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Il mito dell’obesità causata dalla scarsa forza di volontà

Spesso la magrezza viene associata a maggiore autocontrollo e forza di volontà mentre l'obesità a scarsa forza di volontà e questo comporta stigmatizzazioni

Di Daniele Di Pauli

Pubblicato il 22 Giu. 2015

Ridurre l’obesità a mancanza di forza di volontà è irrispettoso verso le persone che convivono quotidianamente con le conseguenze fisiche e sociali di questa condizione cronica.

Le ultime tre decadi sono state testimoni di un preoccupante aumento dei casi di obesità negli USA e in altri paesi industrializzati (Hu, 2008). Nonostante molta ricerca abbia dimostrato la natura multifattoriale dell’obesità, e il complicato meccanismo implicato nella regolazione del peso corporeo, questa condizione più che una malattia cronica, è considerata una colpa e fallimento personale. “Con l’impegno e la forza di volontà puoi ottenere i cali di peso e le forme che desideri” è uno slogan che abbiamo sentito più volte come riferimento alla perdita di peso.

La magrezza è associata a grande autocontrollo e forza di volontà mentre vale il contrario per il peso in eccesso. Scarsa forza di volontà, pigrizia, poca cura sé, golosità ecc., sono tra i più comuni stereotipi che ruotano attorno alle persone obese. (Puhl & Brownell; 2003).

L’obesità è vista come responsabilità della persona in quanto è diffusa l’idea che il peso sia sotto il controllo dell’individuo. È vero che l’autocontrollo è un potente strumento umano e che le persone che ne hanno di più sono più propense a riuscire meglio, per esempio nella scuola o nel lavoro, rispetto a chi ne ha meno. La forza di volontà però sembra non avere effetto quando si guarda alla gestione del peso, poiché l’alimentazione, rispetto ad altri comportamenti, è meno influenzata dalla capacità di autocontrollo.

Traci Mann, professoressa di psicologia all’università del Minnesota dedica un capitolo dal titolo “Il mito della forza di volontà” all’interno del suo libro “Secrets from the Eating Lab”. La dottoressa Mann fa riferimento a uno studio del 2009 degli psicologi Malte Friese e Wilhelm Hofmann nel quale dei volontari, dopo avere completato un questionario che misurava la forza di volontà, erano posti in una condizione nella quale dovevano resistere il più possibile a non mangiare delle patatine che venivano poste di fronte a loro.

I ricercatori volevano vedere se i soggetti, che erano risultati avere maggiore forza di volontà nei test, resistevano di più rispetto a chi aveva ottenuto punteggi più bassi. Questo non avvenne evidenziando che la capacità di autocontrollo non determina il resistere a un alimento molto palatabile.

Bisogna pensare all’obesità come a un complesso puzzle, dice Rebecca Puhl, una delle massime autorità nel campo dell’obesità e stigma, dove il comportamento individuale è solo uno dei numerosi pezzi. Prendere in considerazione la sola forza di volontà oscura la natura multifattoriale dell’obesità e i meccanismi biologici, ambientali e psicologici coinvolti.

L’idea della persona obesa come pigra, golosa e incapace di autocontrollo alimenta lo stigma verso questa condizione che può risultare in penalizzazioni nei domini più importanti della vita come lavoro, istruzione, relazioni interpersonali e cure sanitarie. (Puhl & Heuer., 2009).

Ridurre l’obesità a mancanza di forza di volontà è irrispettoso verso le persone che convivono quotidianamente con le conseguenze fisiche e sociali di questa condizione cronica. Sfatare il mito della forza di volontà e considerare l’obesità come una malattia e non come una colpa, come è già stato detto in altri interventi per questa rubrica, è fondamentale nella lotta all’obesità. Perché bisogna combattere l’obesità e non le persone obese. 

 

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Daniele Di Pauli
Daniele Di Pauli

Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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