Elena Sirotti, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi
Le persone sovrappeso o obese sono una delle categorie sociali più colpite da discriminazioni, pregiudizi e stereotipi. I pregiudizi negativi derivano dal fatto che comunemente si crede che il comportamento alimentare (e il conseguente peso della persona) sia totalmente sotto il nostro controllo e che, di conseguenza, se si è grassi è colpa della persona stessa.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (2011), l’obesità colpisce circa il 10% degli italiani adulti, e circa il 12% dei bambini. Il problema non è naturalmente solo italiano: l’obesità sta assumendo le caratteristiche di una vera e propria pandemia a livello mondiale (OMS, 2007). L’obesità è un fattore di rischio per serie patologie croniche come malattie cardiovascolari, diabete di tipo II e anche alcuni tumori. Le conseguenze di questa malattia non sono solo mediche ma anche psicologiche e sociali (Tomasetto e Privato, 2013).
Le persone sovrappeso o obese sono una delle categorie sociali più colpite da discriminazioni, pregiudizi e stereotipi. Nella cultura occidentale, infatti, è mentalità comune considerare queste persone come pigre, deboli, senza forza di volontà, poco intelligenti e senza disciplina o controllo, queste convinzioni sono già insite nei bambini dai 6 anni (Wadden e Stunkand, 1985).
I pregiudizi negativi derivano dal fatto che comunemente si crede che il comportamento alimentare (e il conseguente peso della persona) sia totalmente sotto il nostro controllo e che, di conseguenza, se si è grassi è colpa della persona stessa. Purtroppo l’aumento di peso non dipende solo dalla nostra volontà ma anche da fattori genetici, sociali e psicologici.
Le discriminazioni e le critiche per il proprio peso possono condurre a diversi esiti negativi per la salute psico-fisica, per le relazioni interpersonali e affettive e per la condizione socio-economica. In particolare possono portare gravi conseguenze nel benessere psicologico come ansia, depressione, ritiro sociale, bassa autostima e nei casi più gravi suicidio.
Il pregiudizio sul peso si può presentare sotto diverse forme e sfaccettature:
- derisione o presa in giro verbale (soprannomi negativi, appellativi insultanti o denigratorie),
- bullismo fisico, psicologico o sul web,
- vittimizzazione relazionale o isolamento sociale (le persone sovrappeso evitate, escluse o ignorate, Brownell et all. 2005).
Questi pregiudizi sono talmente radicati nella società che favoriscono l’internalizzazione di un modello di corpo eccessivamente magro (Tomasetto e Privato, 2013).
Questo può portare, specialmente durante l’adolescenza, avere una scarsa accuratezza nella valutazione del proprio peso. Molti adolescenti normopeso, per esempio, hanno l’errata percezione di sentirsi sovrappeso (Quick,et all, 2014). Le ricerche in questo ambito hanno sottolineato che questo errore di valutazione è legato a insoddisfazione per le forme corporee, stress psicologico e disturbi alimentari.
Inoltre gli individui che si percepiscono più grossi rispetto alla realtà riportano di seguire ricorrentemente diete e comportamenti estremi per perdere peso come uso di pillole, lassativi o vomito e forti restrizioni alimentari (Eichen, Conner, Daly & Fauber, 2012). Altre ricerche evidenziano come gli adolescenti che si credono in sovrappeso fanno più attività sportiva rispetto ai coetanei, ma allo stesso tempo passano più ore davanti ad uno schermo e sono più inclini ad abbuffarsi.
I dati mostrano quindi che un’errata percezione corporea è associata all’aumento della probabilità di diventare obesi. Il passaggio dall’adolescenza all’età adulta sembra il momento cruciale di questo processo.
Una recente ricerca longitudinale (Sutin e Terracciano, 2015) ha studiato come, durante il periodo tra l’adolescenza e la prima età adulta, la dispercezione corporea sia un fattore di rischio molto importante nello sviluppo dell’obesità.
Lo studio è stato effettuato su 6523 ragazzi di entrambi i sessi di età media di 16 anni. I soggetti sono stati sottoposti alle misurazioni di peso e altezza in modo da ottenere i loro indici di massa corporea, e ad alcune semplici domande su come si sentivano rispetto al loro peso. Gli stessi soggetti sono stati poi ricontattati all’età di 28 anni. È emerso che i ragazzi che si sentivano grassi, nonostante un indice di massa corporea nella norma, dimostravano il 40% di rischio in più di diventare obesi rispetto ai coetanei che avevano una rappresentazione di sé più realistica. Si sottolinea che questa tendenza è stata riscontrata in entrambi i sessi e che sembra, al contrario dell’idea comune, che i ragazzi siano molto più a rischio delle coetanee.
Secondo gli autori ci sono due meccanismi che possono spiegare questi risultati. Il primo è legato alla stigmatizzazione sociale, infatti, le persone che sono state etichettate come grasse nell’infanzia tendono a attuare comportamenti che aumentano le probabilità di diventare obesi, come diete molto restrittive, uso di lassativi, digiuni prolungati (Hunger e Tomiyama, 2014). Il secondo meccanismo è invece legato all’auto-stigmatizzazione e alle ridotte abilità di auto-regolazione e di controllo sui propri comportamenti che queste persone presentano.
Crescendo questi ragazzi interiorizzano i pregiudizi legati al peso e diventano più ansiosi e depressi, questi stati emotivi rendono più difficile intraprendere uno stile di vita salutare, esacerbando la volontà di controllare la propria alimentazione e facilitando l’attuazione di diete ferree per dimagrire che vengono regolarmente infrante aumentando le percezione di poco controllo sull’alimentazione e emozioni negative come tristezza e ansia. Così si entra in un circolo vizioso che è difficile bloccare. Inoltre queste persone pensandosi già grasse fanno più fatica a rendersi conto di quando e quanto ingrassino realmente.
I significativi aumenti di peso possono essere duramente commentati da amici e familiari e pongono ancor maggior attenzione sui comportamenti alimentari della persona sovrappeso (Puhl, Moss-Racusion, Schwartz & Brownell, 2008).
A parità di sovrappeso le esperienze di stigmatizzazione e di discriminazione percepita riducono il benessere psicologico, incrementano il rischio di patologie organiche correlate all’obesità e riducono la probabilità di adottare comportamenti alimentari corretti e un livello di esercizio fisico adeguato.
Lo studio di Sutin e collaboratori fa parte di un recente, seppur molto produttivo e interessante, filone di ricerche. Infatti è stato riscontrato che adolescenti normopeso si percepiscono più grassi rispetto all’indice di massa corporeo reale (Quick et al., 2014) e sembra che la dispercezione corporea sia legata al rischio di insoddisfazione per il proprio corpo, stress psicologico e disturbi alimentari.
In un’altra recente ricerca effettuata (Isomaa, Isomaa, Marttunen, Kaltiala-Heino & Biorkvist, 2011), che ha utilizzato questionari e interviste su un gruppo di 595 adolescenti di 15 anni (283 femmine e 312 maschi), è emerso che il 29% delle ragazze e il 14% dei ragazzi percepivano in modo errato se stessi e il proprio peso. L’errata percezione del peso nelle ragazze era correlata a sintomi depressivi, ansia sociale, disturbi alimentari e bassa autostima; mentre i ragazzi sperimentano più ansia sociale al follow-up rispetto ai loro omologhi con una corretta percezione corporea.
Altre conferme in questa direzione arrivano dall’Olanda. Infatti Ter Bogt e collaboratori (2006), su un campione di 7556 ragazzi delle scuola primarie e secondarie, hanno indagato la correlazione tra l’indice reale di massa corporea, la percezione soggettiva del peso e indicatori di disagio sociale valutati con lo Youth Self-Report di Achenbach che valuta otto tipi di comportamenti problematici. I risultati mostrano che i ragazzi (maschi e femmine) che non hanno una corretta percezione del loro peso riportano maggiori problemi comportamentali legati all’ansia, all’ansia sociale e alla depressione.
L’aumento della popolazione in sovrappeso, l’importanza sociale della magrezza, la diffusione endemica di pregiudizi e stereotipi e i gravi danni che questi possono causare devono quindi porre l’attenzione di educatori, professori, genitori, medici e istituzioni, ovvero tutte le persone che hanno a che fare con bambini e adolescenti, su questo importante tema.
Le percezioni del proprio corpo e delle proprie misure devono essere prese sul serio per tutti gli adolescenti, l’attenzione va posta non soltanto su chi è effettivamente in sovrappeso, ma anche su chi ha una cattiva percezione del proprio corpo, pur rientrando nella norma. Inoltre, da parte degli adulti, sono fondamentali delicatezza e cautela verso gli adolescenti quando si affrontano questioni legate al grasso corporeo, non solo quando si tratta di ragazze.
Anche se Sutin e altri ricercatori sono stati in grado di determinare come le dispercezioni degli adolescenti sono associate ad un aumentato rischio di obesità, una maggiore conoscenza dei processi psicologici che contribuiscono all’obesità potrà migliorare gli sforzi di prevenzione per aiutare gli adolescenti a mantenere un peso sano durante la crescita verso l’età adulta.
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BIBLIOGRAFIA:
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- Sutin A.R. & Terracciano A. (2015). Body weight misperception in adolescence and incident obesity in young adulthood. Psychological Science, 1-5.
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- Wadden T.A. & Stunkand A.J. (1985) Social and psychological conseguence of obesity. Annals of Internal Medicine, 103, 1062-1067.