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Sogno o realtà? La sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie

Sindrome di Alice nel paese delle meraviglie indica un gruppo di sintomi associati a emicrania, epilessia e riguardano distorsioni percettive e sensoriali

Di Angelica Gandolfi

Pubblicato il 22 Giu. 2015

Aggiornato il 03 Feb. 2016 12:59

Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie indica un gruppo particolare di sintomi intimamente associati all’emicrania e all’epilessia, che riguardano distorsioni percettive e che alterano, cioè, le informazioni sensoriali su se stessi e sul mondo circostante.

Angelica Gandolfi – OPEN SCHOOL – Studi Cognitivi  Modena

 

Il nome Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie (AIWS: dall’inglese Alice in Wonderland Syndrome) è stato coniato per la prima volta dallo psichiatra britannico John Todd nel 1955 per indicare un gruppo particolare di sintomi intimamente associati all’emicrania e all’epilessia (Todd, 1955) che riguardano distorsioni percettive, che alterano, cioè, le informazioni sensoriali su se stessi e sul mondo circostante.

L’interesse nacque quando Todd notò che alcuni suoi pazienti, che soffrivano di emicrania o di epilessia, avevano vissuto illusioni relative al proprio corpo quali, ad esempio, sentirsi troppo alti o troppo bassi o avere l’impressione che parti corporee mutassero forma o dimensione. I dati clinici erano simili a quelli indicati precedentemente da Lippman (1952) relativi a due pazienti che affermavano di avere avuto la sensazione di diventare piccoli o grandi durante un attacco di emicrania. Tali percezioni sembravano richiamare quelle descritte nel libro Alice’s Adventures in Wonderland, scritto nel 1865 da Charles Lutwidge Dodgson sotto lo pseudonimo Lewis Carroll. La storia narra di Alice, una bambina che, saltando nella tana di un coniglio bianco, entra in un mondo dove vive esperienze fantastiche, tra cui aumentare e diminuire di dimensione. L’ipotesi avanzata da alcuni autori (Todd 1955; Lippman, 1952; Fine, 2013) è che lo scrittore, soffrendo egli stesso di emicrania, si sia ispirato alle sue personali sensazioni per ideare tale vicenda.

Nel corso del tempo l’interesse per la Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie è cresciuto notevolmente. Sono stati svolti molti studi che hanno cercato di definirne le cause e le forme di manifestazione. Il problema è, infatti, che i sintomi possono facilmente essere scambiati per quelli di alcuni disturbi psicotici. Alcuni autori (Lippman, 1952; Todd, 1955) hanno notato che molti pazienti erano reticenti a spiegare ciò che provavano per vergogna e per paura di non essere creduti e che, molto spesso, nasceva in loro il dubbio di essere pazzi. Dare un nome a questa sindrome è di grande utilità per queste persone, in modo che non sviluppino credenze erronee che rischiano di creare sofferenza e che riescano a chiedere aiuto più facilmente.

 

I sintomi della Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie

Montastruc et al., in un loro articolo, hanno descritto le varie espressioni della sindrome (Montastruc, Schwarz, Schmitt e Bui, 2012). Per maggiore chiarezza, i sintomi verranno qui riportati secondo la divisione proposta da Podoll et al. (Podoll, Ebel, Robinson, Nicola, 2002), che li differenziano in due gruppi: sintomi essenziali e sintomi accessori.

I primi sono gli aspetti più tipici dell’AIWS, che emergono più frequentemente, e si riferiscono a percezioni alterate della dimensione o della forma del proprio corpo per intero o di alcune parti di esso. Gli individui possono, ad esempio, sentirsi più alti, più bassi, più magri o più grassi rispetto alla realtà (microsomatognosia e macrosomatognosia). È anche possibile che sia solo un arto, una mano o un piede, perfino la testa a essere visto diverso da come dovrebbe essere (aschematia).

 I secondi, invece, sono sintomi aggiuntivi che, solitamente, accompagnano quelli più comuni. Tra essi troviamo le illusioni visive, per cui si percepiscono le altre persone o gli oggetti più piccoli o più grandi (micropsia e macropsia), più distanti o più vicini (teliopsia e peliopsia) o mutati di posizione (allestesia). Sono possibili anche illusioni nello scorrere del tempo (distorsioni temporali), sensazioni di levitazione e difficoltà a riconoscere i volti (prosopagnosia). Non di rado si aggiungono anche sensazioni soggettive di dissociazione per cui, ad esempio, si ha l’impressione di osservarsi dall’alto (depersonalizzazione) o che ciò che sta avvenendo non sia reale (derealizzazione).

I sintomi sono di solito riconosciuti dai pazienti e, come affermato precedentemente, vissuti spesso come qualcosa di strano e anormale (egodistonia). Questo è un aspetto di differenziazione dagli individui psicotici, che vivono invece le allucinazioni come reali e come parte di se stessi (egosintonia). I sintomi della sindrome si differenziano da quelli psicotici anche per essere, di solito, temporanei e di breve durata e per avere un’origine neurologica chiaramente identificabile (Montastruc, Schwarz, Schmitt e Bui, 2012).

Non sembra esserci ancora molta chiarezza sulle origini (Liu, Liu, Liu e Liu, 2014) e sui criteri diagnostici (Lanska e Lanska, 2013) della Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Dai dati disponibili, è possibile supporre che venga diagnosticata qualora si presentino uno o più sintomi in determinate condizioni: assenza di danni al sistema visivo, anormale flusso di sangue alle aree cerebrali deputate alla percezione visiva (verificabile tramite esami appositi che utilizzano tecniche di neuroimmagine), riconoscimento delle dei sintomi da parte dei pazienti come irreali e di durata temporanea.

Per quanto riguarda l’esordio, invece, molti studi hanno cercato di indagare quali siano le cause che portano allo sviluppo della Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie. L’idea oggi più diffusa è che, nella maggior parte dei casi, i sintomi siano dovuti a un’anormale eccitazione corticale. Ciò significa che i pazienti hanno percezioni sensoriali, cioè sensazioni date dai cinque sensi, corrette, e che sia la trasmissione elettrica alterata di questi segnali, che avviene nel cervello, a causare le allucinazioni, modificando il normale apporto di sangue alle aree deputate alla formazione delle percezioni (Hamed, 2010). È stato dimostrato (Kitchener, 2004) che tale cambiamento può essere dovuto a differenti quadri clinici.

 

Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie: anamnesi e diagnosi differenziale

Grande importanza assume, quindi, una corretta anamnesi e una precisa diagnosi differenziale del paziente. Questi passaggi permetterebbero innanzitutto di escludere un disturbo psicotico e, in secondo luogo, di identificare la corretta problematica medica, attuale o regressa, che ha portato allo sviluppo dei sintomi. In seguito sono riportati studi che hanno identificato alcune situazioni sanitarie implicate nell’esordio della sindrome. Va specificato, però, che tali disturbi non necessariamente comportano anche alterazioni percettive e che possono presentarsi anche senza causare la Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Primo fra tutti, identificato già da Lippmann (1952) e da Todd (1955) è l’emicrania. Todd (1955) parla anche di due pazienti con emicrania associata ad epilessia. Secondo gli autori, in questi casi erano frequenti sintomi di illusioni visive, alterate percezioni del proprio corpo e sensazioni di dissociazione.

Anche alcune malattie virali sembrano essere associate alla Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie. Copperman (1977) parla di tre pazienti con il virus Epstein-Barr (un herpesvirus) che presentavano distorsioni nella percezione degli oggetti. Lahat (1999) ha ritrovato queste caratteristiche anche in pazienti con mononucleosi. Studi recenti hanno evidenziato ulteriori associazioni con l’enterovirus Coxsackie B1 e il virus da influenza H1N1 (Wang, Liu, Chen, Chan e Huang, 1996). Losada-Del Pozo et al. (Losada-Del Pozo, Cantarin-Extremera e Garia-Penas, 2011) hanno identificato tra le cause possibili il citomegalovirus e il virus della varicella. Sono state prese in considerazione anche le infezioni batteriche, tra le quali sembra avere un ruolo nella sindrome il batterio Borrelia (Binalsheikh, Griesemer, Wang e Alvarez-Altalef, 2012).

Si ricorda che, anche in questo caso, i fattori elencati non causano necessariamente l’AIWS, è possibile e frequente attraversare le infezioni senza sviluppare sintomi della sindrome. Complicazioni di queste malattie possono portare a infiammazioni focalizzate a livello cerebrale, alterando così la funzionalità e il flusso sanguigno nelle zone colpite. Eventuali alterazioni nella percezione sembrano essere dovute a tali effetti aggiuntivi, nel caso le aree interessate siano quelle deputate a tale funzione (Kuo, Chiu, Shen, Ho e Wu, 1998).

 

La cause della sindrome di Alice

Sono state fatte alcune ipotesi anche riguardanti eventuali cause psichiatriche. Bui et al. (Bui, Chatagner e Schmitt, 2010) descrivono un’associazione tra l’AIWS e i disturbi depressivi. Sembrerebbe possibile, infatti, che i sintomi si manifestino durante un episodio depressivo maggiore. Altri autori (Todd, 1955; Blom, Looijestijn e Goekoop, 2011) hanno indagato le somiglianze con i sintomi psicotici, arrivando a ipotizzare che sia la schizofrenia sia il disturbo schizoaffettivo possano accompagnarsi alla sindrome. Come affermato in precedenza, le differenze tra i sintomi dell’AIWS e i sintomi psicotici sono generalmente il loro riconoscimento, da parte del paziente, come non reali e la durata temporanea (Montastruc, Schwarz, Schmitt e Bui, 2012). È possibile anche eseguire un esame dell’attività elettrica e sanguigna (fMRI, risonanza magnetica funzionale) nelle aree del cervello percettive, la quale, ricordiamo, risulta anormale in caso di AIWS (Hamed, 2010). Soprattutto in questi casi, è importante un’attenta analisi dei sintomi per inserirli nella giusta categoria. Anche certe sostanze stupefacenti, come ecstasy o cannabis (Losada-Del Pozo, Cantarin-Extremera e Garia-Penas, 2011), possono indurre fenomeni come quelli che si manifestano nell’AIWS.

 

Studi evidenziano che alla base dei sintomi possa esserci perfino l’assunzione di alcuni farmaci. In particolare, Jürgens et al. (Jürgens, Stork e May, 2011) mostrano come la sindrome possa verificarsi per gli effetti secondari dell’anticonvulsivante topirimato, usato proprio nel trattamento dell’emicrania. Tra i prodotti farmaceutici che, a certi dosaggi, scatenano i sintomi dell’AIWS troviamo anche il destrometorfano, impiegato nella cura della tosse (Losada-Del Pozo, Cantarin-Extremera e Garia-Penas, 2011), e l’oseltamivir, utilizzato contro alcuni tipi di influenza (Jefferson, Jones, Doshi e Del Mar, 2009).

 Come affermano Montastruc et al. (Montastruc, Schwarz, Schmitt e Bui, 2012) nella loro review, il legame tra emicrania e Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie AIWS, legame ipotizzato gli albori da Todd (1955), è quello maggiormente riportato in letteratura ed è la linea principalmente considerata nell’inquadramento della sindrome. Le informazioni ad oggi a disposizione sono supportate da dati derivanti dall’utilizzo di tecniche di stimolazione elettrica transcranica e di neuroimmagine. Hamed (2010), riferendosi proprio a un caso di concomitanza tra emicrania e AIWS, afferma l’implicazione del lobo occipitale e del lobo parietale. Tale dato è confermato dallo studio di Brumm et al. (Brumm, Walenski, Haist, Robbins, Granet e Love, 2011), che per primi hanno registrato l’attività cerebrale, di un paziente con la sindrome, durante un attacco di micropsia. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che permette di descrivere l’attività delle zone corticali in base al rilevamento del flusso sanguigno, gli autori hanno rilevato un’anormale attivazione del lobo occipitale, nelle regioni primaria ed extrastriata delle aree corticali visive, e del lobo parietale. I risultati sono in accordo anche con quanto sostenuto da Cau (1999) sulla possibilità del manifestarsi di alterazioni percettive, come quelle presenti nell’AIWS, in caso di lezioni temporo-occipitali e parieto-ocipite-temporali, sottolineando il ruolo de tali aree nella formazione delle percezioni.

Dati interessanti riguardano il manifestarsi spontaneo dei sintomi della Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie nei bambini dai 2 ai 13 anni. Sembrerebbe infatti che non sia così raro incontrare alterazioni nelle percezioni nel periodo infantile, che solitamente rientrano dopo poco tempo. Grant Liu, pediatra del Children’s Hospital di Philadelphia, ha effettuato uno studio volto a indagare l’espressione dei sintomi della sindrome in 48 bambini con tale diagnosi (Liu, Liu, Liu e Liu, 2014). Le illusioni più frequenti riguardavano il vedere gli oggetti più piccoli (micropsia) o più lontani (teliopsia). Il dato curioso, però, è che nel 52% dei casi non sono state individuate cause scatenanti e, nella maggior parte dei soggetti, i sintomi sono regrediti spontaneamente. Rimandando a quanto già accennato precedentemente, è difficile per le famiglie affrontare una situazione simile, per la poca conoscenza e per la vergogna e la paura derivanti dal non sapere cosa stia accadendo. Lo stesso Liu, in un’intervista, ha affermato di aver posto così tanto interesse alla definizione della sindrome per dare una voce ai bambini, una voce ai genitori, per renderli in grado di comprendere ciò che sta accadendo ai loro figli.

In sintesi, è possibile definire la Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie come una costellazione di sintomi che portano a distorsioni percettive. Le alterazioni più comuni riguardano il proprio corpo o parte di esso, le quali si accompagnano spesso a illusioni visive, temporali e a sensazioni psicologiche di dissociazione. La sindrome è solitamente causata da altri disturbi, quali l’emicrania, l’epilessia, infezioni virali e batteriche, intossicazione da droghe o farmaci o concorrere insieme a patologie psichiatriche. Un discorso a parte riguarda i bambini, che sembrano poter manifestare i sintomi in maniera spontanea.

 

Ad oggi non esiste un trattamento specifico per la Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie. La linea seguita dai medici è la cura del fattore che l’ha scatenata.

Gli studi sulla sindrome hanno avuto una grande utilità nella normalizzazione dei sintomi. Come precedentemente spiegato, molti pazienti, non essendo a conoscenza della loro reale condizione, vivevano le distorsioni percettive come qualcosa di non normale, e questo provocava in loro sentimenti di confusione, di vergogna e di paura, che spesso li portava a non parlare delle loro difficoltà e a non chiedere aiuto. Dare nome e forma a quest’insieme di sintomi bizzarri, permette ai soggetti che ne soffrono di riconoscerli per quello che sono e di distaccarli dalla vita reale, proprio come Alice che, alla fine del libro, scopre che la sua avventura fantastica altro non era che un sogno, vivido nella sua mente ma comunque altro dalla realtà.

 

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