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Regolazione emotiva: in che modo determina il benessere psicologico

La regolazione emotiva indica in che modo l'individuo prova, esprime e regola le emozioni e questo determina il suo benessere psicologico - Psicologia

Di Roberta Casadio

Pubblicato il 25 Gen. 2016

La regolazione emotiva è l’insieme dei processi attraverso i quali l’individuo influenza le emozioni che prova, quando le prova, in che modo le prova e come esprime tali emozioni. La regolazione emotiva si riferisce quindi alla eterogenea serie di processi con cui le emozioni sono regolate (Gross, 1999) ed è in gran parte responsabile del nostro benessere psicologico.

Roberta Casadio, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

Regolazione e disregolazione emotiva

Il concetto di disregolazione emotiva è strettamente legato a quello di regolazione e si riferisce ad un interruzione della “stabilità interna” dei processi mentali che sono legati alla costante e dinamica regolazione delle attività di cervello-mente-corpo-ambiente (Lazarus e Folkman, 1984). Qualora si sviluppi una grave situazione di disagio, ne risulta che non solo tale esperienza incide dal punto di vista psicologico sull’individuo, ma lo farebbe anche sul cervello e sul funzionamento cognitivo, rendendo il recupero del benessere ancor più difficile (Segal et al. 1996).

L’interazione tra figura di attaccamento ed infante è di fondamentale importanza nello sviluppo del bambino. Una relazione calda e accogliente, dove la figura di attaccamento è emotivamente disponibile aiuta il bambino ad evitare stati emotivi estremi e prolungati, ed esso comprenderà attraverso l’esperienza che gli stati di stress (i.e. arousal) possono essere moderati e quindi regolati (Kidwell et al., 2010). Questo accade poiché, grazie alla prevedibilità delle risposte fornite dal caregiver, è possibile fare delle connessioni causali stabili tra domanda e risposta offerta. Diversamente, quando la figura di riferimento del bambino si mostra emotivamente inaccessibile e incoerente reagendo alle espressioni emotive e allo stress del neonato in modo inappropriato, tale mancanza compromette la regolazione dell’arousal e quindi delle emozioni del neonato.

A conferma di ciò, una sempre più vasta letteratura scientifica afferma come la disregolazione emotiva sia un probabile esito di una relazione della diade che porti ad alterare il meccanismo di regolazione delle funzioni fisiologiche e quindi verso forme di psicopatologia (Kopp, 1989). Un esempio potrebbe avvenire quando un bambino esposto ad ostilità da parte del caregiver, che quindi non vede accolti e regolati i suoi stati di stress, si sente rigettato e arrabbiato. Sebbene egli possa adottare delle strategie per mantenere una relazione con il caregiver (es. pattern di attaccamento insicuro evitante o ambivalente), si verifica un fallimento nella possibilità del bambino di fare esperienza di se stesso come abile nel regolare i propri stati interni negativi in modo effettivo.

In base a tali esperienze precoci di apprendimento con la figura di attaccamento, si sviluppano dei Modelli Operativi Interni. Nell’esempio appena citato il mondo sarebbe quindi visto come incapace di rispondere ai propri bisogni e vedono se stessi come non meritevoli di attenzione e cure da parte della figura di riferimento. Sarebbe ragionevole ritenere a questo punto che i sentimenti di rabbia e tristezza siano facilmente attivati e che tali soggetti possano sviluppare deficit nella implementazione di un repertorio efficace e funzionale nel lungo termine di strategie di regolazione delle emozioni, il quale deficit contribuirà a confermare il senso di inefficacia e sfiducia negli altri percepito dal soggetto.

Studi mostrano l’incidenza di esperienze avverse o traumatiche nella prima infanzia nello sviluppo di disagio psichico in età adulta: tra i fattori di rischio comuni a diversi disturbi emergono traumi, perdite e abusi (Liotti, 2010), reattività allo stress, disfunzioni celebrali, attaccamento insicuro ad alto indice o disorganizzato (Ijzendoorn et al., 1999), elevata sensibilità alle emozioni espresse (Brown, Birley, & Wing, 1972) e conflitto intra-famigliare (Davies e Cummings, 1994). Questi fattori di rischio hanno in comune l’effetto di produrre alti livelli di arousal che interferiscono con lo sviluppo di strategie di regolazione emotiva.

Nella sua iniziale formulazione Bowlby indicava chiaramente che un attaccamento insicuro poteva essere visto come fattore di vulnerabilità a forme di psicopatologia in età più avanzata. Studi trasversali su popolazioni cliniche e “a rischio” hanno dimostrato un tasso significativamente superiore di persone con attaccamento insicuro rispetto alla popolazione di riferimento (Goldberg, 1993). Tale tesi trova conferma anche negli studi di etologia sugli effetti di una inadeguata regolazione diadica tra il piccolo e la madre in una popolazione di scimmie rhesus. Gli esperimenti condotti confermano infatti che i piccoli di scimmia che avevano riscontrato risposte incoerenti e inadeguate alle proprie richieste emotive mettevano in atto successivamente comportamenti insolitamente impulsivi, insensibili ed esageratamente aggressivi nelle interazioni con gli altri membri del gruppo (Suomi, 2003).

Strategie di regolazione emotiva e sviluppo psicopatologico

Gli studi sulla regolazione emotiva dei soggetti affetti da disturbo borderline di personalità dimostrano che per questa popolazione le emozioni risultano particolarmente difficili da regolare. I principali problemi che questi soggetti incontrano riguardano proprio l’aspetto della modulazione emotiva che, risultando deficitaria e cronicamente compromessa, impedisce loro di usare in maniera efficace le strategie di regolazione. Essendo vittime di un’eccessiva attivazione emotiva e fisiologica, tali soggetti incontrano serie difficoltà ad usare quelle strategie che consentirebbero di modulare la risposta emotiva e smorzare i correlati fisiologici ad essa associati. Lo stato di stress cronico che ne deriva alimenta l’uso di strategie di regolazione dello stato emotivo disfunzionali (es. atti auto/etero lesivi). Anche i disturbi definiti internalizzati costituiscono un valido esempio di compromessa regolazione emotiva: essi comprendono in maniera prevalente i disturbi dell’ansia e dell’umore e rappresentano un caso emblematico di specifica modalità di regolazione emotiva atipica che può comportare uno sviluppo psicopatologico (Bradley, 2000). Le aree della disregolazione che risultano più implicate sono quelle relative alle modalità di coping e alla regolazione dei fattori neurobiologici coinvolti nella risposta allo stress. I bambini a rischio d’insorgenza di sintomi internalizzati adottano strategie di coping improntate alla repressione dell’emotività negativa, al ritiro, all’uso ridotto del supporto sociale e all’idealizzazione di relazioni affettive problematiche. L’interiorizzazione della rabbia e dell’ostilità sarebbe così alla base dello sviluppo sintomatico.

Più di recente, alcune ricerche mettono in luce, grazie al supporto di tecnologie provenienti dalle neuroscienze, come esista uno stretto legame tra modulazione emotiva e regolazione emotiva. La regolazione emotiva, infatti, non è qualcosa che subentra dopo l’esposizione ad uno stimolo emotivo, bensì costituisce un processo che esiste prima e/o durante la risposta emotiva allo stress (Putnam & Silk, 2005). Di seguito alcuni esempi sul funzionamento di alcuni meccanismi regolatori quali la “soppressione delle emozioni” e il “reappraisal cognitivo”: se si istruiscono i soggetti a inibire le espressioni facciali (soppressione) mentre stanno guardando alcune scene disgustose di un film, questa inibizione comporta un incremento dell’arousal (Gross, 1999).

Altri studi rilevano gli effetti di meccanismi di reapparaisal sulla regolazione emotiva: se si istruiscono i soggetti a rimanere distaccati nei confronti di materiale emotivo, aumenta l’espressività emotiva ma non l’arousal: in questo senso si può ipotizzare che le due forme di regolazione delle emozioni comportino effetti differenti e che sia solo l’ultima quella che non implica, sul lungo periodo, costi elevati per la salute fisica e psicologica, mentre sopprimere l’espressione delle emozioni comporterebbe rischi maggiori per la salute mentale e il benessere psicologico (Putnam & Silk, 2005).

Alla luce di ciò è possibile concludere che i trattamenti psicoterapici di soggetti con deficit di regolazione emotiva possano esplorare che repertorio i soggetti mettano in atto per regolare le loro emozioni e quanto sia efficace/funzionale tale repertorio nel medio e lungo termine con lo scopo di identificare i meccanismi di funzionamento disfunzionali e lavorare sui deficit di regolazione emotiva. Uno strumento che potrebbe essere utile a tal fine è la DERS (DERS: Difficulties in Emotion Regulation Scale, Gratz & Roemer, 2004).

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Roberta Casadio
Roberta Casadio

Psicologa clinica e specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale, Recovery worker

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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