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Dialectical Behavior Therapy (DBT) per il trattamento dei Disturbi dell’Alimentazione, Firenze, 17-19 Aprile 2015 – Report del workshop, II Parte

Report dal congresso "Dialectical Behavior Therapy (DBT) per il trattamento dei Disturbi dell’Alimentazione". Firenze, 17-19 Aprile 2015 - II Parte

Di Lorena Ferrero

Pubblicato il 30 Apr. 2015

 

LEGGI LA PRIMA PARTE

Nel contratto terapeutico viene esplicitato che il disturbo alimentare e i comportamenti maladattivi sono ostacolo al raggiungimento degli scopi esistenziali, la realizzazione dei valori e desideri, il focus è sul disagio personale, i comportamenti restrittivi sono obiettivo secondario e prerequisito, se mettono a rischio la vita del paziente.

L’esperienza italiana

Successivamente alla giornata e mezza trascorsa con Debra Safer ci sono stati tre interventi che ci hanno aggiornato su applicazioni in corso in Italia del protocollo DBT modificato. Caterina Pieraccioli ha illustrato la pratica clinica in corso a Villa dei Pini a Firenze.

Per pazienti con disturbo da alimentazione incontrollata (BED) e bulima nervosa (BN), con l’esclusione di pazienti con multimorbilità e disturbo bordeline di personalità, viene applicato un protocollo della durata di tre mesi a frequenza settimanale, in regime di ricovero o ambulatoriale. Rispetto al protocollo Safer, Chen e Telch di DBT modificato, c’è con cadenza settimanale un gruppo parallelo di mindful eating aperto, con presenti pazienti nelle diverse fasi del percorso.

Sono state aggiunte e cambiate delle schede, utilizzando le variazioni apportate dal nuovo manuale della terapia dialettico-comportamentale di Marsha Linehan, uscito negli USA a novembre 2014. Si è condotto uno studio pilota su 31 schede raccolte negli ultimi due mesi e mezzo per analizzare abilità non messe in atto dai pazienti, attraverso la revisione delle catene comportamentali.

Carmelo La Mela ha presentato il modello Radically Open Dialectical Behaviour Therapy (RO-DBT) di Thomas Lynch modificando la DBT standard di Marsha Linehan per applicarlo a pazienti anoressiche, resistenti alla terapia cognitiva-comportamentale (CBT). E’ un programma ambulatoriale inizialmente individuale e poi anche di gruppo. Sono stati aggiunti ulteriori moduli, che si inseriscono successivamente in 8 settimane arrivando a 15 moduli. Su questo modello sperimentale è stato condotto uno studio dal gruppo anglo-americano di Lynch (2013) su un campione terapeutico di 70 pazienti, con una riduzione del drop out all’8% e un aumento di indice di massa corporea (IMC) di 2.

L’anoressia nervosa (AN) di tipo restrittivo è caratterizzata da un rigido e inflessibile controllo inibitorio. Nel BED e BN sono centrali la disregolazione emotiva, nell’AN la solitudine emotiva e il distacco dagli altri; l’esterno è vissuto come minaccioso, la risposta adottata è l’ipercontrollo emotivo e comportamentale per evitare errori e quindi criticismi, queste pazienti hanno una bassa consapevolezza delle proprie emozioni e stati somatici, una ridotta espressione delle emozioni soprattutto negative e difficoltà nel riconoscimento delle stesse negli altri.

L’obiettivo della terapia è il miglioramento della sicurezza sociale e della consapevolezza somatica degli stati interni. Nel contratto terapeutico viene esplicitato che il disturbo alimentare e i comportamenti maladattivi sono ostacolo al raggiungimento degli scopi esistenziali, la realizzazione dei valori e desideri, il focus è sul disagio personale, i comportamenti restrittivi sono obiettivo secondario e prerequisito, se mettono a rischio la vita del paziente.

Stefano Lucarelli ha portato l’esperienza di un ambulatorio dell’USL 11 a Empoli. Il protocollo DBT è stato adattato in setting individuale a cadenza settimanale a pazienti anoressiche restrittive, con una lunga storia di malattia, ipercontrollanti, egosintoniche, pluritrattate. Caratterizzate da scarsa motivazione al trattamento, isolamento sociale e coartazione affettiva.

Il percorso previsto è di 1 anno, ogni 15 giorno c’è l’incontro con la dietista/nutrizionista, ci sono consultazioni telefoniche con le pazienti e supervisioni. Gli obiettivi sono facilitare l’ingaggio e motivare al trattamento, diminuire i comportamenti di grave ipercontrollo e l’isolamento sociale. I moduli sostanzialmente sequenziali sono l’apertura radicale, regolazione emotiva, efficacia interpersonale, tolleranza della sofferenza emotiva. Non è previsto un modulo di mindfulness, però sono inseriti degli esercizi nell’apertura radicale e tolleranza della sofferenza emotiva. Le emozioni tipiche dell’AN su cui lavorare sono paura, vergogna, invidia e rancore, elicitate dal confronto sociale.

In conclusione sono stati tre giorni ricchi di contenuti, buone prassi e spunti per applicare la DBT ai disturbi della nutrizione ed alimentazione.

 

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Il trattamento dei Disturbi Alimentari in contesti istituzionali (2014) – di L. Ciccolini e D. Cosenza

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Lorena Ferrero
Lorena Ferrero

Psicologa e Psicoterapeuta

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