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Stalking: il corteggiamento diventa persecuzione. Ma perché?

Lo stalking è una condotta lesiva, che compromette la vita di un’altra persona. In casi estremi è definito reato. Ma perché un soggetto arriva a tanto?

Di Chiara Carlucci

Pubblicato il 21 Set. 2015

Lo stalking è una condotta lesiva, che compromette notevolmente la tranquillità di un’altra persona. Nei casi più estremi può essere definito un vero e proprio reato. Ma perché un soggetto arriva a tanto?

Vi è un soggetto, la cui maggior parte dei suoi pensieri riguardano prevalentemente un’altra persona. Fin qui sembrerebbe una cosa piuttosto normale, se non fosse che tali pensieri potrebbero evolversi in ossessione, e portare il soggetto ad attuare una serie di comportamenti ripetuti nel tempo nei confronti di quella persona che ne diviene una vera e propria vittima perseguitata. Quando si verificano episodi di questo genere ci si trova di fronte al cosiddetto Stalking.

Il termine Stalking deriva dall’inglese To Stalk che significa Appostare, Fare la posta, e sta a indicare un fenomeno di grave entità. Una condivisa definizione è la seguente: Forma di aggressione messa in atto da un persecutore che irrompe in maniere ripetitiva, indesiderata e distruttiva nella vita privata di un altro individuo, causando in quest’ultimo gravi conseguenze fisiche o psicologiche (Maran, 2010).

La letteratura internazionale asserisce che il fenomeno, per poter essere etichettato come Stalking, richiede la copresenza di tre elementi: un molestatore (altrimenti detto Stalker), una vittima e una serie di comportamenti intrusivi ripetuti nel tempo.

Ma lo stalking è qualcosa di piuttosto complesso e non sempre identificabile. Questo perché i comportamenti che lo caratterizzano possono sfumare in atteggiamenti normali e leciti all’interno di qualsiasi relazione personale. Ad esempio fare una telefonata, mandare un sms, regalare dei fiori, sono tutti atti legittimi da compiere, specialmente durante un corteggiamento; il problema viene però poi a sussistere nel momento in cui tali condotte diventano inopportune e troppo frequenti, al punto tale che possono venire percepiti dall’altro come una vera e propria intrusione della vita privata.

Quindi, per trattarsi di vero stalking, le molestie devono essere ripetute nel tempo e le azioni non devono essere gradite dalla vittima, piuttosto devono suscitarle fastidio e preoccupazione, per la propria incolumità e per quella delle persone ad essa vicine.

Questi alcuni dei possibili comportamenti attuabili da parte dello stalker:

  • Comunicare continuamente mediante telefono, sms, lettere, mail a qualsiasi orario;
  • Lasciare messaggi sui social network, oppure sull’automobile, porta di casa, luogo del lavoro;
  • Pedinare la vittima;
  • Investigare su come trascorre la giornata;
  • Inviare messaggi indesiderati;
  • Diffondere diffamazioni o oltraggiare direttamente la vittima;
  • Danneggiare le proprietà della vittima;
  • Compiere aggressioni fisiche o sessuali nei confronti della vittima;
  • Minacciare direttamente la vittima e le persone ad essa vicine.

Questi sono solo alcuni esempi di condotte di stalking; comunque tutti hanno la medesima caratteristica: si tratta di comportamenti persecutori e insistenti, la cui vittima ne risulta impaurita e angosciata. Talvolta queste emozioni negative impediscono lo sporgere di una denuncia nei confronti del proprio molestatore. Varie ricerche hanno messo in luce che sono molti i soggetti che si tengono per sé le persecuzioni subite a causa del timore delle ripercussioni che la denuncia stessa potrebbe poi comportare (James e all, 2003).

In ogni caso lo stalking è una condotta lesiva, che compromette notevolmente la tranquillità di un’altra persona. Nei casi più estremi può essere definito un vero e proprio reato. Ma perché un soggetto arriva a tanto? Quali motivi sottendono a questo comportamento persecutorio?

Le spiegazioni alla base di questo triste fenomeno possono essere di vario tipo, ma sembrerebbe che la finalità sia prevalentemente una sola: attirare l’attenzione della vittima e far sì che essa cambi un determinato atteggiamento. Secondo una celebre classificazione (Mullen e all, 1999) è possibile categorizzare il molestatore secondo le seguenti motivazioni:

  • Il rifiutato: si tratta di soggetti che non si arrendono di fronte alla rottura di un legame sentimentale e sono spinti a far di tutto per ripristinare la relazione;
  • Il rancoroso: in questo caso si tratta di soggetti che ritengono di aver subito un torto da parte della vittima, e sono quindi intenzionati a farsi giustizia. Tali episodi riguardano soprattutto il luogo del lavoro, ad esempio nel caso di un licenziamento ritenuto ingiusto;
  • L’inadeguato: si tratta in questo caso di corteggiatori alla disperata ricerca di un partner, però con scarso successo. Ciò induce la persona ad assillare costantemente la vittima;
  • Il predatore: colui che insegue la vittima e ne prepara un attacco. Questi casi spesso evolvono in violenza sessuale;
  • In cerca di intimità: sono quei soggetti che assillano o aggrediscono soggetti di cui si sono innamorati per instaurarne una relazione.

Una serie di indagini svolte sul territorio europeo mettono in luce dati allarmanti: pare infatti che su 42000 donne intervistate circa il 18% siano state vittime di stalking.

Si tratta quindi di un fenomeno piuttosto diffuso e da non sottovalutare, visto che potrebbe comportare serie conseguenze per le vittime, come lo svilupparsi di disturbi psicologici, trasferimenti al fine di evitare le molestie, e in casi estremi le persecuzioni potrebbero sfociare in violenze e omicidi.

Negli ultimi anni la legislazione italiana ha evoluto le sue norme in merito ai comportamenti persecutori, e al giorno d’oggi lo stalking potrebbe essere adeguatamente punito. Attualmente il problema sta nel fatto che in Italia non esiste una legislazione specifica per un modello comportamentale ripetitivo ed assillante di molestie, e la linea di confine tra insistenza innocua e molestie assillanti non è del tutto netta, in quanto molti comportamenti persecutori sono considerati socialmente ammissibili. Lo stalker viene infatti punito secondo il grado di intensità della molestia.

Si tratta di un fenomeno non univoco, ogni storia o episodio di stalking ha caratteristiche singolari, per cui diviene difficile anche identificare strategie di azione volte alla risoluzione del problema. Sarebbe ad ogni modo opportuno che la vittima vinca i propri timori e che si adoperi in qualche modo al fine di contrastare le molestie.

Infatti per superare il senso di impotenza sovente presente nella vittima è opportuno che essa prenda coscienza del fatto che ciò che sta subendo è ingiusto, e che inneschi quindi una certa reazione volta a debellare tutti quei comportamenti di stalking.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • Caretti V., Ciulla S., Schimmenti A. (2011), Stalking: definizione del costrutto, aspetti fenomenologici, comportamenti associati, Giornale Italiano di Psicopatologia, N. 17, pp 5 – 12. DOWNLOAD
  • James D. V., Farnham F. R. (2003), Stalking and Serious Violence, The Journal of American Academy of Psychiatry and the Law, N. 31, pp 432 – 439. DOWNLOAD
  • Maran D., Pristerà D., Varetto A., Zedda M. (2010), Stalking: aspetti psicologici, Psicologi a confronto, N. 2, pp 45 – 60. DOWNLOAD
  • Mullen P. E., Phatè M., Purcell R., Stuart G. W. (1999), Study of stalkers, American Journal of Psychiatry, N. 156, pp 1244 – 1249.
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