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Sweet November: quando la malattia oncologica costituisce matrice di legame e di cambiamento – Recensione

La storia tra Nelson e Sara è minacciata dal tumore di lei: il film consente di riflettere sull'importanza dei legami nella malattia terminale.

Di Simona Noviello

Pubblicato il 16 Nov. 2015

Nelson incontra Sara, entrambi si ritroveranno a condividere lo stesso tetto per un mese, il mese di novembre. I due si innamorano ma a minacciare l’idillio amoroso e la convivenza sarà la malattia terminale di Sara.

La storia narra dell’agente pubblicitario in carriera Nelson, molto legato al suo lavoro e fermamente convinto che il tempo sia denaro. Nelson ha una relazione con la giovane Angelica. Al test per il rinnovo della patente, Nelson incontra Sara. I due si ritroveranno a condividere lo stesso tetto per un mese, il mese di novembre.

In questo periodo Sara cercherà di far capire a Nelson l’importanza della vita e la superficialità di alcune cose che invece per lui sono fondamentali. Dopo un inizio travagliato, i due entrano sempre più in sintonia, e si innamorano. A minacciare l’idillio amoroso e la convivenza, la triste scoperta da parte di Nelson che Sara è, già da qualche tempo, malata terminale di tumore…

La visione del film con gli occhi di una spettatrice e, nello stesso tempo, di una psicologa psicoterapeuta psiconcologa, è stata una esperienza che ha favorito quella che Bateson (1977) definisce una visione binoculare composta dagli aspetti emotivi strettamente collegati alla vicenda umana narrata e stili di funzionamento relazionale rispetto l’ospite inatteso e sgradito quale la malattia. Ciò che, a mio avviso, favorisce l’integrazione di queste due lenti è la relazione che nasce dall’incontro dei due protagonisti e che funge da matrice di cambiamento.

L’incontro, inizialmente casuale ma ben organizzato in un secondo momento, favorisce la conoscenza di due soggetti apparentemente diversi per stili di vita: lui (ben inquadrato con un lavoro di successo ed una relazione sentimentale stabile), lei (una vita di successo abbandonata misteriosamente per una più svitata) ma che insieme trascorreranno un mese intero, quello di Novembre secondo i confini relazionali che Sara proporrà.

La relazione, nonostante le premesse iniziali, si trasforma in un legame profondo che inganna lo scorrere veloce ed inesorabile del temuto e odiato kronos. Il profondo legame consente ad entrambi di scoprire parti di sé misconosciute favorendo nuove esperienze di vita (es: esercitare la funzione genitoriale, operazioni di salvaguardia per gli animali) che consentono ad entrambi di vivere in modo diverso il proprio kairos.

In questo scenario ad alto contenuto emotivo, la malattia compare verso la fine del film. Essa non va a scardinare il legame ma, come spesso succede, tende a cementificarlo favorendo una maggior condivisione ed un contesto di differenziazione per entrambi. Secondo la classificazione proposta da Costantini , Grassi e Biondi rispetto gli stili di coping messi in atto dal soggetto nei confronti della patologia, si potrebbe dedurre che, apparentemente, lo stile relazionale di Sara sia combattivo, con livelli d’ansia e demoralizzazione congrui alla patologia. Tuttavia, non essendovi aderenza ai trattamenti medici, sembrerebbe, in seconda battuta, che più che stile combattivo, si tratti di evitamento con bassi livelli d’ansia e demoralizzazione e attività distraenti (il proposito di Sara di cambiare la vita di Nelson) a temi legati alla malattia con scarso confonto e poche strategie di compliance.

La malattia, inizialmente silente, poi, in un secondo momento, si manifesta con tutta la sua sfera sintomatologica, come uno specchio (Eduardo lo chiamava ‘o scostumat’ per la sua fedeltà indelebile al reale) favorisce il confronto evitato di Sara con quella che è la sua realtà e, nello stesso tempo, svela il mistero della ‘cassetta chiusa a chiave’ presente nel bagno di Sara e che Nelson non poteva aprire. Questo scenario viene elicitato, in questo caso, dalla telefonata della sorella di Sara, portavoce della famiglia, preoccupata per la mancanza di compliance di Sara nelle cure terapeutiche. La famiglia, probabilmente in accordo con lo stile relazionale di evitamento di Sara non compare nel film se non attraverso qualche discorso di Sara. Considerando, sulla base del racconto fornito da Sara, il disappunto della famiglia per la modalità svitata di cura di questa, si potrebbe ipotizzare che lo stile di coping di questa sia improntato maggiormente verso il versante supportivo. Infatti , Sara alla fine deciderà di tornare dai suoi in quanto si renderà conto che non potrà farcela da sola.

Nel film vengono molto utilizzati alcuni oggetti con valore simbolico come la cassetta chiusa a chiave dei farmaci che, a mio avviso, rende bene la posizione di Sara che, scoperta la malattia, vuole tenerla chiusa in un angolo al fine di non consentire a nessuno di vederla in quanto la sola vista tenderebbe a far crollare l’esistenza mistificata che lei stessa si è costruita. La barchetta che Sara e Nelson regalano al bimbo con il quale si ritrovano ad assolvere funzioni genitoriali (Nelson soprattutto) a mio avviso è simbolo di speranza (nella gara con le altre barchette a vela la barca appare spacciata ma poi, grazie anche a un aiuto di Nelson, riesce ad arrivare prima) e di come la forza della relazione in certi casi possa avere un effetto benefico e terapeutico.

Questo mi porta a riflettere su quanto la mistificazione presente nel film abbia, in questo caso, creato un buon terreno per la semina e la conseguente nascita di un forte legame, un legame che, anche se cieco rispetto ad alcuni aspetti di vita (simbolicamente, a mio avviso, nel film il gioco a moscacieca sta a significare questo) non ha mancato di essere autentico nella purezza dei sentimenti e nel candore dell’incontro amoroso in tutte le sue declinazioni.

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Simona Noviello
Simona Noviello

Psicologa, Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bateson G. (1977) Verso una ecologia della mente. Adelphi
  • Biondi M., Costantini A., Wise T. (2014) Psiconcologia. Raffaele Cortina
  • Gritti P., Di Caprio E.L. (2002) Gli interventi di supporto psicologico alla famiglia delpaziente neoplastico. Giornale di psiconcologia Settembre qiuadrimestrale.
  • Kissane DW, Bloch S, Burns WI, McKenzie DP, Posterino M. (1994) Psychological morbidity in the families of patients with cancer. Psychooncology 1994; 3: 47-56.
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