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L’importanza della comunicazione nel costruire delle buone relazioni terapeutiche

Le relazioni terapeutiche sono occasioni nelle quali il mimetismo, l’ascolto attivo e il parlare adeguatamente consentono di creare buone relazioni.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 05 Ott. 2015

L’essere umano è sempre stato considerato un’entità sociale, che vive immerso in una contestualità, la cui peculiarità è data proprio dalle relazioni che si instaurano fra le persone.

Keywords: relazione, comunicazione, mimetismo, ascolto attivo, comunicazione efficace.

Abstract

Le relazioni terapeutiche sono occasioni nelle quali si può creare benessere nel paziente, ma anche nell’ operatore sanitario. L’articolo illustra alcuni costrutti, come il mimetismo, l’ascolto attivo e il parlare adeguatamente, che consentono di connotare positivamente questa relazionalità.

La relazione con l’alterità

L’essere umano è sempre stato considerato un’entità sociale, che vive immerso in una contestualità, la cui peculiarità è data proprio dalle relazioni che si instaurano fra le persone. Laddove questa relazionalità è improntata sui parametri positivi, essa è fonte di benessere e quindi di un miglioramento della qualità della vita. La relazione è caratterizzata dalla comunicazione, ossia ogni rapporto si basa e si connota in virtù della comunicazione che si instaura fra i membri. Questa comunicazione è fatta di linguaggio verbale, ma sopratutto di quello non verbale. Perché una relazione sia foriera di benessere essa deve nascere da un desiderio costruttivo. In altre parole, entrambi i membri di una relazione devono impegnarsi nel riconoscimento dell’altro come persona, ovvero di un individuo portatore di una ricchezza intellettuale, morale e culturale da rispettare. [blockquote style=”1″]Questo significa che le parti si riconoscono reciprocamente e agiscono in quanto persone, concedendo l’uno all’ altro il rispetto e la considerazione che desiderano a loro volta ricevere […] [/blockquote](Fioretto, Ott, Ghirardini, Andrioli Stagno, Cardone, De Feo, Conte, 2015, pag. 24).

Il rispetto per l’alterità si estrinseca nell’andare verso l’altro, che è fatto di [blockquote style=”1″][…] curiosità […] interesse al suo vissuto e al suo modo di vivere un’esperienza […] riconoscimento […] legittimazione dei sentimenti e delle emozioni che prova […][/blockquote] (op. cit., pag. 25).

La relazione con se stessi come base della relazione con l’alterità

Affinché ci sia una buona relazione con l’alterità, è necessario avere un buon rapporto con se stessi, che è fatto della completa accettazione di sé e del dare diritto di cittadinanza alle proprie opinioni, alle proprie emozioni. Questo è il paradigma fondante di ogni buona relazione, in quanto l’accettazione di sé permette di non traslare il significato della relazione, non vivendola, cioè, come un momento per la conferma o la disconferma del proprio sé da parte dell’altro.

Empatia, unipatia e simpatia nella relazione terapeutica

Nel rapporto con l’alterità un ruolo chiave lo svolgono gli stati d’animo, che ognuno dei membri porta nella relazione. In altre parole, chi è curato porta con sé una dose di sofferenza. Nei confronti di questo disagio, si possono vivere tre condizioni:
– l’empatia, nella quale ci si mette nei panni dell’altro, immaginando la sua sofferenza, senza però farsene carico emotivo (op. cit., pag. 27);
– l’unipatia, che è una condizione nella quale avviene il contagio emotivo, ovvero i problemi dell’altro divengono i propri (op. cit., pag. 27);
– la simpatia, una situazione in cui chi ascolta partecipa emotivamente alla sofferenza dell’altro.
Chiaramente fra le tre, l’atteggiamento emotivo migliore è quello empatico, che consente di comprendere il disagio dell’altro, senza esserne coinvolto emotivamente. Ciò concede di mantenere il giusto distacco che permette di essere il più oggettivi possibile per poter lenire fattivamente il disagio dell’altro.

Il mimetismo alla base di una relazione terapeutica efficace

Una delle premesse per una relazione terapeutica efficace, è il fenomeno che può essere definito mimetismo. Esso può essere:
comportamentale;
gestuale;
vocale;
linguistico;
sensoriale.

Nel mimetismo comportamentale il curante rispecchia alcune caratteristiche comportamentali del curato, esprimendole con il linguaggio del corpo. Il mimetismo gestuale è caratterizzato dal ripetere volontario di alcune gestualità che sono peculiari di chi si sta ascoltando. Il mimetismo vocale ha la particolarità di far adeguare la melodia, il timbro della voce, la velocità dell’eloquio a quelle del nostro interlocutore. Nel mimetismo linguistico si tende ad usare il lessico che caratterizza il paziente.

Il mimetismo sensoriale ha come elemento distintivo l’utilizzare lo stesso canale sensoriale prevalente, con il quale il nostro interlocutore si rapporta con la realtà. Esistono tre canali percettivi, attraverso i quali gli individui si relazionano con la realtà, ovvero il canale visivo, cinestesico e uditivo.

A questo riguardo Fioretto, Ott, Ghirardini, Andrioli Stagno, Cardone, De Feo, Conte (op. cit., pag. 28) spiegano [blockquote style=”1″][…] Una persona che utilizza o predilige prevalentemente le percezioni visive fornirà un maggior numero di dettagli visivi (colori, luci, dettagli estetici) nelle sue descrizioni e utilizzerà parole e espressioni del tipo “Vedi?” “È chiaro, no?”. Una persona prevalentemente cinestetica darà più dettagli sulle sue percezioni (profumi, descrizioni tattili, sensazioni) nelle sue descrizioni e utilizzerà parole ed espressioni del tipo “Non me la sento”, “Percepisco qualcosa di speciale”, “Sento che tutto andrà bene”. Infine, una persona che utilizza o predilige prevalentemente le percezioni uditive fornirà più dettagli sonori (rumori, suoni, parole dette e riportate esattamente), nelle sue descrizioni si servirà di parole ed espressioni del tipo “Senti!”, “Ascolta questo” […].[/blockquote]

L’ascolto attivo

La migliore forma di ascolto che si può fare del racconto dell’alterità è rappresentato dall’ ascolto attivo. In esso l’ascoltatore ha un ruolo partecipante. Egli, infatti, si sintonizza su quello che ascolta, restituendo dei feedback, che dimostrano quanto sia stato attento alle parole dette. I feedback possono essere espressi con il linguaggio extraverbale e con il linguaggio verbale. I segni extraverbali sono appannaggio del linguaggio del corpo e possono essere compendiati in tutti quei segni che indicano apertura verso l’altro. I feedback verbali sono rappresentati dalle seguenti tecniche:
– rispecchiare (con questa tecnica si ripete quanto è stato detto dall’interlocutore);
– parafrasare (con questa metodica si esprime quanto è stato riferito con parole differenti);
– esplicitare (con questa procedura si rende manifesto il non detto);
– chiarificare (è il procedimento che consente di fare delle domande per capire meglio quello che si è ascoltato);
– focalizzarsi (è il portare l’attenzione del nostro interlocutore su di una parte del discorso che ha fatto);
– riassumere (è il processo che consente di ricapitolare quanto si è ascoltato) (op. cit., pag. 30).

Affinché l’operatore sanitario possa essere incisivo è necessario che conosca i bisogni del suo interlocutore, sappia quello che deve comunicare, ovvero abbia un obiettivo che vuole perseguire, e il suo dire deve essere sintetico, essenziale e pragmatico, intendendo con tale termine la sintonia di quanto detto con la finalità che si persegue (op. cit., pag. 30). Inoltre una comunicazione è efficiente, quando la persona che parla esprime le sue opinioni o emozioni, facendole sempre precedere dal pronome io. Inficiano la validità quelli che Fioretto (2015) definisce i killer della comunicazione, cioè i discorsi ambigui che lasciano l’interlocutore nel dubbio e le generalizzazioni, che banalizzano con luoghi comuni i discorsi. In conclusione, l’adeguatezza della comunicazione è stata sintetizzata dalle quattro massime di Grice (1993), citate in Fioretto, Ott, Ghirardini, Andrioli Stagno, Cardone, De Feo, Conte (op. cit., pag. 32) [blockquote style=”1″][…] Sii sincero, fornisci informazione veritiera, secondo quanto sai […] Fornisci l’informazione necessaria, né più, né di meno […] Sii pertinente […] Sii chiaro (evitare oscurità di espressione e ambiguità, essere brevi, procedere in modo ordinato) […].[/blockquote]

 

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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