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Mindfulness in azienda: verso la progettazione di interventi efficaci

Data l'attenzione della psicologia del lavoro verso la mindfulness, nell'articolo sono esposti i punti chiave per la progettazione di interventi in azienda.

Di Marco Miniussi

Pubblicato il 10 Ott. 2014

Aggiornato il 12 Ott. 2015 09:52

 

Data la crescente attenzione che la psicologia del lavoro sta riservando alla mindfulness , facendo affidamento su alcune recenti evidenze prodotte dalla ricerca, in questa trattazione saranno esposti dei punti chiave per la progettazione d’interventi in ambienti professionali.

Considerazioni preliminari

Questo articolo offrirà spazio ad un approccio che sta ricevendo un crescente consenso soprattutto all’interno di contesti lavorativi americani ed anglosassoni. Stiamo parlando della tecnica della mindfulness, e delle applicazioni che ad essa si ispirano.

Data la crescente attenzione che la psicologia del lavoro sta riservando a questo innovativo approccio , facendo affidamento su alcune recenti evidenze prodotte dalla ricerca, in questa trattazione saranno esposti dei punti chiave per la progettazione d’interventi in ambienti professionali.

E’ bene ricordare che lo sviluppo della mindfulness è fatto coincidere con il lavoro del medico Jon Kabat-Zinn, fautore della tecnica Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), e la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT), terapia di stampo di cognitivo – comportamentale, in grado di apportare miglioramenti sia in popolazioni cliniche che non. Inizialmente concepita per apporre beneficio congiuntamente su corpo e mente (soprattutto indirizzando verso uno stato di benessere), questa tecnica ha in seguito conosciuto un notevole sviluppo nel campo lavorativo, portando diverse aziende leader nei propri settori, tra le quali Google, Apple, Nike, Yahoo!, Deutsche Bank, ad altre ancora , ad investire risorse in questa pratica, nella speranza di coniugare riduzione dello stress nei propri addetti, e benefici operativi.

Diversi programmi, svilluppati anche nel panorama italiano, sembrano garantire sviluppi positivi ottenibili nel proprio posto di lavoro, e una rapida consultazione su internet va nella direzione di confermare questa impressione.

E’ dalla considerazione di questi dati, che nasce l’intento di voler approfondire se tali programmi possano garantire successo se applicati nella propria azienda, e a tal scopo si vogliono chiarire da subito due concetti alla base. Il primo, è che con il termine mindfulness, possiamo riferirci non solo a delle tecniche di meditazione volte al miglioramento dal benessere, ma anche ad un aspetto di natura disposizionale , paragonabile quindi ad un particolare aspetto del proprio carattere. Riferendoci a questa peculiarità, parliamo di mindfulness disposizionale o di tratto, indicando i livelli di mindfulness che una persona ha, ed impiega durante le attività quotidiane, in opposizione allo stato di mindfulness, ottenibile tramite esercizi meditativi . A tal proposito, la ricerca ha rilevato l’indipendenza tra i due costrutti, oltre al fatto che la mindfulness può essere considerata come un riferimento sul quale basare le attività di lavoro.

Una seconda considerazione, nasce dalla consapevolezza che i livelli di mindfulness, sono aumentabili e perfezionabili, tramite la partecipazione ad appositi training, anche se il livello di mindfulness di una persona, non è necessariamente correlato alla partecipazione a questi training.

Ciò nonostante, se il nostro obiettivo è di apporre un cambiamento organizzativo, avvalendoci delle potenzialità della mindfulness, è bene comprendere sin da subito, che una singola iniziativa, o un singolo corso di formazione per il quadro dirigenziale, sono solo dei punti di partenza, poiché qualsiasi progetto che non condivida una visione d’insieme dei numerosi fattori in gioco, rischia fortemente di fallire, nonostante i buoni propositi iniziali .

 

Stabilito ciò, cosa possiamo aspettarci da un approccio efficace?

Per quanto gli studi sulla minfulness, appaiono essere tuttora in uno stato embrionale, sono diversi gli spunti che hanno collegato questo costutto a diversi output lavorativi. L’adozione di una cultura improntata alla consapevolezza, è secondo la formulazione di Weick , un elemento costituente per la prevenzione dei rischi derivanti dall’attività d’impresa, sia di mercato che non, qualificandola come ad alta affidabilità (High Reliability Organization, HRO). Inoltre, secondo Vogus e Sutcliffe, un’organizzazione improntata alla consapevolezza, può favore un atteggiamento propenso verso la verifica dei propri processi, investigando in profondità il ventaglio delle opzioni disponibili, integrando questo livello di analisi, all’interno del proprio modus operandi.

Pocanzi abbiamo parlato di mindfulness di stato e di tratto, ma la portata delle considerazioni che seguiranno, esige un’introduzione al concetto di Mindfulness Organizing (consapevolezza organizzativa) .

I tre principi della Mindfulness Organizing

Ray e colleghi , definiscono la Mindfulness Organizing, come un attributo stabile e duraturo di un’organizzazione, raggiunto grazie pratiche ed interventi strutturali implementati dai top manager. Gli autori, affermano inoltre che un approccio di Mindfulness Organizing risulta evidente quando i leader riescono ad instaurare una cultura che incoraggi i propri collaboratori verso l’adozione di un pensiero ricco, garantendo capacità e margine di azione. Weick e Sutcliffe , invece hanno in precedenza osservato tale caratteristica, come la capacità di un’organizzazione di catturare dettagli discriminatori sui processi a rischio, indirizzando l’attenzione verso i processi contestuali che concorrono alla presa di decisioni.

L’approccio è basato su tre pilastri, ovvero:

  • Trae avvio da processi top-down;
  • Crea il contesto per gli operatori che lavorano a stretto contatto con il cliente (front line), di pensare ed agire;
  • Si attesta come una proprietà duratura dell’organizzazione (come la cultura).

Mindful Organizing

L’attenzione conferita alle dinamiche personali in ambienti professionali, ha portato alcuni autori a convergere sul termine di Mindful Organizing (organizzazione consapevole), per indicare l’insieme dei processi relazionali collettivi, intervenienti in un ambiente professionale. I principi portanti di questa sfera, riprendono analogamente i tre punti appena elencati, articolandoli tuttavia così:

  • Trae avvio da processi bottom-up;
  • Sfrutta il contesto, creato per gli operatori al front line;
  • Si attesta come una proprietà relativamente fragile dell’organizzazione, e pertanto richiede una ricostruzione continua.

Azioni e livelli

L’intento con il quale gli autori soprannominati si sono spesi nell’ arricchimento del concetto originale di mindfluness, non costituisce una semplice opera di disquisizione teorica. L’obiettivo degli autori, e del sottoscritto, è quello di enfatizzare come tali definizioni sono orientate alla pratica. Attraverso l’azione (partecipata) delle diverse parti.

Una duttile analisi, raccoglie le recenti indicazioni di Vogus e Sutcliffe , ed è presentata in seguito. Gli autori, sostengono fortemente che le varie azioni che possono essere intraprese in un approccio ispirato alla mindfulness, debbano sapientemente intrecciare tutti i livelli organizzativi, e le diverse mansioni del proprio team, riconciliando così i livelli di mindfulness organizzativa e mindfull organizing. E’ stato dimostrato come, chi pratica mindfulness in azienda tende ad essere più calmo e sereno, rispetto ai loro colleghi che non lo fanno, e ricordando quanto discusso prima, ovvero che la mindfulness non è necessariamente ottenibile tramite pratiche meditative, scopriamo in questa sezione alcune delle azioni percorribili e i principi sui quali esse si basano, scorgendone inoltre le criticità:

  • Necessità di creare una cultura aziendale che si ponga come riferimento degli interventi di mindfulness intrapresi;
  • Coerenza tra gli interventi preposti: attributo da non sottovalutare, poichè alcune azioni possono presentare margini di incompatibilità tra di loro. Con un esempio, immaginiamoci un datore di lavoro, che voglia valorizzare la pausa lavorativa, adibendo a tal scopo, delle aree relax nella propria azienda. Poniamo che in seguito, questa stanza non venga mai utilizzata dagli stessi dirigenti. Con questa situazione, molto probabilmente creeremo dei presupposti tali per ricadere nella dissonanza cognitiva , fenomeno in grado di impattare negativamente nella vita lavorativa, creando in questo caso, (lecita) incertezza sui lavoratori. Per evitare questa serie di frangenti, e per diminuire la dissonanza, gli interventi proposti devono distinguersi da un buon grado di sincronicità tra di essi, e tra gli attori protagonisti, allineandosi alla stessa cultura aziendale, allineando così, azioni e pensieri;
  • Porsi sullo stesso piano del lavoratore: la professionalità che accompagna l’adempimento delle proprie funzioni, deve essere rispettosa delle gerarchie in campo, ma al contempo, non deve farsi influenzare da essa. Una scarsa consapevolezza del prorio modo di agire, può condurre, a comportamenti non funzionali, al contesto lavorativo, all’interazione coi propri colleghi e alla natura del compito richiesto in quel momento. Investendo sulla propria mindfulness, ci si può aspettare di rompere i vecchi automatismi, a favore di nuovi comportamenti, efficaci anche in momenti difficili, così considerato da Weick e Sutcliffe, che ritengono necessario far affidamento ad un approccio orientato alla mindfulness, quando vi è l’esigenza di prendere una decisione rapida ed importante, dando priorità alla prorpia competenza (o a quella dei propri collaboratori), piuttosto che far affidamento sulla propria autorità;
  • Buona leadership: non sempre si nasce buoni leader, sebbene ci si possa migliorare anche in tal campo. Vi sono tuttavia, diversi modelli di leadership che apportano differenti riflessi sulla struttura organizzativa. La ricerca, ha evidenziato come, tra i vari tipi di leadership, la leadership trasformazionale, può riuscire a mantenere alta creatività e performance del proprio gruppo, attraverso il consolidamento di alti standard di performance, mediante un equo incoraggiamento di tutti membri del proprio gruppo di lavoro . Le caratteristiche vincenti di un leader trasformazionale, sono state messe in relazione con i livelli di mindfulness e grazie a tale connubio, il leader può rafforzare le doti che portano il proprio team, a risolvere problemi e situazioni di stallo, in maniera creativa e vincente , poiché dinanzi ad una situazione problematica, una strategia prodotta da vecchie scelte, oltre che obsoleta, può rivelarsi sconveniente.
  • Decision Making: Hammond, noto esponente in quest’ambito, assieme ad altri colleghi , ha asserito che delle ottime pre-condizioni che garantiscono una presa di decisione efficace, sono un basso ricorso a processi euristici, unitamente ad un’alta attenzione data agli stimoli di natura interna ed esterna. La mindfulness, si caratterizza per essere un approccio adatto per unire a fattore comune entrambi i fattori, interrompendo i vecchi automatismi di pensiero , pertanto ricorrendo ad essa, è lecito aspettarsi un potenziamento delle dinamiche che conducono alla formazione della decisione, diminuendo i bias, e riducendo l’errore fondamentale di attribuzione, fattori che dispongono verso una decisione efficace.
  • Creatività: progettati per venire incontro ai bisogni cognitivi del proprio staff, ambienti più interessanti ed ergonomici (sale riunioni, postazione per la pausa lavoro, ufficio..) possono apporre beneficio sulla produzione di idee creative, un aspetto benaccetto, in un contesto culturale aperto alla ricerca di buone idee, consapevoli anche del fatto, che il tempo passato sul posto di lavoro, spesso e volentieri è più alto rispetto che a casa.
  • Agire sulla percezione e competenze: il fattore percettivo è un aspetto critico da considerare sia nel conferire un bene o servizio, che nelle pratiche interpersonali. La percezione è cruciale, per esempio, nei meccanismi che concorrono alla creazione di stereotipi. In quest’accezione, si vuole offrire uno spunto incentrato sugli addetti al front-line, che contribuendo a dare la prima immagine dell’azienda al cliente in entrata, implicano l’erogazione di competenza assieme ad una buona visibilità, coscienti del fatto che l’opinione finale del cliente, sarà influenzato da entrambi i fattori. Responsabili di tradurre l’atteggiamento organizzativo del nostro intero contesto professionale, questi operatori si caratterizzano in maggior misura per il fatto di mettere letteralmente la faccia, a differenza di altre mansioni che agiscono maggiormente dietro le quinte. Vogus e Sutcliffe, coerentemente a questa preoccupazione, segnalano che apporre restrizioni al mindfulness organizzativa, può impattare negativamente con l’expertise del nostro staff, mentre sul versante percettivo, risulta importante capire ed anticipare quelle che possono essere le emozioni a valenza negativa di una parte del nostro staff. Parliamo per esempio di medici ed insegnanti, categorie professionali spesso associate a fenomeni come il burnout. Una piena consapevolezza del modo di essere e di stare in un contesto lavorativo, va quindi di pari passo all’attenta analisi dei vissuti emotivi.
  • Scoraggiare l’attività multitasking: la mindfulness può rappresentare un antidoto per questo fenomeno. Il fenomeno del multitasking, interpretabile come una conquista della nostra evoluzione, può da un altro lato, suscitare una serie di allarmi . Una criticità sostenuta dalla ricerca, assegna difatti al fenomeno multitasking una valenza negativa, osservandola piuttosto come un’incapacità nel sostenere l’attenzione in maniera continuata, su un determinato compito. Glomb e Duffy (2011) hanno raccolto gli esisti di vari studi, e hanno indicato nella mindfulness, una risorsa diametralmente opposta alle culture organizzative che puntano a lavorare velocemente, a svolgere compiti in multi-tasking, e che tendono così ad essere soffocati dal prioprio lavoro.

Conclusioni

Una questione che la ricerca sulla mindfulness sembra non ancora aver risolto, è interrogarsi su come un tale atteggiamento, possa essere mantenuto nel tempo, soprattutto a livello organizzativo, poiché maggiormente combinato alla numerosità delle persone e dei fattori in gioco. Prima di divenire una pratica consolidata nell’individuo, la mindfulness può essere una conquista non priva di costi psicologici, e un grosso scoglio dell’intero approccio sembra per l’appunto, quello di riuscire a mantenere viva la potenzialità di tale risorsa, lungo i non pochi momenti di stress acuto.

Una risposta che si vuole suggerire, e che sembra emergere dai dati in possesso è data dall’adozione di una cultura di mindfulness, che organizzi i processi ad un livello più alto. Rispondendo alla fragilità con la quale sembra presentarsi la Mindful Organizing, una possibile soluzione potrebbe riguardare l’attenta valutazione e il continuo monitoraggio dei processi e delle risorse dispiegate, assieme alla considerazione delle esigenze di ogni singolo dipendente/mansione.

L’insieme di queste iniziative, andranno pertanto a far parte di un vero e proprio welfare aziendale, e il monitoraggio costante di tali variabili, si presenta come un’occasione per lo psicologo del lavoro, e del suo bagaglio conoscitivo, che se duttilmente impiegato, può garantire affidabilità nelle fasi di valutazione iniziale, nella ridisegnazione delle variabili lavorative e nel continuo monitoraggio.

Concludendo , sembra ancora presto per capire appieno la portata dei risultati raggiunti dalle aziende che si sono spese in queste termini, e dei diversi fattori contestuali in grado di impattare positivamente. Ciò nonostante, sembra abbastanza chiaro, che gli approcci vincenti in questo campo, hanno tenuto debitamente conto della moltitudine di aspetti sostenuti in questa trattazione.

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Gli interventi basati sulla mindfulness (2011) di Alberto Chiesa – Recensione

BIBLIOGRAFIA:

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