspettare che gli uomini che sono padri biologici dei bambini siano più propensi ad utilizzare il sistema giudiziario per controllare le loro partner, rispetto a coloro che non possiedono diritti legali sui figli.
Ci si potrebbe inoltre aspettare che i partner abusanti che vivono con le loro vittime possano utilizzare i bambini per “tenere traccia” delle attività svolte dalla loro madre, o minacciare di fare loro del male qualora la donna dovesse lasciarli.
Qualora invece il partner maltrattante abbia concluso la sua relazione con la partner, potrebbe utilizzare i figli per convincere la donna a riprendere la relazione o per monitorare i suoi spostamenti.
Nel 2007, Beeble, Bybee, e Sullivan (2007) hanno effettuato uno studio su un campione composto da 156 donne maltrattate, che avevano subìto violenza fisica da parte di un partner intimo durante i quattro mesi precedenti.
Sebbene tale studio sia di natura esplorativa, gli autori hanno ipotizzato che l’uso dei bambini fosse collegato ad una serie di fattori.
In particolare, gli autori ipotizzavano che i padri biologici fossero più propensi ad utilizzare i bambini per controllare il loro partner o ex-partner, a causa sia di un loro diritto legale di avere accesso ai bambini, che di un naturale “senso di diritto” sulla loro prole.
Gli autori hanno inoltre esaminato se l’uso dei bambini variava in base allo stato attuale del rapporto dell’aggressore con la donna (partner vs ex partner).
Infine, hanno ipotizzato che gli aggressori per i quali il Tribunale aveva stabilito il diritto di visita ai figli, li utilizzassero più spesso rispetto a quelli che non avevano ricevuto tale disposizione, o rispetto a coloro che attualmente vivevano con i loro figli.
Dai risultati dello studio è emerso in primo luogo come l’utilizzo dei figli da parte dei partner abusanti sia un fenomeno molto diffuso: la maggioranza delle donne (88%) ha infatti riferito che i loro aggressori avevano usato i loro figli per controllarle in vari modi e a vari livelli.
Tale controllo è stato attribuito dalle vittime alle seguenti finalità: rimanere nella loro vita (70%), tenere traccia di loro (69%), molestarle (58%), intimidirle (58%), e spaventarle (44%).
Quasi la metà (47%) delle donne ha riportato che gli aggressori avevano cercato di mettere i loro figli contro di loro, mentre il 45% ha riferito che gli aggressori avevano tentato di utilizzare i bambini per convincerle a riprendere una relazione.
Gli autori hanno rilevato inoltre che l’uso dei bambini contro le donne da parte dei maltrattanti differiva sulla base del tipo di relazione tra questo e il bambino. I padri biologici, infatti, erano significativamente più propensi a usare i bambini contro le loro partner o ex rispetto ai patrigni (uomini legalmente sposati con la madre del bambino), alle figure paterne (uomini che avevano giocato un ruolo genitoriale significativo con il bambino), e a quelle classificate come “non paterne” (partner attuali o precedenti che non avevano giocato un ruolo genitoriale significativo nella vita del bambino).
Le donne che avevano chiuso o stavano terminando il loro rapporto con l’aggressore (M = 2.39; DS = .93) avevano vissuto in modo significativamente maggiore l’uso dei bambini rispetto alle donne che stavano continuando la relazione con il maltrattante (M = 1.69; DS = .76), con F (1, 54) = 13.33, MSE = .82, P <.01).
In aggiunta, gli aggressori per i quali il Tribunale aveva disposto visita ai figli, utilizzavano questi in misura significativamente più alta contro le loro partner o ex partner (M =2.93; DS = .86), rispetto a coloro che non avevano ricevuto queste disposizioni (M = 2.19; DS = .90; p <.01), o che vivevano con i bambini (M = 1.91; DS = .89; p <.01).
Considerazioni e conclusioni
La letteratura esaminata mostra come molti partner abusanti utilizzino i bambini per continuare a controllare e abusare le loro partner o ex-partner.
Nello studio condotto da Beeble, Bybee, e Sullivan (2007), il settanta per cento dei partner abusanti ha usato i bambini per rimanere nella vita delle partner o ex-partner, mentre più della metà ha usato i figli anche per molestarle. Poco meno della metà dei partner abusanti ha cercato di mettere i bambini contro le loro madri, mentre altri hanno usato i bambini per convincere le donne a riprendere una relazione con loro.
Il rapporto dell’abusante con i bambini è risultato essere una caratteristica distintiva per comprendere le condizioni in cui si è verificato l’uso dei bambini: i padri biologici utilizzavano i bambini contro le loro madri più dei patrigni, delle figure paterne e non paterne.
Ci sono un certo numero di possibili spiegazioni per questa constatazione.
La prima spiegazione potrebbe essere sintetizzata nella frase “l’occasione fa l’uomo ladro”: i padri biologici potrebbero avere più accesso ai loro figli rispetto ai patrigni o alle figure non paterne, cosa che potrebbe dare loro maggiori opportunità di usarli contro le loro madri.
A questo proposito, alcuni padri biologici potrebbero sentire un senso di proprietà sui propri figli (Bancroft, 2002; Bancroft & Silverman, 2002), il che potrebbe portarli a sentirsi giustificati ad utilizzarli per nuocere alle loro madri. I padri biologici potrebbero anche avere relazioni più strette con i bambini rispetto ai patrigni, e alcuni potrebbero sfruttare quella vicinanza chiedendo ai bambini di convincere le madri a riprendere una relazione con loro, o attribuendo la colpa per la rottura del rapporto alle loro madri. Altri ancora potrebbero utilizzare la minaccia di una battaglia per la custodia dei figli per controllare le loro partner o ex-partner (si vedano, ad esempio, Bancroft & Silverman, 2002; Saunders, 1994).
Studi futuri saranno necessari per capire meglio come la relazione con il bambino interessa la capacità e la volontà dell’abusante di usarli per danneggiare o controllare la loro madre.
Anche l’accesso dei partner abusanti ai bambini attraverso le visite ordinate dal Tribunale è risultata essere una caratteristica distintiva che aiutava a comprendere le condizioni in base alle quali gli aggressori utilizzavano i bambini contro le loro partner o ex-partner.
Gli abusanti che avevano diritto di visitare i figli, secondo quanto stabilito dal Tribunale, hanno infatti utilizzato i bambini più di quelli che ne erano privi. Anche in questo caso, è possibile che questi aggressori abbiano più accesso ai bambini, e, di conseguenza, più opportunità di utilizzarli contro le loro partner o ex-partner, rispetto agli aggressori che non hanno tali diritti.
Va evidenziato, tuttavia, che l’ordine di visita stabilito dal Tribunale è stato segnalato dalle madri nei confronti di uno qualsiasi dei loro figli, elemento che non ha reso possibile collegare le modalità di visita per un bambino specifico all’uso di quel bambino da parte dell’aggressore. Allo stesso modo, nulla sappiamo sulle caratteristiche individuali del bambino (ad esempio, età, sesso) che potrebbero essere associate con un elevato rischio per questo tipo di manipolazione.
Un’analisi più precisa di questi aspetti richiederà un’attenta raccolta di informazioni sulle caratteristiche specifiche dei minori, nonché del tipo di contatto avuto con l’aggressore.
In sintesi, è possibile affermare che sono necessarie ulteriori ricerche in questo settore per esaminare le diverse modalità in cui i bambini vengono utilizzati contro le loro madri, nonché i predittori di tale comportamento, così come le conseguenze di tali atti sulle madri ed i loro figli.
Lo studio di questo fenomeno risulta essere importante per una serie di motivi.
Da un punto di vista prettamente clinico, è importante capire come le tattiche utilizzate possano traumatizzare le donne, e portarle a comportarsi in modi che possono risultare poco comprensibili ai professionisti che le assistono. Si pensi, in questo senso, al fatto che le vittime di violenza domestica possano decidere improvvisamente di riiniziare una relazione con il partner maltrattante, o rifiutarsi di interromperla.
Inoltre, ai clinici che lavorano con i bambini potrebbe essere utile comprendere quanto comune sia l’utilizzo di queste tattiche, per aiutarli a sviluppare efficaci strategie di coping.
A livello politico, la comprensione di come i bambini sono utilizzati come “armi” da molti partner abusanti è di cruciale rilevanza per la creazione di politiche (policy) in materia di visite e custodia.
Ad esempio, molte comunità ancora non hanno Centri di visita sorvegliati che le donne possono utilizzare quando l’aggressore ha il diritto legale di vedere il bambino, ma solo quando tale accesso mette in pericolo l’incolumità della madre. Se la prevalenza di questo fenomeno fosse meglio compresa, così come le sue conseguenze sia per le madri e per i bambini, tali centri potrebbero diventare una priorità maggiore nelle comunità.
Infine, utilizzare i bambini per nuocere e controllare le loro madri è una strategia che può avere gravi conseguenze negative, sia per le donne, che per i loro bambini.
Ad oggi, nulla si sa su come i bambini affrontino l’essere utilizzati in questo modo. Si sa anche poco su come le diverse tattiche influenzano i comportamenti delle donne, così come il loro benessere psicologico.
Far luce su questo fenomeno complesso può portare ad una risposta comunitaria migliore per le vittime e i loro bambini, rendendo più difficile per coloro che abusano impegnarsi con successo in tali tattiche in futuro.