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Il processo adolescenziale: teoria e tecnica

Il lavoro psicoanalitico con adolescenti mira a rintracciare la problematica dalle origini fino all’organizzazione più o meno definitiva della mente. %%page%%

Di Valentina Gentile

Pubblicato il 18 Nov. 2015

Aggiornato il 10 Ott. 2016 14:42

È come se si versasse vino nuovo in vecchi otri

(Winnicott , D.W., 1962)

Nell’adolescenza si definisce il rapporto tra il riproporsi dell’identico e l’emergere del nuovo (Cahn, R., 2000).

Nel senso di contenere, organizzare, dare un nome agli incessanti cambiamenti interni ed esterni che riguardano questa fase dello sviluppo e che ci rendono altri nella misura in cui rimaniamo noi stessi (Cahn, 2000).

R. Cahn (2000) parla di soggettivazione intesa come processo di assunzione della soggettività. Essa rinvia a quell’insieme di azioni psichiche che conducono l’individuo a percepire la propria individualità creando uno spazio psichico personale adeguato, che permette una differenziazione con l’esterno e allo stesso tempo una capacità di auto simbolizzazione dell’esperienza. Questo processo riguarda il corso dell’intera vita dell’individuo e in questa fase dello sviluppo trova uno snodo cruciale.

Vediamo che il processo di soggettivazione di ogni individuo dipende dalle determinanti interne del soggetto ma anche dalla cultura e dalle norme della società che gli è propria. Ogni psicoanalista deve occuparsi della realtà psichica dell’adolescente, ma anche dell’oggetto esterno, della realtà sociale e persino di una pseudo realtà psichica che il paziente può costruirsi (Cahn, R., 2000).

Su questo rapporto si incentra il lavoro psicoanalitico che mira a rintracciarne la problematica dalle origini fino all’organizzazione più o meno definitiva della mente.

L’adolescenza è un periodo in cui si presentano dei profondi cambiamenti biologici, psichici e sociali. Assistiamo, infatti, in questo periodo, a delle trasformazioni corporee, anatomiche e fisiologiche e ad un ampliamento delle capacità cognitive. Tutti questi cambiamenti portano nell’adolescente ad elaborare un nuovo statuto del corpo, dell’identità e del mondo.

Come ricorda Margot Waddell (2000), i cambiamenti fisiologici della pubertà si verificano solitamente prima di quelli emotivi, questo soprattutto per quanto riguarda il sesso femminile. Infatti, molte ragazze iniziano ad avere le mestruazioni e a sviluppare caratteristiche sessuali secondarie all’età di dieci o persino nove anni. Questi cambiamenti corporei portano con se un sentimento perturbante (Freud, S., 1919), infatti, la comparsa del corpo genitale è vissuto in un primo tempo come estraneo ed esterno al ragazzo, rispetto alle precedenti sicurezze del periodo infantile.

L’adolescente, pertanto, in questo processo di cambiamento, attraversa un lutto normale riferito su più fronti: lutto dei genitori, idealizzati nell’infanzia; lutto del corpo infantile; lutto della propria identità e del proprio ruolo nel mondo infantile (Selener, G., 1991).

Per poter far subentrare la realtà genitale, dovrà compiere una scelta importante per l’identità sessuale: essere donna oppure uomo? E dovrà rispondere ad una domanda che riguarda il processo di soggettivazione: chi sono io? Queste domande portano con sé dei turbamenti, sentiti spesso come insopportabili, sono vissuti che il giovane vorrebbe evacuare e dai quali vorrebbe difendersi.

Spesso in questo periodo assistiamo a dei comportamenti delinquenziali che servono per alleviare la tensione degli impulsi aggressivi e sessuali. Inoltre, i comportamenti delinquenziali servono all’adolescente a sondare i limiti dell’autorità esterna ed interna: il giovane mette alla prova gli altri e se stesso. Questo modo di rapportarsi gli permette il progressivo distanziamento dalle proprie figure di attaccamento primario, per creare poi un pensiero proprio, per sciogliere e per poi riallacciare i legami antichi al fine di renderli attuali (Cahn, R., 2000).

I genitori tuttavia, permangono come base sicura, specialmente nei momenti di forte difficoltà, ma si riattiva una rinegoziazione dei ruoli e delle posizioni all’interno della famiglia, sia da parte dei figli che da quella dei genitori. Il conflitto con l’autorità genitoriale implica un’elaborazione dei fantasmi di parricidio e matricidio che, dopo il complesso edipico, si riattualizzano in questa fase (Salvucci, A., 2010).

L’Io viene nuovamente sottoposto ad una forte pressione istintuale, infatti, lo stesso S. Freud (1905) sosteneva che la pubertà rilancia il movimento edipico interrotto nel periodo della latenza e lo porta a termine. Tuttavia, la riaccensione adolescenziale delle tendenze edipiche suscita angosce di castrazione, fantasie o paure di perdita dell’amore o degli oggetti d’amore che possono provocare delle infantilizzazioni difensive oppure riattivare la fantasia masturbatoria centrale (Laufer, M., 1984), in base alla quale l’adolescente rivive fantasie fusionali infantili (Ammanniti, M., 1989).

Durante l’adolescenza il ragazzo dovrà confrontarsi nuovamente con il senso di colpa, con il timore della perdita, con la gratitudine e la sensibilità nei confronti degli altri. Meltzer D. (1993) descrive l’adolescenza come un periodo di crisi dello spazio mentale e della sua integrazione, caratterizzato dalla presenza di un particolare tipo di splitting: da un lato l’invidia per il potere, l’egocentrismo, l’ambizione sfrenata; dall’altro la sensibilità per i deboli, l’idealizzazione dell’altruismo, l’emotività.

Nel tentativo di trovare ed esprimere un proprio nuovo modo di essere, l’adolescente oscilla continuamente tra queste due posizioni, vivendo uno stato di grande confusione tra ciò che può portarlo avanti o indietro, rispetto a quella che percepisce chiaramente come una scomoda e faticosa situazione intermedia tra infanzia ed età adulta. Nel desiderio di prendere le distanze dalla dimensione infantile, considerata debole e dipendente, l’adolescente teme fortemente la sua stessa grande sensibilità, perché ha paura che mostrarsi troppo sensibile lo possa far, di nuovo, scivolare indietro verso l’infanzia e la dipendenza dagli adulti. Contemporaneamente, nel desiderio di progredire verso la dimensione adulta, tende a pensare che l’unico modo di rendersi indipendente sia quello di andare avanti senza pietà.

Come è stato messo in luce da contributi psicoanalitici (Freud, A., 1957; BIos, P., 1962) e da ricerche psicologiche, in questo periodo si verifica uno spostamento della dipendenza dai genitori ai coetanei. Nell’adolescenza si possono evidenziare processi assimilabili a quelli presenti nella prima fase di separazione-individuazione. La spinta alla sperimentazione e alla curiosità si ripropone nuovamente nel campo delle relazioni nel gruppo di coetanei, così come si possono assimilare molti comportamenti a quelli presenti nella fase di riavvicinamento, rintracciabili soprattutto nell’ambivalenza che caratterizza la relazione con gli adulti e soprattutto con i genitori.

Steinberg (1986) ha mostrato con le sue ricerche che gli adolescenti diventano più autonomi dai genitori sul piano emotivo e nello stesso tempo sono più suscettibili all’influenza dei coetanei, in particolare nel periodo fra i 14 e i 15 anni, quando la ristrutturazione del Sé è in primo piano. Dopo questa età l’influenza dei coetanei si riduce anche perché il Sé dell’adolescente è maggiormente integrato. Interessante che nel caso delle ragazze il 25% dimostri gradi elevati di autonomia rispetto ai genitori e ai coetanei, che si trovano solo nel 12% dei ragazzi.

Come afferma Wolf (1982):

Per tutta la vita si mantiene il bisogno di un sostegno al proprio Sé, anche se l’intensità e la forma del rispecchiamento cambiano in modo appropriato all’età.

Il gruppo dei pari, inoltre, diviene contenuto e contenitore degli investimenti identificatori e di idealizzazione dei nuovi oggetti, fonte di gratificazione e di sostegno narcisistico. Esso può essere utilizzato come elemento di esternalizzazione delle diverse parti di sé; come afferma Meltzer (1977), i processi sociali messi in moto, favoriscono, tramite la realizzazione nel mondo reale, la graduale diminuzione della scissione, dell’onnipotenza e il ridursi dell’angoscia persecutoria.

Quando parliamo dell’adolescenza e dell’importanza che assume il rispecchiamento potremmo rifarci alla teoria della conoscenza umana che Platone sviluppa nel suo dialogo Alcibiade. Nel dialogo Socrate, riferendosi all’iscrizione di Delfo, si rivolge ad Alcibiade: ‘se l’iscrizione consigliasse l’occhio, come consiglia l’uomo, dicendo: ‘guarda te stesso’, in che modo e cosa penseremmo voglia consigliare? non forse a guardare qualcosa guardando la quale l’occhio fosse in grado di vedere se stesso?’. Socrate continua ad interrogarsi ‘quale oggetto v’è che a guardarlo possiamo vedere lui e noi stessi’, e Alcibiade in risposta: ‘è chiaro. Socrate, gli specchi e oggetti simili’. Socrate prosegue nelle sue argomentazioni: ‘hai osservato che poi a guardare qualcuno negli occhi si scorge il volto nell’occhio di chi sta di faccia, come in uno specchio, che noi chiamiamo pupilla, perché è un’immagine di colui che guarda’ (Narcy, M., 2005).

Diversamente tuttavia stanno le cose quando parliamo di banda: essa trova la sua forza di coesione nel suo scopo distruttivo (Rosenfeld, H., 1972). La banda quando si riunisce ha il falso scopo di garantire sicurezza e protezione ai membri che ne fanno parte, ma il compito primario è quello di recare danno. Inoltre la sua funzione è di sorveglianza (Polacco, W., 1999).

Come ricorda Rosenfeld H. (1972), il narcisismo distruttivo di questi pazienti è organizzato da una banda in cui vi è un capo che controlla tutti per attuare il piano distruttivo.  La richiesta di aiuto, in questa fase evolutiva, non viene quasi mai dall’adolescente stesso ma, di frequente, ci si trova di fronte all’invio da parte dei genitori, della scuola, dei tribunali, ecc.

Il primo problema nella costituzione di un setting terapeutico è che qualsiasi tipo di psicoterapia è sempre condotta da un adulto e, dal punto di vista dell’adolescente, spesso, gli adulti appaiono come i gestori di una struttura di potere e di controllo. L’adolescente tende a rifiutare l’aiuto psicoterapeutico sia perché teme una manipolazione da parte di un adulto che, pretendendo di curarlo, potrebbe cercare di imporgli modelli di pensiero e di comportamento inaccettabili, sia perché il lavoro psicoterapeutico potrebbe comportare la rivisitazione dolorosa dei propri conflitti.

Per ciò che riguarda la tecnica psicoanalitica con gli adolescenti mi sembra opportuno citare una frase a me cara: ‘la condizione vulcanica dell’adolescente è necessario coglierla, è necessario utilizzarla’ ( Pierre Mâle, 1972). In analisi lo spazio dell’adolescenza ha dei confini alle volte indefinibili, il transfert può dispiegarsi a fatica. Per Anna Freud (1957) gli adolescenti erano i figliastri della psicoanalisi, non erano candidati alla psicoanalisi classica proprio per il loro essere in continua metamorfosi.

L’adolescente è poco propenso a focalizzarsi sulle proprie esperienze infantili mentre preferisce parlare di ciò che avviene nella propria vita reale attuale. Compito dell’analista è quello di comprendere l’influenza della storia passata dell’adolescente focalizzandosi sul suo mondo interpersonale, esterno ed interno al setting, in modo da espandere l’esperienza del Sé dell’adolescente. Il setting ha in sé una funzione materna, quella di holding, di contenitore e una funzione paterna esercitata dalle regole dello stesso.

Lo scopo del terapeuta, che ha in cura un adolescente, è quello di permettere al ragazzo il completamento del processo evolutivo. Come ricordano anche le neuroscienze, la psiche in questo periodo, andrebbe considerata come una struttura evolutiva disarmonica. Proprio queste dis-armonie devono essere colte durante il trattamento analitico poiché, questa modalità di funzionamento e i relativi meccanismi di difesa messi in atto nel lavoro clinico, ne rivelano le peculiarità. L’obiettivo è utilizzarle via via che ne fanno la comparsa per poter essere rielaborate. Ma forse ancor di più bisogna favorirne l’emergenza o ridurne gli ostacoli che frappongono a ciò. Questi ostacoli sono, tuttavia, resistenze in rapporto a conflitti infantili inconsci, impedimenti della possibilità stessa di pensare, di desiderare e agire per proprio conto.

L’analista nel transfert è spesso vissuto sia come persecutore, sia come colui che salverà l’adolescente da questa sessualità vissuta come incestuosa, da questo corpo e dai propri fantasmi. Vediamo che l’adolescente in psicoanalisi deve provare affidabilità nell’analista, nella sua capacità simultanea d’identificazione e di distanziamento, deve trovare la giusta distanza tra Scilla e Cariddi, fra seduzione e freddezza.

Anche il setting deve essere contenitivo, tale da assicurare affidabilità e costanza poiché esso potrebbe far rivivere vissuti abbandonici specialmente se questi sono stati alimentati da fallimenti reali nelle relazioni primarie. L’adolescenza, quindi, rappresenta un periodo delicato dello sviluppo dell’individuo: ‘Se tutto si prepara nell’infanzia, se non nella primissima infanzia, forse addirittura nei primissimi giorni di vita, tutto si gioca nell’adolescenza’ (Kestemberg, E., 1980).

Pertanto, è utile dare ascolto alle parole, ai silenzi, agli agiti dell’adolescente e cercare di intervenire lì dove si è creata una falla nel processo evolutivo.

Bisogna che il fiume trovi una diga, formi dei vortici, trascini via con sé ciò che lo circonda per misurare la forza del suo flusso, scavare il proprio letto e correre verso il mare integrando i nuovi ostacoli, le figure edipiche che lo arricchiranno, in maniera forse dolorosa ma senz’altro necessaria. Se, al contrario, la diga viene aggirata o semplicemente sostituita da una divisione del corso delle acque, queste si riducono, si esauriscono sterilmente oppure si scindono e si perdono rumorosamente.

(Kestemberg, E.,1980).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ammaniti, M. (1989). Rappresentazioni mentali e adolescenza. La nascita del sé. Roma-Bari: Laterza, 170-179.
  • Cahn, R. (2000). L'adolescente nella psicoanalisi: l'avventura della soggettivazione. Borla: Roma.
  • Freud, S. (1905). Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie (trad. it. 1970) Tre saggi sulla teoria sessuale. Opere, Torino, Boringhieri, 4.
  • Freud, S. (1977). Il perturbante. Opere, vol. IX. Boringhieri: Torino.
  • Kestemberg, E. (1980). Mondo interno e realtà esterna. Bollati Boringhieri: Torino.
  • Laufer, M., Laufer, M. E., & Novelletto, M. C. (1986). Adolescenza e breakdown evolutivo. Boringhieri: Torino.
  • Narcy, M. (2005). Socrate nel discorso di Alcibiade (Platone, Simposio, 215a-222b). L. Rossetti, & A. Stavru (A cura di), Socratica, 287-304.
  • Waddell, M. (2000). Mondi interni. Psicoanalisi e sviluppo della personalità. Mondadori: Roma.
  • Wolf, E.S. (1982), Adolescence: psychology of the Self and Self-objects. in Feinstein, S.C. et al. (a cura di), Adolescent Psychiatry, «Annals of the American Society for Adolescent Psychiarry», University Press, Chicago.
  • Meltzer, D. (1977). Esplorazioni sull'autismo. Boringhieri: Torino.
  • Meltzer D., Harris M. (1993). Psicopatologia dell’adolescenza. Borla: Roma.
  • Polacco, G. W. (1999). Paesaggi interni e corpi estranei. Disordini alimentari e altre patologie. Pearson: Italia Spa.
  • Rosenfeld, H. (1972). L'accostamento clinico alla teoria psicoanalitica degli istinti di vita e di morte: una ricerca sugli aspetti aggressivi del nar. Rivista di psicoanalisi, 18(1), 47-67.
  • Salvucci, A. (2010). Vicende edipiche in adolescenza: un punto di vista genetico. http://www.imago-srpc.net/scuola/?p=164
  • Selener G.: Les apports des groupes au processus de développement de l'adolescen. In: Revue de Psychotherapie psychanalytique de groupe, n.16. L'adolescent et les groupes, 1991.
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