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Guida portatile alla psicopatologia della vita quotidiana (2015) di Costanza Jesurum – Recensione

Il libro costituisce un riuscito tentativo di utilizzare l’ironia per introdurre temi fondamentali della psicologia clinica al lettore non specializzato.

Di Marco Innamorati

Pubblicato il 23 Dic. 2015

Aggiornato il 29 Dic. 2015 13:39

Il libro della Jesurum costituisce un riuscito tentativo di utilizzare l’ironia e il linguaggio quotidiano per introdurre (senza banalizzarli) temi fondamentali della psicologia clinica al lettore non specializzato.

Eppure questo titolo mi ricorda qualcosa” potrebbe osservare un lettore non del tutto ignaro di psicoanalisi. E in effetti il titolo riprende e assorbe quello del libro che più di tutti contribuì all’affermazione del nome di Freud al di fuori dell’ambiente medico viennese, quella ‘Psicopatologia della vita quotidiana’ dove per la prima volta si affacciò l’ipotesi che i lapsus e gli atti mancati possano rimandare a un significato nascosto nell’inconscio.

Il risultato è volutamente straniante e ricorda un simile tentativo in altro contesto: Toti Scialoja iniziava una poesia “Non possum tecum vivere/ nec sine te stamani/ lo grido sulle rive dove vagano i cani” piegando il verso di Catullo a un altro metro e un altro registro comunicativo. Il senso originario non ne veniva del tutto stravolto; l’ironia della contaminazione trasudava amarezza quanto vis comica. L’intento della Guida portatile è, d’altra parte, introdurre l’ironia nel discorso psicologico; ma il sorriso che si vuole strappare a chi legge non è mai fine a se stesso. Serve invece ad attrarre l’attenzione in modo lieve e rapsodico su argomenti serissimi: segnatamente le varie forme sintomatiche che attraversano l’esistenza in un mondo che, lo si voglia definire liquido o postmoderno, ci risulta sempre più nevrotico e nevrotizzante.

L’autrice è una psicologa analista (di sponda AIPA), laureata sia in filosofia che in psicologia, a suo tempo allieva di Luigi Aurigemma (curatore italiano unico delle Opere di Jung per Bollati Boringhieri), già autrice di un Manuale antistalking (uscito presso il Melangolo nel 2014); ma soprattutto redattrice unica e prolifica di uno dei blog più seguiti in ambito psicologico: Zauberei (in passato Zauberei Putipù: beizauberei.wordpress.com). Zauberei offre da anni uno sguardo disincantato e allo stesso tempo vigile sulla società italiana, usando gli strumenti della psicologia ma senza rinunciare alla battuta fulminante. Del blog il libro mantiene lo stile frizzante, ricco di termini sapidamente profani per attirare l’attenzione di lettori anche digiuni di psicologia su temi di universale interesse. Spesso si strizza l’occhio al lettore con allusioni a un immaginario largamente condiviso, dal disastro annunciato di Cassandra Crossing per introdurre il tema dell’ansia alla passeggiata di Vivian su Rodeo Drive (in Pretty Woman) per alludere allo shopping compulsivo.

Di fatto, però, una simile impostazione presenta interessantissimi vantaggi. Per illustrare il primo si può tornare indietro al famoso Blue Book promosso dalla Scuola di Ulm (Dahl, Kächele e Thomä, 1988). Nella bibbia della ricerca empirica sul processo si osservava come uno dei pochissimi predittori dell’efficacia di un rapporto terapeutico è costituita dalla sovrapponibilità del vocabolario del terapeuta e di quello del paziente. Si poteva affermarlo perché i ricercatori avevano registrato integralmente psicoterapie di varie impostazioni teoriche e avevano trascritto i relativi contenuti per effettuare delle analisi al computer. Ne era risultato che l’attitudine del terapeuta a parlare la stessa lingua del paziente, in senso letterale, costituiva un fattore di successo molto più significativo della sua teoria di riferimento. La scelta, nel caso della Guida portatile, è quella di parlare la stessa lingua del lettore, ma senza cadere (e questo è il secondo vantaggio) nella triste banalizzazione.

Una delle usuali conseguenze più infauste della psicologia mediatizzata è quella di avvicinarsi al lettore (o allo spettatore) così tanto da non offrire più nessun contenuto realmente scientifico. L’editor della collana popolare e il presentatore della trasmissione televisiva spingono l’esperto psicologo (o presunto tale) a semplificare sempre di più il proprio messaggio per poter vendere il prodotto; finché il compromesso finale è che si sacrifica qualunque contenuto che superi il mero senso comune, pur di apparire, di esserci, di guadagnare visibilità.

Nel caso del libro della Jesurum la brillantezza porta invece il lettore ad interessarsi dell’argomento trattato (che di solito riguarda direttamente lui stesso o almeno una delle sue conoscenze), finché non arriva il momento di introdurre un concetto psicologico. E a quel punto il lettore è coinvolto; non può fuggire (o meglio: può ma si rende conto che se ne dispiacerebbe).

Capita così, per esempio, che l’autrice parli di un personaggio del proprio mondo interno che chiama “Osvaldo”, per poi introdurre il tema del sabotatore interno, alludendo poi all’autore che ne ha introdotto la teorizzazione (nella fattispecie W. R. Fairbairn), ma in maniera del tutto rassicurante, come se si trattasse di un amico dj che poi è diventato famoso ma non ha dimenticato le frequentazioni di un tempo… e infine offrire indicazioni per approfondimenti e non trascurare di avvertire che, se qualcuno avesse riconosciuto in se stesso il comportamento di Osvaldo, la psicoterapia non è una strada da escludere a priori.

L’operazione compiuta con il libro è senza dubbio molto coraggiosa, dal punto di vista del ruolo dell’autrice. Al di là del successo commerciale del libro, infatti, la Jesurum ha scelto di correre un rischio. L’uso dell’ironia presenta infatti potenziali effetti collaterali. Tanto più questo avviene allorché si decida di esporre anche se stessi a un tale specchio, che può abbellire ma anche deformare: in questo senso l’autrice non manca di raccontare le proprie contraddizioni e difficoltà, oltre quelle viste nel proprio mondo (quotidiano e professionale). Questo significa esporsi e non aver paura che possibili pazienti e/o colleghi guardino al personaggio con sufficienza.

Lo psicologo è infatti, di solito, terribilmente serioso, mostra un atteggiamento che tenta di suscitare nell’altro reverenza e ammirazione; teme lo scherzo come una possibile forma di auto-smascheramento. Ci sia consentito allora di dire che questo libro rappresenta una boccata d’aria fresca, proprio al confronto con i tanti, troppi sedicenti capiscuola che vendono essenzialmente fumo. In questo senso, se si può forzare la metafora, qui si trova anche l’arrosto e non è per nulla sgradevole che la carne risulti fortemente speziata.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dahl, H., Kächele, H. e Thomä, H. (1988), Psychoanalytic Process Research Strategies, Springer, Berlin.
  • Jesurum, C.(2014). Manuale antistalking, il Melangolo, Genova.
  • Id. (2015), Guida portatile alla psicopatologia della vita quotidiana, Minimum Fax, Roma.
  • Scialoja, T. (1986), Le sillabe della Sibilla, Scheiwiller, Milano.
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